Al Meeting di Rimini la sfida dell’homo religiosus

Meeting di Rimini
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Giornata interessante quella di lunedì con il grande tributo reso dal popolo ciellino al prof. Julien Ries (creato da papa Benedetto XVI cardinale a febbraio scorso), professore emerito di Storia delle Religioni all’Università Cattolica di Louvain-la-Neuve, quale riconoscimento per la sua profonda ricerca, fino dal 1968, della religiosità dell’uomo. Il prof. Ries ha ricordato il suo rapporto con il professor Ratzinger, quando nel 1978 pubblicò uno studio sul problema della morte nelle religioni e l’allora professor Ratzinger lo invitò ad approfondire questo rapporto nel cristianesimo. Il rapporto del prof. (così lo chiama il popolo ciellino, che gli ha tributato un lunghissimo applauso) risale al 1982 (e da allora nacque l’idea di fare un’opera omnia sulle religioni), e da allora ha presenziato a una quarantina di incontri, seminari e tavole rotonde, sempre con un’alta affluenza.  Quest’anno non era presente fisicamente, ma è intervenuto con un collegamento video nell’incontro ‘Homo religiosus’, a cui hanno partecipato ‘dal vivo’ Stefano Alberto, docente di Teologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Shōdō Habukawa, abate del Muryoko-in Temple del Monte Koya in Giappone, con l’introduzione di Emilia Guarnieri, presidente della Fondazione Meeting, la quale precisa che ‘si tratta di uno dei temi più cari al Meeting e che ne è il fondamento’.

Nel suo intervento video Ries ha proposto una rapida ma sostanziosa carrellata sull’antropologia religiosa fondamentale, disciplina a cui ha dedicato tutta la sua vita di studioso. Una scienza che secondo il neocardinale “si distingue dall’etnologia, dalla storia e dalla sociologia delle religioni, per il fatto di interessarsi dell’uomo religioso in quanto è creatore e utilizzatore dell’insieme simbolico del sacro, portatore delle credenze religiose che governano la sua vita e il suo comportamento”. Ries ha poi esplorato con rapidi passi le linee fondamentali dell’antropologia biblica, dall’uomo immagine di Dio fino all’incarnazione del Verbo, dell’antropologia patristica e dell’antropologia filosofica cristiana, di cui è esponente Pico della Mirandola. Lo studioso è poi passato ad elencare i sette elementi strutturali della nuova antropologia religiosa (la parte non presente nel video è stata comunque diffusa su carta a tutti i presenti). Il primo è l’homo religiosus stesso, “che crede in una realtà assoluta, il Sacro, che trascende questo mondo, ma vi si manifesta e così facendo lo santifica e lo rende reale”. Segue poi l’espressione del Sacro e il suo significato: “la radice sak connota il verbo sancire, che significa conferire validità al reale”. Terzo elemento è l’homo religiosus e la sua esperienza del sacro, delineata a fondo da Mircea Eliade, come esperienza del totalmente altro in questo mondo: “L’homo religiosus è poi essenzialmente un homo symbolicus, per cui il mondo rimanda ad Altro, e usa il linguaggio del mito, storia sacra primordiale e esemplare per il comportamento dell’uomo”.

Shōdō Habukawa, accolto da uno scrosciare di applausi, esordisce con un inchino e un “buonasera, vi ringrazio” in italiano che gli aggiudica tutte le simpatie del popolo del Meeting, se ce ne fosse stato ancora bisogno. Inizia poi a raccontare l’esperienza del Meeting tenuto a Tokyo lo scorso autunno che ha visto sei giorni di incontri e dibattiti sul modello del Meeting di Rimini. Nell’occasione Habukawa ha celebrato i venticinque anni di amicizia tra Italia e Giappone e in particolare sua personale con don Luigi Giussani, che il 26 giugno 1987 (il monaco menziona la data precisa) ha visitato il Monte Koya, visita che ha dato il via a quella profonda amicizia. Entrando nello specifico sulla natura dell’uomo come ‘rapporto con l’Infinito’, il monaco giapponese si rifà al fondatore del Buddismo Shingon, Kobo-daishi, che ha insegnato lo stesso concetto, e cioè che ‘l’uomo è rapporto con l’Infinito’: “Vuol dire che ogni singolo fenomeno dell’Universo, anche nel cambiamento delle quattro stagioni primavera, estate, autunno e inverno, possiamo vedere la presenza del Mistero… Nella vita comune c’è un’unica vita”.

