Meeting di Rimini: cosa è l’uomo perché te ne curi?
L’edizione del quotidiano del Meeting di mercoledì 22 agosto ha dedicato un articolo al genetista francese Jérome Lejeune: “Quando nel 1958 Jerome Lejeune scoprì la causa della sindrome di Down, un cromosoma soprannumerario nella coppia numero 21 del Dna, disse chiaramente di non voler ignorare le ‘leggi dello Spirito’ che muovevano la natura dell’uomo. E nel 1970, di fronte alla proposta di legge di Peyret che introduceva la soppressione del feto, nel caso di un’embriopatia incurabile, Lejeune portò con forza la propria critica davanti ai fotografi e alle telecamere, suscitando un aspro dibattito che si prolungò per mesi: non poteva sopportare che le sue scoperte fossero lo strumento con cui realizzare, sotto le mentite spoglie della libertà di scelta, un nuovo
progetto di ‘selezione della specie’… Il genetista transalpino portò per tutta la vita di fronte al mondo l’esperienza della natura umana che l’aveva portato a scoperte rivoluzionarie: durante un’assemblea dell’Onu sull’aborto, Lejeune prese la parola e raccontò di fronte alla stampa internazionale di quel bambino unico e irripetibile che potrebbe non vedere la luce della vita. Poi, rivolto ai membri dell’assemblea, descrisse il tentativo delle Nazioni Unite di favorire la pratica dell’aborto come ‘un’istituzione per la salute che si trasforma in istituzione di morte’. La battaglia per la vita costò molti sacrifici al genetista transalpino, che dopo il discorso pronunciato a New York di fronte all’assemblea dell’Onu, vide sfumare l’opportunità del premio Nobel”.
E così tante persone hanno partecipato all’incontro sul tema ‘Genetica e natura umana nello sguardo di Jérôme Lejeune’, tantochè si è dovuto trasmetterlo all’interno della Fiera, con Jean-Marie Le Méné, presidente della ‘Fondation Jérôme Lejeune’ e la signora Birthe Bringsted Lejeune, moglie del medico e vicepresidente della Fondazione, Carlo Soave, curatore della mostra e docente di Fisiologia vegetale all’Università di Milano. Negli ultimi anni, ha affermato madame Lejeune, ‘sono successe tante cose per cui è necessario difendere dei valori’, affidando al presidente della Fondazione il compito di ricordarli: “Mentre scopriamo nuove cose sulla vita, perdiamo la saggezza e sappiamo meno cose sui viventi”, citando due fatti di attualità: l’accusa di blasfemia per una giovane pakistana affetta da trisomia 21 e il nuovo test rapido per diagnosticare l’anomalia genetica, sottolineando che il test non aggiunge nulla di nuovo dal punto di vista medico ma che aumenterebbe del 95% l’enorme numero, che caratterizza la percentuale di persone abortite tra quelle affette da trisomia 21. Le Méné ha citato anche il caso, attualmente presso la Corte europea dei diritti umani, di una madre che lamenta il danno di non aver potuto effettuare lo screening genetico, paventando una sentenza con lineamenti eugenetici da imporre ai paesi europei: “Non è vero che non si può fare nulla per chi è affetto da trisomia 21”; infatti Lejeune si batté con ogni mezzo per curare la malattia.
