Istat: la povertà colpisce la famiglia
Nel 2011, l’11,1% delle famiglie è relativamente povero (per un totale di 8.173 mila persone) e il 5,2% lo è in termini assoluti (3.415 mila). La soglia di povertà relativa, per una famiglia di due componenti, è pari a 1.011,03 euro. La sostanziale stabilità della povertà relativa rispetto all’anno precedente deriva dal peggioramento del fenomeno per le famiglie in cui non vi sono redditi da lavoro o vi sono operai, compensato dalla diminuzione della povertà tra le famiglie di dirigenti/impiegati. In particolare, l’incidenza della povertà relativa aumenta dal 40,2% al 50,7% per le famiglie senza occupati né ritirati dal lavoro e dall’8,3% al 9,6% per le famiglie con tutti i componenti ritirati dal lavoro, essenzialmente anziani soli e in coppia.
Tra quest’ultime aumenta anche l’incidenza di povertà assoluta (dal 4,5% al 5,5%). La povertà assoluta aumenta tra le famiglie con persona di riferimento ritirata dal lavoro (dal 4,7% al 5,4%), soprattutto se non ci sono redditi da lavoro e almeno un componente è alla ricerca di occupazione (dall’8,5% al 16,5%). L’incidenza di povertà assoluta cresce anche tra le famiglie con a capo una persona con profili professionali e/o titoli di studio bassi: famiglie di operai (dal 6,4% al 7,5%), con licenza elementare (dall’8,3% al 9,4%) o di scuola media inferiore (dal 5,1% al 6,2%). Peggiora la condizione delle famiglie con un figlio minore, sia in termini di povertà relativa (dall’11,6% al 13,5%), che di povertà assoluta (dal 3,9% al 5,7%).
La responsabile nazionale delle politiche familiari delle Acli, Lidia Borzì, ha commentato i dati preoccupanti dell’indebitamento delle famiglie: “Ciò dimostra che tra le principali cause di impoverimento che minacciano la tenuta sociale del nostro Paese ci sono ancora una volta figli e disoccupazione, anche se sono proprio ‘famiglia’ e ‘lavoro’ i due principali pilastri su cui ricostruire l’Italia e investire per ridare fiducia ai cittadini. Infatti, accanto a queste famiglie ‘annegate’ vi sono quelle che ‘galleggiano a vista’, in cui i disoccupati si aggrappano alla pensione di un familiare e, all’interno di un oscuramento della speranza collettiva, non cercano neanche più lavoro (13,5%). Per questo è necessario che accanto a un piano che combatta la povertà tout court, vi sia un piano che ridia innanzitutto speranza alle famiglie del ceto medio impoverito. E ciò è solo possibile se oltre ai tagli si comincia a pensare seriamente anche alle riforme di crescita. L’assenza di lavoro e la presenza di figli sembrano diventati i due fattori determinanti per lo scivolamento delle famiglie nella condizione di povertà. E’ una situazione intollerabile perché mina alle radici la possibilità di crescita e di sviluppo. E’ necessario intervenire da una parte con un piano straordinario per l’occupazione, a partire da quella giovanile; dall’altra con il varo di una politica fiscale finalmente a vantaggio delle famiglie con figli”.
Infatti a fronte della stabilità della povertà relativa al Nord e al Centro, nel Mezzogiorno si osserva un aumento dell’intensità della povertà relativa: dal 21,5% al 22,3%. In questa ripartizione la spesa media equivalente delle famiglie povere si attesta a 785,94 euro (contro gli 827,43 e 808,72 euro del Nord e del Centro). La soglia per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media mensile per persona nel Paese, che nel 2011 è risultata di 1.011,03 euro (+1,9% rispetto al valore della soglia nel 2010). Le famiglie composte da due persone che hanno una spesa mensile pari o inferiore a tale valore sono classificate come povere. Nel 2011 sono 2.782.000 le famiglie in condizione di povertà relativa, pari all’11,1% delle famiglie residenti; si tratta di 8.173.000 individui poveri, il 13,6% dell’intera popolazione. Gli italiani poveri che hanno chiesto un pacco alimentare o un pasto ai canali no profit che distribuiscono le eccedenze alimentari sono saliti nel 2011 a 3,3 milioni, rispetto ai 2,7 milioni del 2010, secondo l’Agea. La spesa alimentare è il problema principale che devono quotidianamente affrontare le famiglie povere. La stragrande maggioranza dei poveri (circa il 69%) ha infatti modificato quantità e/o qualità dei prodotti acquistati con un nucleo familiare su cinque (20%o) tra quelli con i livelli più bassi di spesa che si rivolge agli acquisti low cost nei discount. Alla tendenza da parte di un crescente segmento della popolazione ad acquistare prodotti alimentari a basso prezzo nei discount, però può corrispondere anche una bassa qualità, con il rischio che il risparmio sia solo apparente.
Segnali di peggioramento si osservano tra le famiglie senza occupati né ritirati dal lavoro, famiglie cioè senza alcun reddito proveniente da attività lavorative presenti o pregresse, per le quali l’incidenza della povertà, pari al 40,2% nel 2010, sale al 50,7% nel 2011. I tre quarti di queste famiglie risiedono nel Mezzogiorno, dove la relativa incidenza passa dal 44,7% al 60,7%. Un aumento della povertà si osserva anche per le famiglie con tutti i componenti ritirati dal lavoro (dall’8,3% al 9,6%), che, in oltre il 90% per cento dei casi, sono anziani soli e coppie di anziani; un leggero miglioramento, tra le famiglie in cui vi sono esclusivamente redditi da pensione, si osserva solo laddove la pensione percepita riesce ancora a sostenere il peso economico dei componenti che non lavorano, tanto da non indurli a cercare lavoro (dal 17,1% al 13,5%).
Inoltre risulta in condizione di povertà relativa il 28,5% delle famiglie con cinque o più componenti; l’incidenza raggiunge il 45,2% fra le famiglie che risiedono nel Mezzogiorno. Si tratta per lo più di coppie con tre o più figli e di famiglie con membri aggregati, tipologie familiari tra le quali l’incidenza di povertà è pari, rispettivamente, al 27,2% e al 22% (43% e 42,6% nel Mezzogiorno). Il disagio economico si fa più diffuso se all’interno della famiglia sono presenti più figli minori: l’incidenza di povertà, pari al 14,8% tra le coppie con due figli e al 27,2% tra quelle che ne hanno almeno tre, sale, rispettivamente, al 16,2% e al 27,8% se i figli sono minori. Il fenomeno, ancora una volta, è particolarmente evidente nel Mezzogiorno, dove è povera oltre la metà (il 50,6%) delle famiglie con tre o più figli minori. La povertà è superiore alla media tra le famiglie con due o più anziani (14,3%), in particolare al Nord, dove è al 7,4% contro la media ripartizionale del 4,9%.