Attacchi alla libertà religiosa: missionaria bruciata viva in India, arrestato un vescovo cinese

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Nuovo dramma nella tormentata regione dell’Orissa, in India. La persecuzione dei cristiani da parte dei fondamentalisti Indù miete un’altra vittima: è una giovane missionaria, bruciata viva, nell’incendio di un orfanotrofio a Khuntapali, a 400 chilometri a ovest della capitale Bhubaneshwar. Nel rogo doloso, è rimasto ferito gravemente anche un sacerdote.

La giovane si chiamava Rajnie Majihie, aveva il compito di accudire la trentina di bambini ospiti struttura, ed è “morta per salvare gli orfani”. Lo ha detto all’agenzia missionaria Misna padre Alfonse Towpo, assistente del vescovo Lukas Merketta della diocesi di Sambalpur. “La ragazza è morta perché è rimasta indietro per far uscire tutti i bambini, anche padre Eduard (il responsabile del centro) è rimasto gravemente ustionato per far scappare gli orfani” ha aggiunto padre Towpo Da sabato sera si sono susseguiti nella zona numerose aggressioni contro istituzioni religiose e caritatevoli cristiane (come oratori e centri pastorali), ma anche case di singoli fedeli. All’origine delle violenze, sottolineano numerose fonti religiose locali, sono conseguenza delle accuse mosse contro i cristiani di essere i responsabili della morte di un capo religioso induista della zona, Swami Laxamanananda. Disordini che hanno provocato anche il ferimento di altri due sacerdoti e di una suora.

“La suora era in un centro pastorale nel distretto di Kandhamal quando è stata aggredita e picchiata”, ha aggiunto il portavoce dei vescovi indiani riferendosi alla religiosa che secondo alcune fonti sarebbe stata violentata dai suoi aggressori. Una violenza sessuale che è stata anche smentita da monsignor Raphael Cheenath, vescovo di Cuttack Bhubaneshwar, diocesi dove si sono verificate le violenze. Padre Towpo riferisce anche di uno scampato pericolo a Madhupur, sempre nel distretto di Bargarh, dove gli estremisti indù hanno “dato alle fiamme e completamente distrutto la chiesa locale, la canonica, la casa delle suore e un collegio giovanile dove vivono 200 ragazzi”. “Non ci sono state vittime – precisa il religioso – ma anche lì tutti i ragazzi sono fuggiti via, ed ora li stanno cercando nei dintorni i loro parenti”.

L’ondata di violenza sarebbe scattata in risposta alla morte del leader dei fondamentalisti Laxamanananda, rimasto ucciso sabato 23 agosto insieme con cinque altre persone, tra cui due suoi figli, dopo che un gruppo di uomini armati ha aperto il fuoco nell’ashram di Tumudibandha, nel distretto di Kandhamal, alla vigilia di una importante festa religiosa indù. L’attacco era stato rivendicato sui media locali dal People’s liberation revolutionary group, un gruppo ribelle maoista; ma il partito nazionalista indù Bharatiya Janata Party (Bjp) e il movimento radicale Vishaw Hindu Parishad (Vhp) hanno respinto la rivendicazione, sostenendo invece che Laxamanananda è stato ucciso da una cospirazione dei cristiani.

Un nuovo attacco alla libertà religiosa, dunque, che si aggiunge alle notizie inquietanti dalla Cina, che riguardano l’arresto di mons. Giulio Jia Zhiguo, vescovo sotterraneo di Zhengding (Hebei). Secondo fonti dell’agenzia AsiaNews, il vescovo, da mesi agli arresti domiciliari, è stato trascinato via da quattro poliziotti dopo la messa domenicale. I fedeli non sanno nulla del luogo in cui si trova né dei motivi di questo arresto. Laconico il commento di un sacerdote: “Dopo le Olimpiadi, in Cina tutto ritorna come prima”.

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