Ed in un altro incontro dedicato alla scienza, ‘Evoluzione biologica e natura dell’essere umano’, il prof. Marco Bersanelli, astrofisico dell’università di Milano, il paleontologo statunitense Ian Tattersal, curatore della sezione di antropologia del Museo di scienze naturali di New York e William E. Carroll, professore di Teologia e Scienza del Blackfriars College di Oxford, hanno approfondito le origini dell’uomo: “La paleontologia studia i reperti fossili, è l’archivio di reperti su cui ricostruiamo la storia dell’uomo. Da questo punto di vista può offrire il suo contributo alle altre scienze naturali, cosi come a teologia e metafisica, per comprendere quale sia stata la nostra evoluzione. Lo studio dei fossili ci dice che la crescita di dimensione del nostro cervello ha accompagnato la storia degli ominidi. Ma il punto di rottura, quello che caratterizza la comparsa dell’homo sapiens e la scomparsa di altre specie, per esempio dell’uomo di Neanderthal, evento avvenuto attorno a 200.000 anni fa, è rappresentato dall’improvvisa apparizione di una nuova e straordinaria capacità: l’elaborazione simbolica…
Elaborazione simbolica significa linguaggio, una differenza fondamentale rispetto a tutti gli altri esseri viventi. Noi elaboriamo e ricostruiamo il mondo nella nostra testa e non come la natura ce lo mostra. Quindi comprendiamo le entità astratte. Vediamo e sentiamo l’infinito, possiamo sentirci in rapporto con esso”. E qui, secondo il prof. Carroll, entra in gioco san Tommaso d’Aquino: “Secondo l’Aquinate la nozione del funzionamento della causalità divina è radicalmente diversa dalla causalità esercitata dalle creature animate e inanimate. Così non c’è competizione né conflitto tra la causalità di Dio, che comprende il suo ordinamento provvidenziale di tutto ciò che è, e i tipi di causalità che le scienze naturali rinvengono nel mondo… Per Tommaso d’Aquino, Dio è all’opera in ogni attività della natura, ma l’autonomia della natura non testimonia una qualche riduzione del potere o dell’attività di Dio; testimonia piuttosto la sua bontà”. Da qui allo spazio il passo è breve (si fa per dire)… e l’auditorium è pieno all’inverosimile per ascoltare l’intervento di Paolo Nespoli, l’astronauta italiano che ad oggi ha trascorso più tempo nello spazio, da poco sbarcato da una missione che lo ha visto per sei mesi in cielo: “Serve coraggio, decisione, perseveranza. Occorre andare a scuola, studiare, serve una preparazione tecnica, l’equipaggiamento corretto, lavorare in gruppo, imparare dagli errori, affrontarli e non nasconderli, tirare fuori le cose positive e buttare via il resto”.
Però ‘scendendo dalle stelle’ il Meeting ha offerto ancora una volta uno spazio per parlare della libertà religiosa, presentando la mostra sul XVII centenario dell’Editto di Milano con Francesco Braschi, dottore incaricato della Biblioteca Ambrosiana, Giorgio Feliciani, docente di Diritto canonico all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Alfredo Valvo, docente di Storia romana nella stessa università, Giovanni Maria Vian, direttore de L’Osservatore Romano. La conversone di Costantino aprì il Cristianesimo alle masse popolari e non fu più una specie di religione di élite, di persone dalla forte volontà, ma aprì le porte anche ai lapsi, cioè quelli che di fronte alle persecuzioni non avevano avuto il coraggio della testimonianza.
Ma educare significa porsi davanti al figlio come genitore e così è stato presentato il libro ‘Adesso cosa faccio? Ripensare al rapporto tra genitori e figli’ di Luigi Ballerini: “Il figlio non è un problema da risolvere, è semplicemente alterità. Il dato è evidente, è un altro. Lo si è generato, ma è portatore di pensieri, sensazioni sue proprie… Questo significa che anche nel capriccio, non sempre da domare, il genitore deve chiedersi: che cosa mi sta dicendo? Cosa sta succedendo?”. Dal porsi tali domande il figlio non è visto più come negativo, perché non è ‘come lo voglio io’; amare il figlio significa, ha affermato l’autore, “guardare con simpatia la fatica che fa nel crescere, accompagnarlo nel cammino che deve compiere per diventare grande”. Però prima di abbandonare la Fiera per lasciar riposare le stanche membra mi affaccio all’area delle ‘Piscine Ovest’ dove il complesso ‘Shamrock band’ coinvolge la marea di giovani (il mio pass giornalistico non vale nulla: resto nelle retrovie!) nelle danze irlandesi. Il nome Shamrock significa ‘trifoglio’, che è uno dei simboli più importanti dell’isola: fu usato da San Patrizio per raccontare il mistero della Trinità. E alla fine della giornata il consueto ‘assalto gioioso’ ai bus navetta per ritornare nei nostri alberghi.