Un Ferragosto diverso. Viaggio a Cento, dove il terremoto ha fatto chiudere le chiese

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“Stavo proprio iniziando a celebrare la Messa. Appena finito il canto iniziale, sento un rumore provenire da terra. Quindi, comincia a tremare tutto, vengono giù i calcinacci, dato che c’è un controsoffitto. Siamo scappati tutti fuori. Nessuno è stato colpito. Ma la Chiesa è stata dichiarata inagibile”. Comincia così, il racconto di padre Giuseppe De Carlo, frate cappuccino della comunità di Cento. Pur essendo in provincia di Ferrara, Cento fa parte della diocesi di Bologna. Una delle cinque diocesi colpite dalle scosse di terremoto che hanno colpito l’Emilia a maggio. È un Ferragosto diverso, per le parrocchie di Cento. Ora che non ci sono più i riflettori sulle terre colpite dal terremoto, c’è da raccontare un mondo che sta cominciando a ricostruirsi. E che per ricostruirsi punta sulle piccole comunità. E dove le piccole comunità si riuniscono se non in parrocchia?

 

A Cento, la scossa del 29 maggio è stata particolarmente dura. Molti gli edifici dichiarati inagibili, il centro storico rimasto chiuso per un periodo in attesa di agibilità, diverse persone rimaste nelle strade senza nemmeno azzardarsi a rientrare nelle case. E tra gli edifici inagibili, le chiese della città. Divisa in tre parrocchie, un centro abitato di 23 mila abitanti – che raggiunge i 33-34 mila abitanti con le frazioni e il circondario – rimaneva agibile solo l’orto/parco situato nel retro del santuario della Beata Vergine della Rocca, nel centro della città, gestito dai cappuccini. “Poco dopo la scossa – racconta padre De Carlo, rettore del santuario – i tre parroci ed io, insieme al vicario generale della diocesi, ci siamo riuniti per vedere il da farsi. C’era da pensare come organizzare le celebrazioni”. Con tutte le chiese inagibili, la soluzione è abbastanza ovvia. “Abbiamo pensato di preparare due luoghi per le celebrazioni. Uno nel centro della città, uno più in periferia. Il nostro convento, situato proprio nel centro della città, con il suo orto/parco è l’unico luogo della città disponibile per poter ospitare la gente”.

Per fortuna che è estate. Così, in attesa di una sistemazione migliore, ci si arrangia come si può. “Abbiamo sistemato l’altare, abbiamo approntato alcuni gazebo, e ci sono degli alberi che fanno ombra”. Il tutto in attesa di una struttura semidefinitiva, in grado di contenere almeno 500 persone. È stato individuato all’interno del parco del convento dove costruire la Chiesa provvisoria. “La scelta – racconta padre De Carlo – è stata quella di non costruire capannoni, ma una vera e propria struttura, che si prevede dovrà rimanere installata almeno una decina di anni”. Tanto ci vorrà perché le chiese di Cento tornino agibili. Ma la struttura è pensata per essere una sorta di “cuore” della città: “È una chiesa che si può trasformare anche in teatro, in una sala polifunzionale. E vi si può accedere con una entrata autonoma, in modo che ne possano usufruire anche altre parrocchie”.

Così, religiosi e diocesani si trovano a lavorare fianco a fianco, non solo per ricostruire la città, ma per ricostruirne il tessuto sociale e dare alla comunità cristiana un luogo di raccolta. “Poter convenire – afferma padre De Carlo – è un’occasione di scoprire certe realtà dell’essere cristiani e dell’essere comunità di cui magari ci si dimentica facilmente. Se in passato ci sono state anche delle polemiche nei confronti dei religiosi (il santuario è molto frequentato), oggi stiamo sperimentando una fruttuosa collaborazione tra religiosi e diocesani. E la gente lo sta apprezzando molto. Per noi religiosi è anche l’occasione di vivere la nostra realtà nella Chiesa locale. La nostra disponibilità ha permesso alla comunità cristiana di non disperdersi in più luoghi di culto in periferia, e di rimanere invece ancorata in qualche modo al territorio”. Una comunità che oggi ha fatto festa grande. Perché Ferragosto è anche il giorno in cui si festeggia la Madonna della Rocca, con una solenne processione e un atto di affidamento della città a Maria.

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