Boko Haram attacca i cristiani in Nigeria. Ma sono un brand o una setta?

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Boko Haram. Basta questo nome per terrorizzare ormai i cristiani di Nigeria. Perché la setta islamista ha cominciato a colpire con una inquietante regolarità le comunità cristiane. Ovunque e sempre. Preferibilmente di domenica, all’uscita delle Messe. Ma anche in altre circostanze. L’ultimo attacco, lunedì. Diciannove persone morte, alla Deeper Life Bible Church. Dieci persone armate sono arrivate nell’edificio religioso, al momento della consueta lettura della Bibbia. Entrate in chiesa, hanno chiuso le porte, impedendo ai fedeli di fuggire. E poi hanno aperto il fuoco, per una ventina di minuti.

Si legge setta islamista, e si pensa a un conflitto di ordine religioso In realtà, le cose non sono così semplici. Perché i conflitti possono usare la religione come pretesto. Ma la religione è appunto un pretesto, non il fine dello scontro. Lo hanno delineato con precisione i rappresentati del Consiglio Mondiale delle Chiese, che in Nigeria ci sono andati a fine maggio, per quattro giorni di intensi contatti sul campo, e hanno stilato un rapporto nel quale si osserva che “esiste la possibilità che le tensioni e i conflitti correnti possano essere inghiottiti dalla loro dimensione religiosa” specialmente lungo  la cosiddetta middle belt , la “linea di tensione religiosa geografica”, della quale fa parte lo Stato di Plateau, l’area della Nigeria centrale al confine tra il sud, in maggioranza cristiano, e il nord, in gran parte musulmano.

Lo stato di Plateau è stato lo scenario di diversi massacri, le cui cause profonde sono economico sociali. C’è da tempo, lì, una rivalità tra gli allevatori Fulani e gli agricoltori Birom. I primi musulmani, i secondi cristiani. Ma non è tutto qui. Il rapporto dice chiaramente che “sebbene in Nigeria si registrino le violenze peggiori tra le due fedi dai tempi della guerra bosniaca del 1992-95, le loro cause profonde vanno oltre la religione”.  In particolare si citano “corruzione, malgoverno, dispute fondiarie e la mancanza di aiuti alle vittime e di punizione per gli autori delle stragi”. come fonti di tensione specialmente nella middle belt. E qui si arriva alla disaffezione per il presidente Jonathan, cristiano. L’attacco alle chiese è un attacco al governo della Nigeria. Con l’intenzione magari di scatenare una guerra civile e sovvertire le élite.

Le origini di Boko Haram

Per comprendere di più, si deve andare alla radice, alla genesi della setta Boko Haram, che altro non è che il soprannome in linguaggio Hausa – una delle lingue nigeriane – di un gruppo conosciuto ufficialmente in arabo come “Jama’atu Ahlis Sunna Lidda’awati Wal-Jihad”, ovvero “il Popolo impegnato nella propagazione degli insegnamenti del profeta e nella Jihad. Boko Haram, tradotto liberamente, significa invece: “L’educazione occidentale è proibita”, ed è uno dei capisaldi della dottrina di Muhammed Yusuf, uno dei primi leader del gruppo.

Yusuf – tra i giovani membri del clero nigeriano che abbracciarono la corrente islamica saudita wahabita-salafita a metà anni 90 – rivolse un appello ai musulmani nigeriani per rimuovere (se necessario con la forza) il governo secolare e rimpiazzarlo con uno Stato islamico. Sebbene si fosse mantenuto in toni abbastanza ambigui per evitare di essere perseguito e condannato per tradimento, la sua retorica aggressiva, il crescente numero di seguaci, e le paure (che più tardi si sarebbero rivelate ben fondate) che il gruppo stesse accumulando armi presto cominciarono a preoccupare le autorità locali.

Dopo anni di tensione e una serie di incidenti minori, la situazione infine esplose nel luglio del 2009, quando un gruppo di seguaci di Yusuf fu fermato dalla polizia nella città di Maidiguri – la base tradizionale di Boko Haram – mentre erano sulla strada del cimitero per seppellire un camerata. Gli agenti chiesero ai giovani di rispettare la legge, e far indossare il casco anche ai passeggeri. Loro rifiutarono. Seguì un litigio, e ci fu una sparatoria. Molti giovani di Boko Haram furono colpiti e feriti dalla polizia.  Yusuf rispose scatenando una insurrezione armata, irrompendo in una prigione e attaccando gli edifici del governo e le stazioni di polizia. I combattimenti presto si diffusero in cinque altri Stati del Nord e durarono diversi giorni.

La risposta del governo federale fu severa, e i soldati federali furono lasciati a briglia sciolta. Girarono filmati di soldati che compivano esecuzioni sommarie di militanti nelle strade. Yusuf fu ucciso mentre era sotto custodia della polizia, il suo cadavere ancora portava le manette. In totale, oltre mille persone morirono nei combattimenti.  In seguito, Boko Haram fu bandita dal governo. Le sue moschee furono demolite, e i membri sopravvissuti si dispersero e vissero di nascosto.

Una tregua di un anno. Poi il ritorno.

La tregua durò appena un anno. A metà 2010, ci fu una crescita di attacchi violenti nel Nord della Nigeria, e diverse chiese furono bombardate il giorno di Natale nella città centrale di Jos, a lungo un punto centrale di violenza tra cristiani e musulmani. Ad agosto un’autobomba viene fatta esplodere tra due barriere di sicurezza e all’interno dell’ingresso degli uffici Onu di Abuja, uccidendo circa due dozzine di persone e ferendone altre 80. I militanti chiusero l’anno attaccando chiese ed edifici governativi per il secondo Natale consecutivo.

