La Santa Sede e l’ Organizzazione degli Stati Americani, nuovo slancio alla diplomazia vaticana

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La scelta di dare all’Osservatore Permanente presso le Nazioni Unite lo scranno di Osservatore Permanente presso l’Organizzazione degli Stati Americani segna in qualche modo una svolta nel ruolo diplomatico della Santa Sede. Ma quando Francis Chullikatt ha presentato negli scorsi giorni le lettere credenziali al cileno José Miguel Insulza, segretario generale dell’OAS, pochi hanno compreso quanto la Santa Sede dia importanza alla diplomazia e in particolare ai rapporti multilaterali. Tra l’altro, Chullikatt presenta le sue lettere credenziali in un momento particolarmente importante per l’Organizzazione – la più antica tra le organizzazioni regionali (è nata nel 1948), la cui origine viene fatta risalire addirittura al sogno di Simon Bolivar di una alleanza di Stati americani proposta al Congresso di Panama del 1826.

Il dibattito interno è fortissimo, e riguarda la sorte di Julian Assange, l’inventore di Wikileaks che ha chiesto e ottenuto asilo politico presso l’Ambasciata d’Ecuador presso il Regno Unito. Non tutti i Paesi dell’Organizzazione, Stati Uniti in testa, sono d’accordo con la scelta dell’Ecuador di concedere l’asilo politico. E forse proprio grazie a questa nuova nomina la posizione della Santa Sede potrà avere un peso maggiore, anche se il suo ruolo nel dibattito è particolarmente “marginale”. Tradizionalmente l’Osservatore permanente del Vaticano presso l’OAS era il Nunzio apostolico presso il governo di Washington e quindi si poteva pensare che l’incarico doveva essere ricoperto da mons. Carlo Maria Viganò. Ma già Pietro Sambi, il precedente nunzio a Washington deceduto nel luglio del 2011, aveva avviato una serie di riflessioni sull’opportunità della nomina del nunzio presso gli Stati Uniti come osservatore permanente.

Da sempre, tra l’altro, tutti i rappresentanti dei Paesi membri dell’OAS con qualità di ambasciatore erano diplomatici diversi da quelli in servizio presso il governo degli Stati Uniti. Il “doppio incarico” della Sede Apostolica (nunzio a Washington e osservatore presso l’OAS) non sempre facilitava la relazione diplomatica. Le riflessioni avviate da Sambi hanno portato alla decisione che risulta più coerente ed efficace la rappresentanza e presenza del nunzio presso l’Onu.

In fondo, l’OAS raggruppa 33 nazioni del continente americano e oltre 50 Paesi del resto del mondo in qualità di Osservatori. “Una piccola ONU”, è stata definita, e c’è del vero in questa affermazione, dato che i suoi rapporti con le Nazioni Unite sono permanenti e stretti. Quando Chullikatt ha presentato le sue credenziali – riporta la stampa latinoamericana – ha parlato ampiamente con Insulza della situazione politica, economica e sociale del continente dove, tra l’altro, ci sono le tre nazioni del mondo con la maggiore presenza di cattolici: Messico, Brasile e Stati Uniti. Alla cerimonia hanno preso parte Alfonso Quiñonez, Segretario per le Relazioni esterne dell’OAS e Jorge Sanín, direttore del Dipartimento per gli affari internazionali.

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