Il Papa a Nemi: il Bene ha bisogno di comunicare se stesso ecco il senso della missione

Un tuffo nei ricordi più personali e nello stesso tempo storici. Il Papa ha visitato il centro Ad Gentes dei padri Verbiti a Nemi con la nostalgia dei tempi in cui proprio in questi edifici, si svolse uno dei dibattiti su uno schema del Concio dedicato al delicatissimo tema della missione della Chiesa Benedetto XVI è arrivato poco prima di mezzogiorno e si è recato nella Cappella del centro che è su una collina, immerso in un bosco, con una splendida vista sul lago. Un complesso moderno dove i missionari trascorrono periodi di ritiro e di studio. Appogiandosi al leggero bastone che usa da qualche tempo, il Papa si è inginocchiato davanti al Santissimo Sacramento e dopo aver ascoltato il saluto del Provinciale e del nuovo Superiore Generale eletto ha aperto lo scrigno dei ricordi ad un uditorio che rappresentava ogni parte del mondo.
Una visita inaspettata, aveva detto il Generale, che va oltre le nostre apsattative. Il Papa non le delude e ricorda quanto fosse piacevole lavorare a Nemi dopo la confusione di Roma. Joseph Ratzinger come latri tedeschi, all’ epoca del Concilio risedeva nel Collegio di Santa Maria dell’ Anima vicino Piazza Navona. “ Forse è il ricordo più bello di tutto il Concilio- dice- abitavo al cento e c’era rumore era bello, ma arrivare qui nel verde, in mezzo alla natura bastava per sentirsi ispirati. Era già di per se una cosa bella. E poi in compagnia di tanti grandi teologi.” Poi il ricordo del Generale di allora padre Schotte che era stato condannato ed espulso dalla Cina, erano gli anni 60, ma che era “pieno di dinamismo missionario” e convinto della necessità della evangelizzazione. “Ero un giovane telogo senza grande importanza invitato non so perché”, ha detto il Papa, “ ma è stato un grande dono per me”.
“Sono veramente grato- ha detto per la possibilità di rivedere dopo 47 anni questa casa a Nemi. Ne avevo un ricordo bellissimo, forse il più bel ricordo di tutto il Concilio. Io abitavo nel centro di Roma, nel Collegio di Santa Maria dell’Anima, con tutto il rumore: tutto questo è anche bello! Ma stare qui nel verde, avere questo respiro della natura e anche questa freschezza dell’aria, era già in sé una cosa bella. E poi c’era la compagnia di tanti grandi teologi, con un incarico così importante e bello di preparare un decreto sulla missione. Ricordo innanzitutto il Generale di quel tempo, padre Schütte, che aveva sofferto in Cina, era stato condannato, poi espulso. Era pieno di dinamismo missionario, della necessità di dare un nuovo slancio allo spirito missionario. E aveva me, che ero un teologo senza grande importanza, molto giovane, invitato non so perché. Ma era un grande dono per me. Poi c’era Fulton Sheen, che ci affascinava la sera con i suoi discorsi, padre Congar e i grandi missiologi di Lovanio. Per me è stato un arricchimento spirituale, un grande dono. Era un decreto senza grandi controversie. C’era questa controversia, che io non ho mai realmente capito, tra la scuola di Lovanio e quella di Münster: scopo principale della missione è l’implantatio Ecclesiae o l’annunzio Evangelii? Ma tutto convergeva in un unico dinamismo della necessità di portare la luce della Parola di Dio, la luce dell’amore di Dio nel mondo e di dare una nuova gioia per questo annuncio. E così è nato in quei giorni un decreto bello e buono, quasi accettato unanimemente da tutti i padri conciliari, e per me è anche un complemento molto buono della Lumen gentium, perché vi troviamo un’ecclesiologia trinitaria, che parte soprattutto dall’idea classica del bonum diffusivum sui, il bene che ha la necessità in sé di comunicarsi, di darsi: non può stare in se stesso, la cosa buona, la bontà stessa essenzialmente è communicatio. E questo già appare nel mistero trinitario, all’interno di Dio, e si diffonde nella storia della salvezza e nella nostra necessità di dare ad altri il bene che abbiamo ricevuto. Così, con questi ricordi ho spesso pensato a questi giorni di Nemi che sono in me, come ho detto, parte essenziale dell’esperienza del Concilio. E sono felice di vedere che la vostra Società fiorisce – il padre Generale ha parlato di seimila membri in tanti Paesi, da tante Nazioni. Chiaramente il dinamismo missionario vive, e vive solo se c’è la gioia del Vangelo, se stiamo nell’esperienza del bene che viene da Dio e che deve e vuol comunicarsi. Grazie per questo vostro dinamismo. Vi auguro per questo Capitolo ogni benedizione del Signore, molta ispirazione: che le stesse forze ispiratrici dello Spirito Santo che ci hanno accompagnato in quei giorni quasi visibilmente siano di nuovo presenti tra voi e vi aiutino a trovare la strada per la vostra Compagnia, così per la missione del Vangelo ad gentes per i prossimi anni. Grazie a voi tutti, il Signore vi benedica. Pregate per me, come io prego per voi. Grazie!”
Il Papa ha salutato alcuni provinciali regionali e ha ricevuto in dono una immagine di Maria in legno di arte birmana. Uscito dalla Cappella il Papa ha fatto un breve passeggiata nel bosco riportando alla memoria i tempi del Concilo e ha raccontato come il segretario dell’ arcivescovo Frings fosse uso attraversare il lago a nuoto. Dopo una sosta davanti ad una croce nel parco il Papa è risalito in auto alla volta di Castelgandolfo. Al Suo arrivo il Papa è stato accolto dal Superiore Generale eletto, P. Heinz Kulüke, dal Superiore Generale uscente, P. Antonio Pernia e dal Procuratore Generale, P. Giancarlo Girardi.