In vacanza con i classici: Guido Piovene ci accompagna in viaggio in Italia
Sotto la canicola estiva l’impulso alla fuga è forte, la spinta al viaggio altrettanto forte, ma la stanchezza e i tanti problemi del momento potrebbero impedire l’esperienza sul campo. Allora perché non tornare alla cara, vecchia e trascurata letteratura di viaggio? Di quella di alta classe, però. Come le oltre ottocento pagine scritte da Guido Piovene nel suo monumentale , del 1957, di recente ripubblicato dalla Baldini Castoldi. Piovene era uno scrittore di razza, oggi colpevolmente dimenticato, ma grazie a questa lettura potrebbe nascere la voglia di leggere qualche altra sua opera, più squisitamente letteraria. Un viaggio in Italia che potrebbe far scoprire, che già non sappiamo? E poi, in un’Italia che non c’è più…
Prima di tutto, è tranquillamente assodato che gli italiani magari arrivano sul Macchu Picchu o in Groenlandia, per non parlare delle mille spiagge esotiche sparse nel mondo, ma spesso e volentieri non conoscono le più belle città italiane, figurarsi i mille paesi e angoli straordinari che ancora rendono l’Italia il Belpaese per eccellenza. Poi non bisogna pensare che le cose siano tanto cambiate. Certo, la miseria del dopoguerra è sparita (esistono nuove povertà, però), l’industrializzazione si è compiuta (e anche superata, se vogliamo, e in certe regioni non è neppure mai arrivata davvero). Sono scomparsi angoli di paradiso sotto colate di cemento e una urbanizzazione tra le più selvagge al mondo. Ma alcune cose sono eternamente italiche, o almeno non sono legate alla contemporaneità. E Piovene il viaggio lo fece concretamente, per tre anni, su e giù da Bolzano a Trapani, per campagne città, paesini, piazze, case, caffè alberghi, mercati, teatri, palazzi e bassi. E questo caleidoscopio per molti versi riluce ancora. O mostra ancora il lato “oscuro”.
Per esempio, parlando del Trentino, Piovene parla della crisi che ha colpito l’alpinismo tradizionale, ecco cosa scrive: Una prefigurazione del turismo di massa, applicato alle montagne, ma che potrebbe valere per spiagge, città, fiumi, e via dicendo. Nell’analisi profonda che l’autore sviluppa si intravvedono gli eterni mali italiani: una burocrazia elefantiaca, un governo troppo asfissiante con tasse e balzelli vari, incapace di sostenere la piccola e media industria, un Paese sostanzialmente frazionato, diviso, in cui lo Stato appare in contrapposizione con il singolo o con la comunità. E per centro ecco snodarsi i mille volti della genialità e dell’inventiva: una galleria infinita di industriali, studiosi, artigiani, scrittori, contadini, commercianti, protagonisti di piccole, grandi storie affascinanti. E molti sacerdoti, semplici parroci e suore o grandi protagonisti della storia della Chiesa, come il cardinale Schuster.
L’arcivescovo di Milano riceve Piovene, il quale la percepisce e descrive con rapide pennellate: . E sul suo aspetto: . Fulminante il commento con cui il cardinale accoglie lo scrittore: ”Lei è uno scrittore”, mi dice. “Tutto ciò che lei scrive le sarà presentato il giorno del giudizio, riga per riga; ci rifletta, riga per riga…”. Da tenere ben presente.