Il Papa e il Presidente, Beehtoven e la sinfonia della pace tra i popoli
Ascoltarsi “evitando eccessivi protagonismi e privilegiando la migliore riuscita dell’insieme.” Una immagine musicale che Papa Benedetto XVI usa per parlare di pace, di quella che tra i popoli “che non è mai del tutto compiuta.” Ricorda “le tragedie della seconda guerra mondiale e della Shoa” il Papa e ringrazia per l’idea di una orchestra con musicisti delle tre religioni abramitiche. Anche la scelta di queste due sinfonie ha un “significato per noi interessante. Queste due celeberrime Sinfonie esprimono due aspetti della vita: il dramma e la pace, la lotta dell’uomo contro il destino avverso e l’immersione rasserenante nell’ambiente bucolico.” Composte ed eseguite insieme a Vienna il 22 dicembre 1808 sono un simbolo e un messaggio per l’ oggi: “per giungere alla pace bisogna impegnarsi, lasciando da parte la violenza e le armi, impegnarsi con la conversione personale e comunitaria, con il dialogo, con la paziente ricerca delle intese possibili.”
Prima del concerto il cardinale Ravasi ha salutato i presenti ricordando che “la musica ci ricorderà che, nonostante tutto, c’e’ ancora giustizia, amore e pace nel mondo e che Dio, se ci lascia ancora la musica, e’ segno che non si e’ stancato di amare l’umanità”. Il Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura ha citato tre scrittori: il musulmano Rumi, l’ebreo Elie Wiesel e il cristiano Aurelio Cassiodoro. E’ lui ad ammonire, nelle sue Institutiones, che “se continueremo a commettere ingiustizia, Dio ci lascerà senza la musica”