“Perdono, riconciliazione e dialogo”. Chiesa Cattolica di Polonia e la Chiesa Ortodossa di Russia firmano uno storico documento.
È una giornata storica. Da ieri, Kirill, il patriarca della Chiesa ortodossa russa, è in Polonia per una visita senza precedenti. Mai un patriarca russo aveva visitato la Polonia. Le ferite erano troppo dure, la frizione tra le chiesa ortodossa russa e quella cattolica polacca fortissime, seppure entrambe hanno vissuto il giogo comunista durante gli anni della Guerra Fredda.
Kirill è in Polonia anche perché considera la riconciliazione con la Chiesa polacca una “conditio sine qua non” della riconciliazione con l’intero mondo cattolico. E non è un caso. Perché Kirill auspica di creare un’alleanza delle tre religioni monoteiste (perché – afferma – “La perdita della dimensione spirituale e morale farà dei diritti dell’uomo uno strumento di propaganda politica e porterà all’ingiustizia e alla sofferenza di molte persone oppresse dal peccato”) e dà un ruolo centrale proprio all’alleanza tra ortodossia e cattolicesimo. E la più difficile è proprio la riconciliazione tra il popolo russo e quello polacco in quanto i conflitti più gravi, dalla fondazione della Chiesa ortodossa russa (1456) ad oggi si sono manifestati soprattutto sul territorio polacco.
Pace e riconciliazione sono i due termini che più ricorrono nel documento. Che è definito “un contributo all’opera di riavvicinamento delle nostre Chiese e di riconciliazione dei nostri popoli”. Si riparte dal “secolare vicinato” tra Russia e Polonia, e soprattutto dall’ “eredità cristiana orientale e occidentale” che ha influenzato l’identità e la cultura di entrambe le nazioni per intraprendere il sentiero di “un sincero dialogo” per sanare le ferite del passato. Il peccato, la debolezza umana, l’egoismo ma anche le pressioni politiche – ricorda il messaggio – hanno portato “all’alienazione reciproca”, “all’aperta ostilità, alla lotta tra le nostre nazioni” e la prima conseguenza è stata la “dissoluzione dell’originale unità cristiana”. “Un grande scandalo”, perché contrario alla volontà di Cristo, stigmatizza il documento. In cui si sottolinea poi la necessità di intraprendere “nuovi sforzi” per riavvicinare le Chiese, di portare avanti un rinnovamento dopo le esperienze del conflitto mondiale e dell’ateismo imposto.
E’ “il dialogo fraterno” la via che conduce alla riconciliazione e che suppone “la prontezza a perdonare le offese e le ingiustizie subite”. Da qui l’appello ai fedeli perché chiedano “il perdono per le offese, le ingiustizie e per tutto il male inflitto reciprocamente”. Un primo passo per ricostruire la reciproca fiducia senza la quale non è possibile la piena riconciliazione. Perdonare – si legge – non è dimenticare. La memoria infatti è “parte essenziale della nostra identità” e la si deve alle tante vittime del passato che hanno donato la loro vita per la fedeltà a Dio e alla patria. Perdonare quindi significa “rinunciare alla vendetta e all’odio” per costruire un futuro di pace. Ma c’è anche bisogno di cercare “la piena verità” sui conflitti del passato. Serve, a questo proposito – ha affermato Pawel Przeciszewski, un noto storico delle relazioni internazionali – un equanime racconto dei conflitti tra ortodossi e cattolici sul territorio della Polonia (che nel ‘500 si estendeva dal Mar Baltico al Mar Nero), che venga scritto da rappresentanti di tutti i popoli che vi abitavano: polacchi, ucraini, lituani, russi, e tanti altri. L’oggettiva conoscenza dei fatti – sottolinea il documento – può aiutare a superare “i negativi stereotipi”. Sostenere ciò che rende possibile la ricostruzione della fiducia reciproca “avvicina le persone e permette di costruire un futuro pacifico dei nostri Paesi e popoli, senza la violenza e guerra”.
Nel testo si parla delle nuove sfide di fronte ai cambiamenti sociali e politici di questo secolo, permeato dall’indifferenza religiosa e dalla progressiva secolarizzazione, uno dei punti sui quali Kirill ha spinto e spingendo di più, in virtù di quello che alcuni chiamano “ecumenismo pratico”. “Cerchiamo di impegnarci – si legge – affinché la vita sociale e la cultura dei nostri popoli non venga privata dei fondamentali valori senza i quali non esiste un futuro di pace duratura. Vogliamo rafforzare la tolleranza e soprattutto vogliamo difendere le libertà fondamentali, in primo luogo la libertà religiosa e il diritto della presenza della religione nella vita pubblica”.
Il documento non manca di sottolineare il clima di ostilità verso Cristo e denuncia il tentativo di promuovere l’aborto e l’eutanasia – peccati gravi “contro la vita e disonore della civiltà moderna” – il matrimonio tra persone dello stesso sesso, il rifiuto dei valori tradizionali e la rimozione dalla sfera pubblica dei simboli religiosi. “La laicità falsamente intesa – si legge nel documento – prende la forma di fondamentalismo ed è una delle forme di ateismo”. Si ricorda poi che la famiglia, fondata sulla stabile relazione tra un uomo e una donna, esige rispetto e difesa. E’ “la culla della vita”, “garante di stabilità sociale e segno di speranza per la società”.