Famiglia Cristiana critica con il governo. La Santa Sede prende le distanze
Non si fermano le polemiche su Famiglia Cristiana. Accusato di “cattocomunismo”, il settimanale dei Paolini era andato all’attacco contro il governo, arrivando a parlare anche di rischio di ritorno al fascismo: un parallelismo che aveva attirato le critiche dell’esecutivo e della maggioranza. Stamani, la presa di posizione della Santa Sede, attraverso il direttore della sala stampa, padre Federico Lombardi.
Il settimanale, ha detto, è una testata importante della realtà cattolica ma non ha titolo per esprimere né la linea della Santa Sede né quella della Conferenza episcopale italiana”. ”Le sue posizioni – ha aggiunto – sono quindi esclusivamente responsabilità della sua direzione”.
Immediata la replica del direttore di Famiglia Cristiana, don Antonio Sciortino: “Mai ci siamo sognati di rappresentare ufficialmente il Vaticano o la Cei, che hanno loro organi ufficiali di stampa: l’Osservatore Romano e l’Avvenire”. “La dichiarazione di padre Lombardi – ha spiegato – è formalmente corretta. Mi pare invece scorretto – aggiunge il sacerdote paolino – se qualcuno volesse interpretare questa dichiarazione come una sconfessione: Famiglia Cristiana, come tutti gli altri organi di stampa cattolici si ispirano al Vangelo e sono in sintonia con la Dottrina Sociale della Chiesa. Noi in particolare – conclude – sui temi di cui si discute abbiamo ospitato con grande risalto gli interventi del presidente dei dicasteri vaticani competenti (Giustizia e Pace e Pastorale delle Migrazioni), il card. Renato Raffaele Martino”.
A sostegno della propria credibilità, Famiglia Cristiana rivendica la propria fedelta’ militante alla dottrina cattolica “su tutti i temi eticamente ‘irrinunciabili’: divorzio, aborto, procreazione assistita, eutanasia, ‘dico’, diritti della famiglia”, la conseguente condanna del giornale all’inserimento dei radicali nelle liste del Pd, ed anche le “imprese” dei suoi inviati che “andavano nell’Est europeo, sfidando polizie occhiutissime, a cercare le testimonianze del lungo martirio dei cristiani sotto il comunismo”. E chiarisce: “Abbiamo definito ‘indecente’ la proposta del ministro Maroni sui bambini rom perché da un lato basta censirli, aiutarli a integrarsi con la società civile in cui vivono marginalizzati, ma dall’altro bisogna evitargli la vergogna di vedersi marcati per tutta la vita come membri di un gruppo etnico considerato in potenza tutto esposto alla criminalità”.