Don Stefano Alberto, nel suo intervento si è ricollegato a Ries: “L’uomo diventa religioso per contatto con un evento che gli mostra la trascendenza. Molti nostri contemporanei non hanno trovato il cammino”. Quindi, ricordando l’immagine del Papa al Bundestag dello scorso 22 settembre, all’ ‘homo religiosus’ si presentano due strade: “la chiusura della ragione nei confronti della realtà in un mondo auto-costruito, oppure l’apertura alla totalità del reale fino al riconoscimento del Tu che mi fai”. In mattinata Sua Beatitudine, Chrysostomos II, arcivescovo di Nuova Giustiniana e di tutta Cipro, nell’incontro ‘Libertà religiosa: il principio e le sue conseguenze’, insieme a Salman Shaikh, direttore del Brooking Doha Center e membro del Saban Center per la politica nel Medio Oriente; Franco Frattini, presidente della Fondazione Alcide de Gasperi e il sindaco di Roma Gianni Alemanno, aveva ricordato che: “La vera libertà religiosa è frutto dell’amore di Dio e della battaglia interna nel cuore dell’uomo, chi la conquista è libero su tutti gli altri aspetti della vita…”. Nel suo intervento l’arcivescovo cipriota ha analizzato la drammatica situazione dei cristiani della zona nord dell’isola, che dopo l’occupazione del 1974 hanno subito continue violenze e restrizioni. In questi anni Ankara ha cacciato migliaia di famiglie dalle loro abitazioni e inviato coloni dell’Anatolia ad occupare le terre. Con la proclamazione della Repubblica di Cipro del nord del 1983, lo Stato turco ha tentato di cancellare le tracce della religione cristiana; trasformato più di cinquecento edifici religiosi in musei e moschee, oltre che svenduto gran parte del patrimonio artistico della Chiesa cipriota: “Tutto ciò provoca dolore e sofferenza, soprattutto se accade in Paese membro dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite… Quando di spegne un fulcro della cristianità si spegne una luce per tutto l’universo. Il cristianesimo ha il dono di illuminare tutta l’umanità”.

Esaminando l’ ‘invasione’ turca a Cipro Sua Beatitudine ha ribadito: “La Turchia è un paese in fase di preadesione all’Europa per cui dovrebbe comportarsi come paese europeo. Essa invece ha occupato il 38% del territorio cipriota ed in più vuole eliminare scientificamente ogni traccia delle nostre tradizioni civili e religiose… Non ci permette di pregare e di celebrare i nostri riti, per cui non si può definire la Turchia un paese democratico. L’Europa le deve chiudere le porte: essa deve attuare un processo di vera democratizzazione interna ed esterna, solo così potrà entrare in Europa…  Occorre considerare che dall’occupazione dei Turchi sono stati cacciati 180.000 ciprioti, mentre sono stati importati 300.000 turchi dall’Anatolia. L’esercito turco attualmente ha 35.000 soldati alle frontiere e vuole creare uno stato turco, ma le dimensioni di Cipro e la sua storia non lo consentono”. Quindi per Chrysostomos II la libertà religiosa non si limita ad un aspetto di sola tolleranza politica. Essa è frutto di un approfondimento dei valori morali ed etici insiti nel cuore dell’uomo.

Le parole del presule cipriota sono state condivise da Salman Shaik, che ha esordito raccontando i frutti della libertà religiosa sperimentati nella sua stessa vita di musulmano sposato con un donna cristiana: “In 14 anni di matrimonio ho visto la situazione delle minoranze religiose in Medio oriente e nei Paesi musulmani attraverso gli occhi di mia moglie. Senza i cristiani quest’area perderebbe la sua identità”. Il direttore del Brooking Doha Center si è soffermato soprattutto sugli Stati che stanno vivendo il cambiamento iniziato nel 2011 con la Primavera araba, che ha mostrato il desiderio dignità e libertà delle popolazioni arabe, ma ha anche fatto emergere i gruppi islamisti (Fratelli musulmani e salafiti), un tempo oppressi dai dittatori. Per Shaik una delle strade per ottenere il rispetto della libertà religiosa è l’inclusione delle minoranze nella creazione dei nuovi governi. Lo studioso ha citato l’esempio del comitato di transizione per la ricostruzione della Siria che verrà inaugurato nei prossimi giorni al Cairo.

Nel tardo pomeriggio il prof. Wael Farouq, docente all’Università Americana de Il Cairo, ha affermato, durante l’incontro su ‘Islam oggi tra educazione e ragione’, che l’unica strada è l’educazione: “Senza di essa una società può solo resuscitare il passato, senza però ottenere risultati. Non si tratta di congelare valori, ma svilupparli. Così il rapporto col passato diventa fruttuoso”. Il prof. Robert Reilly, già assistente speciale della Casa Bianca e ora Senior Fellow for Strategic Communication all’American Foreign Policy Council, ha ripreso l’importante discorso di papa Benedetto XVI a Ratisbona, delineando con precisione l’origine di questa lontananza: la perdita del logos greco che aveva interessato anche il mondo arabo dopo l’espansione dei primi califfati: “Dicevano che Dio aveva dato all’uomo la ragione come dono della sua Grazia per permettergli di riconoscere l’ordine della creazione… Se noi occidentali ci siamo de-ellenizzati con il relativismo e la cultura islamica si è de-ellenizzata anche lei, come riusciremo a parlarci? Benedetto XVI chiede per questo una ri-ellenizzazione”.

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