Dostoevskij: un classico dello spirito riletto oggi

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Queste pagine, che a prima vista possono rappresentare uno studio “specifico”, per addetti ai lavori, si rivelano invece una guida straordinaria alla scoperta dell’opera colossale di Dostoevskij, nella convincente spiegazione del perché quei testi, che raccontano un mondo completamente diverso da quello attuale, sono sempre in grado di attirare nuovi lettori, di appassionarli, di sfidarli a penetrare nel fondo di se stessi e di porre le domande ineludibili dell’essere umano. La Kasatkina dedica proprio un suo intervento proprio al Dostoevskij visto dai giovani del XXI e cita un blog “visitato” di recente in cui ha letto questo commento: E perché questo romanzo-fiume, ricchissimo di dissertazioni e di lunghissime tirate filosofiche, sarebbe uno sballo? Perché i ragazzi, anche quelli di oggi, risponde la studiosa. Leggendo i suoi romanzi è possibile . Ma piace anche a chi non vuole misurarsi con testi di spessore mistico, perché comunque raccontano appunto la vita, i suoi tormenti, i suoi stupori. Attraverso la “guida” dello scrittore russo si possono ri-scoprire le meraviglie della nostra fede, che continuamente svela la bellezza presente nel mondo e opera capovolgimenti totale delle nostre prospettive, un metodo perseguito dalla stessa Kasatkina.

Un piccole esempio. Ecco come viene inteso il concetto di “obbedienza”, alla luce di quanto ha scritto il metropolita Antonij di Suroz e in relazione alla figura di Alioscia e del suo starez (maestro monaco) nei “Fratelli Karamazov”: Com’ è completamente diverso dall’idea dell’obbedienza che abbiamo e da quanto sia considerato politicamente scorretto anche solo parlare di obbedienza oggi… E’ anche uscito un romanzo particolare, legato a doppio filo al romanziere russo. Si intitola “Maledetto Dostoevskij”, di Atiq Rahimi, pubblicato dall’Einaudi. Rassul ha deciso: ucciderà la vecchia usuraia che costringe la fidanzata a prostituirsi. Ma proprio quando abbassa l’ascia sulla testa della donna, è folgorato da un pensiero: sta replicando i gesti del protagonista di Delitto e castigo del suo amato Dostoevskij. Ma non siamo nella Russia dell’Ottocento, siamo nella Kabul di inizio anni Novanta, ancora scossa dagli ultimi fuochi della guerra civile tra comunisti e mujaheddin. Dando vita «al suo» Raskòl’nikov, Atiq Rahimi si interroga sulla morale e la libertà in una società presa in ostaggio dalla giustizia tribale e dalla violenza di una guerra senza fine. Ben presto Rassul si rende conto che lui è l’unico a cercare un castigo per il suo delitto, l’unico, cioè, a sottostare a una qualche legge, a conservare la memoria di un’etica in un paese in cui ogni legge, ogni etica, è sospesa, mistificata, violata. Una consapevolezza che nasce anche dalla lettura dei romanzi, e primi fra tutti quelli del «maledetto» Dostoevskij.

Anche in questo caso lo scrittore aiuta a comprendere la realtà e a viverla più profondamente. Il romanzo di Rahimi è toccante, con una scrittura vibrante. Ma attenzione: non si tratta di una lettura rassicurante, non dona felicità e neppure speranza. Dostoevskij, invece, lo continua a fare.

 

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