Un cimitero in fondo al mare

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Alcuni giorni fa è avvenuta l’ennesima tragedia nel mar Mediterraneo, dove sono morte 54 persone decedute nel tentativo di giungere via mare in Italia dalla Libia; il direttore generale della fondazione Migrantes, mons. Giancarlo Perego, ha commentato la notizia, che per alcuni giorni non è comparsa sui giornali: “In questa estate segnata da manovre economico-finanziarie e al tempo stesso di lunghe code autostradali di vacanzieri, il mare Mediterraneo è diventato ancora una volta la tomba per 54 persone africane in fuga dalla Libia, alla ricerca di un Paese ospitale. Non conosciamo i volti e i nomi. Sono morti disidratati, nonostante abituati a patire la sete, nel mezzo del nostro Mare, il mare che unisce Europa, Africa e Medio Oriente, il Mediterraneo. Una tragedia che non può ancora una volta non aiutarci a pensare a un mondo in fuga, senza vie di fuga: migranti alla ricerca di un Paese, di una casa. In questa straordinariamente calda estate un’altra tragedia si è consumata sulla porta di casa nostra e non può lasciarci indifferenti”. Intanto proseguono in questi giorni gli sbarchi di migranti sulle coste del Sud Italia. Nel Siracusano: un gommone è stato segnalato da un guardacoste veloce del gruppo aeronavale della Guardia di Finanza di Messina a 60 miglia a sud di Portopalo di Capo Passero: si tratta del terzo sbarco di migranti in tre giorni. Le 51 persone a bordo del natante, (39 uomini 11 donne e una bambina di circa 3 anni), sono state trasbordate sull’imbarcazione delle fiamme gialle. Una barca a vela con a bordo 25 immigrati di nazionalità siriana, poi, è stata trovata incagliata la notte scorsa vicino alle coste reggine della Calabria da una motovedetta della Guardia di Finanza. I migranti, tra i quali 12 donne, due delle quali incinte ed una ultraottantenne, e 4 bambini, sono stati trasbordati sulla motovedetta e condotti a Roccella Ionica.

 

Secondo quanto riportato dall’unico superstite, un cittadino eritreo, 55 persone si sarebbero imbarcate dalla Libia e tutti gli altri passeggeri sarebbero morti di disidratazione dopo un calvario durato 15 giorni, come riferisce l’Unhcr in una nota. Dall’inizio dell’anno ad oggi circa 1.300 persone sono giunte via mare in Italia dalla Libia. Nel 2012 sono giunte a Malta circa 1.000 persone, in 14 sbarchi. Altre due imbarcazioni sono state intercettate dai maltesi ma hanno continuato il loro viaggio verso l’Italia. L’Unchr stima che quest’anno siano circa 170 le persone morte o disperse in mare nel tentativo di giungere in Europa dalla Libia. Saliti a bordo di un gommone salpato da Tripoli, dopo un giorno di navigazione i migranti hanno raggiunto una non meglio precisata costa italiana ma forti venti hanno respinto a largo l’imbarcazione che ha cominciato a sgonfiarsi. L’acqua a bordo era terminata così i passeggeri hanno cominciare a bere acqua di mare, aggravando le proprie condizioni fisiche.

 

​Le stime dell’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Acnur) sono le più nere da quando, nel 2006, l’agenzia delle Nazioni Unite ha cominciato a elaborare le statistiche delle vite a perdere. Fino ad ora il periodo più allarmante era stato il 2007, quando tra morti e dispersi si contarono 630 nomi. Secondo il blog ‘Fotress Europe’ di Gabriele Del Grande nel mar Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico verso le Canarie sono annegate 13.448 persone. Metà delle salme (8.506) non sono mai state recuperate. Nel Canale di Sicilia tra la Libia, l’Egitto, la Tunisia, Malta e l’Italia le vittime sono 6.255, tra cui 4.817 dispersi. Altre 229 persone sono morte navigando dall’Algeria verso la Sardegna. Lungo le rotte che vanno dal Marocco, dall’Algeria, dal Sahara occidentale, dalla Mauritania e dal Senegal alla Spagna, puntando verso le isole Canarie o attraversando lo stretto di Gibilterra, sono morte almeno 4.739 persone di cui 2.429 risultano disperse. Nell’Egeo invece, tra la Turchia e la Grecia, ma anche dall’Egitto alla Grecia e più recentemente dalla Grecia all’Italia, hanno perso la vita 1.397 migranti, tra i quali si contano 828 dispersi. Nel Mare Adriatico, tra l’Albania, il Montenegro, la Grecia e l’Italia, e nello Ionio tra la Grecia e la Calabria, sono morte almeno 697 persone, delle quali 307 sono disperse. Intanto il 2011 si è chiuso con il record degli arrivi attraverso il Mediterraneo: 58.000. Una cifra che ha superato il precedente picco del 2008, quando 54.000 persone raggiunsero la Grecia, l’Italia e Malta.

Infine padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli, ha così commentato la notizia delle morti: “Una tragedia che lascia scioccati. Per l’ennesima volta ci troviamo a contare il numero di morti nel Mediterraneo, nel tentativo disperato di giungere in Europa. Le 54 vittime al largo della Tunisia suscitano un profondo dolore, acuito dalle tragiche circostanze in cui si è verificato il naufragio. E fanno emergere ancora una volta interrogativi a cui non è più pensabile non dare risposta. Com’è possibile che nessuno si sia accorto di quanto stava accadendo su quell’imbarcazione carica di disperati in cerca di salvezza, in un tratto di mare su cui ogni giorno molte navi fanno rotta?” Inoltre il Centro Astalli ha chiesto  un’accelerazione in merito all’applicazione della risoluzione del Parlamento Europeo su un ‘programma congiunto di re-insediamento di rifugiati’, che dovrebbe entrare in vigore nel 2013, stabilendo che l’Unione Europea sostenga il trasferimento di rifugiati riconosciuti dalle Nazioni Unite da paesi di prima accoglienza verso gli stati dell’Unione: “l’adesione del nostro Paese al programma di re-insediamento UE. Stabilire quote significative di accesso sarebbe una decisione coraggiosa e un primo passo verso l’apertura di canali d’ingresso protetti nell’Unione Europea per chi scappa da guerre e persecuzioni e non può trovare protezione nei paesi di primo asilo”.

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