Eppure, Booko Haram è rimasto in silenzio per la maggior parte del tempo. Ci sono state delle rivendicazioni degli attentati, ma nessuna richiesta verificabile. Quali saranno i reali obiettivi del gruppo? Tutto è lasciato alla libera interpretazione. Alcuni osservatori notano che ci può essere un tentativo di creare una separazione tra cristiani e musulmani, portando la Nigeria verso una guerra civile alimentata da entrambe le parti dagli estremismi religiosi. Altri sospettano che le influenze di gruppi esterni puntino ad aprire un nuovo fronte alla guerra globale sul Terrore. Nell’agosto 2011, il generale Carter Ham, il capo del comando militare Usa in Africa, ha sostenuto che Boko Haram stesse collaborando con la sezione di Al Qaeda nel Maghreb islamico, che ha base in Algeria. E un report pubblicato dalla sottocommissione antiterrorismo e intelligence della Camera dei Rappresentanti USA nel novembre 2011 suggerì che Boko Haram avesse creato legami con il gruppo somalo Al-Shabab.

Tutto è però opinabile. Il contatto tra Boko Haram e Al Qaeda è in qualche modo comprovato da qualche racconto, ma è anche vero che l’obiettivo primario di Al Qaeda è quello di rovesciare il governo in Algeria, e non c’è prova di coordinamento tra le operazioni dei due gruppi. E i legami di Boko Haram con Al Shabab sono anche più tenui. Altra questione: vero, Muhammad Yusuf aveva chiesto di stabilire uno Stato islamico in Nigeria. Ma le sue lamentele sono sempre state profondamente radicate nella politica locale del Borno, lo stato dove Boko Haram è nato. E difficilmente – hanno sostenuto a The Atlantic Monthly alcuni dignitari del Nord del Paese – gli obiettivi sono cambiati.

Una prova sarebbe in un video postato su You Tube il 15 gennaio 2012. Il protagonista era Abubakar Shekau – il luogotenente di Yusuf, che in precedenza si era ritenuto essere stato ucciso nel 2009 – e dalle sue parole era chiaro che la motivazione primaria del gruppo era rimasta la sua ricerca di vendetta per la razzia del governo negli anni precedenti. Ancora prima, nel settembre del 2011 in un incontro segreto con Olusegan Obasanj, il precedente presidente della Nigeria, i rappresentanti di Boko Haram avevano chiesto che il governo ritirasse le sue truppe da Maidiguri, ricostruisse le moschee distrutte e pagasse un risarcimento alle famiglie di quanti erano stati uccisi nelle violenze del 2009. Richieste che non sono certo quelle di una jihad globale.

E nel Nord della Nigeria si crede addirittura che molta della violenza corrente ha poco o niente a che fare con i discepoli di Yusuf. Ci sarebbe – affermano – una piccola frangia di islamisti nel Nord, ma Boko Haram sarebbe diventato poco più che un “brand”, una oscura confluenza che ora include anche opportunisti criminali come capi politici locali scontenti e i loro portaborse. “Boko Haram è diventata una franchigia che chiunque può utilizzare. È qualcosa che assomiglia al triangolo delle Bermuda”, ha detto Kashim Shettima, il governatore dello Stato di Borno.

Quali sviluppi?

L’opinione pubblica nigeriana è divisa su come affrontare la minaccia. Molti cristiani hanno chiesto una maggiore azione militare per eliminare l’insurrezione. L’elite religiosa e politica musulmana dall’altra parte ha esortato il presidente Goodluck Jonathan, un cristiano che è molto impopolare al Nord, di dimostrare che è il presidente di tutti i Nigeriani trovando soluzioni alla povertà endemica, all’emarginazione e alla marginalizzazione economica e politica che dicono essere alle radici della diffusa rabbia dei musulmani.

La ricetta di Jonathan è quella di un approccio “bastone e carota”, già portato avanti in Nigeria negli scorsi anni. Dopo aver tentato per anni di sconfiggere una rivolta nel delta del Niger ricco di petrolio attraverso il solo impiego dei militari, il governo arrivò finalmente a negoziare un accordo nel 2009 che contemplava una amnistia, supporto finanziario e un inserimento al lavoro per qualunque militante che avesse deposto le armi. Circa 26 mila accettarono l’offerta, e la violenza in quella parte della nazione è stata largamente estirpata. Nel 2011, lo stesso Jonathan ha detto di voler usare di nuovo quell’approccio. Ma le circostanze sono diverse: trovare interlocutori affidabili è problematico, specialmente mentre i media del Sud del Paese continuano a spingere per una repressione dura.

E i numeri dicono che si vada sempre più verso il bastone e sempre meno verso la carota. Nell’ultimo anno, la spesa militare in Nigeria è cresciuta del 30 per cento, in coincidenza con il dispiegamento di truppe nel Nord Est da parte del governo di Abuja, e la spesa per la sicurezza del 2012 si prevede coprirà un quinto del budget federale.  Un trend destinato probabilmente a continuare. Il presidente Jonathan ha posto gran parte del Nord in uno stato di emergenza e recentemente, ha denunciato che elementi di Boko Haram si sono infiltrate in tutti i rami del governo e dei servizi di sicurezza.

Sono i segnali di una guerra civile in arrivo? Ed è questo l’obiettivo di questa crescente ondata di violenza, ovvero di sparigliare le carte del potere nella nazione africana?

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