La nevicata di Santa Maria Maggiore tra archeologia e fede

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Nel mosaico sopra l’arco trionfale si legge in caratteri enormi: XYSTUS EPISCOPUS PLEBI DEI, cioè “dal vescovo Sisto al popolo di Dio”. E’ una dedica lapidaria e fortissima che parla un linguaggio che è stato rispolverato solo molti secoli dopo dal Concilio Vaticano II, con la riscoperta dell’immagine della Chiesa come “popolo di Dio”. Si tratta di Sisto III, che era vescovo di Roma dal 432 e 440, e la dedicazione che si celebra ancora oggi è quindi un evento storico. Ma se la dedicazione è un evento storico che ha lasciato tracce chiarissime, l’origine della basilica si perde nelle tenebre della storia. Le fonti antiche sono ambigue ma sembrano voler dire che Sisto dedica a Maria una basilica costruita da papa Liberio già nel IV secolo. Le leggende medievali parlano di una nevicata miracolosa avvenuta in piena estate, non come le neve invernale vista davanti la basilica negli ultimi due anni. Tanto è vero che tradizionalmente si celebra in questa data il ricordo della nevicata di papa Liberio e non la dedica da parte di Sisto III.

Ma se Sisto ha dedicato la chiesa nel V secolo, dove era la chiesa di Liberio nel secolo precedente? I grandi scavi archeologici sotto la basilica negli anni ’60 non hanno rivelato altre chiese più antiche, ma invece parte di una lussuosa residenza con un particolarissimo calendario dipinto, che alterna le date e le feste a immagini di vita di campagna e di città. Si tratta di uno degli scavi archeologici più interessanti e meno noti della città di Roma. Chiunque li può visitare senza permessi speciali. Ma dov’era la basilica di Liberio? L’archeologia non ha ancora potuto chiarire la data precisa di fondazione della chiesa. Forse si tratta di un cantiere iniziato e poi interrotto per mancanza di fondi, poi ripreso e terminato molti decenni dopo. Succedeva già all’epoca.

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