Il cardinale Koch: i tradizionalisti devono domandarsi da che parte stanno

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“Il fatto che anche i concili possano sbagliare è una affermazione che risale a Martin Lutero”.Il cardinale Koch parla dei 50 anni  del concilio Vaticano II e dell’ecumenismo. Sono questi i punti di forza della intervista che il Presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani ha rilasciato a Johannes Schidelko di KNA lo scorso 31 luglio 2012. Ecco la traduzione a cura di Simona Storioni

L’11 ottobre ricorrerà il 50° anniversario dell’apertura del concilio Vaticano II (1962-1965); nel  2017 i luterani festeggeranno il giubileo della Riforma. Guardando a questi eventi, il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, in una intervista rilasciata a Roma alla Katholische Nachrichten-Agentur (KNA) parla dell’importanza del concilio, dell’ecumenismo e dei tradizionalisti.

Cardinal Koch, nel 2017 si commemorerà il 500 anniversario della Riforma di Martin Lutero. Come risponde il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani?

Insieme al nostro interlocutore, la Federazione Luterana Mondiale, stiamo preparando un messaggio comune per l’anniversario della Riforma. Dobbiamo riflettere su ciò che possiamo dire insieme in questa occasione. Poi, certamente, ci saranno anche iniziative regionali, per le quali, ovviamente, sono responsabili in primo luogo le rispettive conferenze episcopali.

Siete a buon punto con il testo?

Spero che possa essere ben giustificato da entrambe le parti.

Ci sarà una manifestazione comune a livello mondiale?

Al momento non è ancora stato deciso niente.

L’11 ottobre ricorrerà il 50° anniversario dell’apertura del concilio Vaticano II. Il Vaticano come celebrerà questo giubileo?

Il Papa ha già annunciato che proprio quel giorno avrà inizio l’“Anno della Fede”. Un’iniziativa analoga era già stata presa dopo il concilio da Papa Paolo VI, poiché era convinto che il concilio dovesse essere recepito correttamente.

Ci sono ancora forti contrasti riguardo all’interpretazione del concilio. Sono in molti a farvi riferimento, seppure con intenzioni diverse. Il concilio è stato e viene interpretato correttamente?

Benedetto XVI ha ricordato le questioni essenziali nel suo primo grande discorso alla Curia in occasione del Natale, ill 22 dicembre 2005, rimandando a due ermeneutiche totalmente differenti tra loro: l’ermeneutica della discontinuità o della rottura – insieme al concilio Vaticano è nata anche una nuova Chiesa, che non ha più molto a che vedere con quella preconciliare – e un’ermeneutica della riforma. Non si tratta di un’ermeneutica della pura continuità, che spesso viene rimproverata al Papa. Questa viene sostenuta dai tradizionalisti. Piuttosto, il Papa vede un legame tra rinnovamento e continuità nel senso che il concilio ha cercato e realizzato un rinnovamento della Chiesa, ma non una Chiesa nuova. Su questa linea c’è ancora molto da fare. Abbiamo bisogno di un nuovo orientamento.

La Fraternità tradizionalista San Pio X ritiene che esistono diversi gradi nel carattere vincolante delle affermazioni conciliari. Lei che cosa dice in merito?

Questa domanda tocca molteplici aspetti. Il concilio Vaticano II ha emanato quattro grandi costituzioni, inoltre nove decreti e tre dichiarazioni. Dal punto di vista puramente formale si può naturalmente fare una distinzione tra queste tre forme diverse. Tuttavia si pone poi un problema nella misura in cui il concilio di Trento (1545-1563) ha emanato solo decreti e nessuna costituzione. E certamente non lo si può definire un concilio di livello inferiore. Quindi: dal punto di vista formale è possibile trovare differenze, ma certamente non si possono fare distinzioni riguardo il carattere vincolante dal punto di vista del contenuto. Il decreto sull’ecumenismo, per esempio, ha le sue basi dogmatiche nella costituzione della Chiesa. Promulgando questo decreto, Papa Paolo VI ha posto una forte enfasi sul fatto che esso espone e spiega la costituzione della Chiesa.

Questo significa, in vista di una possibile riconciliazione con la Fraternità, che questa deve accettare tutto il concilio? O può immaginare che ci siano riduzioni o sconti?

La difficoltà fondamentale potrebbe consistere nel fatto che la Fraternità evidentemente parte dal presupposto che il concilio Vaticano II abbia commesso errori. Il fatto che anche i concili possano sbagliare è però un’affermazione che risale a Martin Lutero. Soprattutto, i tradizionalisti devono chiedersi da che parte stanno.

Che importanza ha il concilio per l’ecumenismo e per i rapporti con l’ebraismo? È stato un nuovo inizio, una svolta?

Papa Giovanni XXIII era convinto che il concilio da lui convocato dovesse perseguire due fini: l’aggiornamento della Chiesa cattolica e il ripristino dell’unità dei cristiani. Questo è stato anche l’obiettivo centrale di tutto il concilio. Nel discorso di inaugurazione della seconda sessione, nel 1963, anche Papa Paolo VI ha confermato che era il ripristino dell’unità dei cristiani la vera ragione per la quale il concilio era stato indetto. Da questo punto di vista l’ecumenismo non è un tema secondario o – come ha detto una volta Giovanni Paolo II – una qualche appendice, bensì un tema centrale del concilio. Perciò oggi deve essere un tema centrale della Chiesa. Tra l’altro anche la dichiarazione conciliare Nostra Aetate, con le affermazioni riguardo all’ebraismo, ha le proprie fondamenta dogmatiche nella costituzione della Chiesa.

Il patriarca di Mosca Cirillo I ha appena detto al capo del governo italiano Mario Monti che i rapporti tra l’ortodossia russa e la Chiesa cattolica romana sono notevolmente migliorati. Lei che cosa ne pensa?

Mi fa piacere apprendere che anche a Mosca la vedano così. Confermo volentieri la stessa osservazione da parte nostra. La mia visita al patriarca, lo scorso anno, è stata piuttosto positiva, molto amichevole. Inoltre ci sono state diverse iniziative del metropolita Hilarion, come per esempio un concerto in onore del Santo Padre. Sono tutti segni di un’evoluzione positiva. Spero che si tratti di passi fecondi che possano portare a un incontro tra il Papa e il patriarca.

Lo prevede in un futuro prossimo?

Mosca mi ha fatto chiaramente capire di non volere ancora parlare di date.

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