Il Papa e i verbiti, dalle missioni in Cina al Concilio
Il 5 agosto 2008, durante le vacanze estive a Bressanone il Papa decide di fare una visita ad Oies in Val Badia e sale pellegrino verso la casa natale del Santo Giuseppe Freinademetz, missionario verbita. 9 luglio 2012, ancora un visita privata e ancora ai missionari verbiti, questa volta nella Casa Generalizia dove si è appena svolto il capitolo in cui è stato eletto superiore Heinz Kulüke. Due occasioni speciali per Benedetto XVI di sottolineare l’importanza della missionarietà della Chiesa. Ad Oies, tra i monti, Benedetto XVI ha reso omaggio ad un santo che ha svolto la sua missione in Cina. Non fu facile per l’uomo della Val Badia entrare nella mentalità cinese, e alcuni passaggi della sua storia sembrano riproporre alcuni dei problemi che ancora oggi si incontrano nella mentalità orientale.
In un passaggio della sua biografia si legge: “I cinesi volevano vedere quell’uomo che proveniva dall’Europa, ma non erano interessati al suo messaggio. La delusione giunse a far sorgere una crisi di vocazione: Dove era la risposta di Dio di fronte al suo impegno radicale? La delusione personale lo portò ad una formulazione di un totale pregiudizio razziale: Il carattere cinese presenta per noi europei ben poco di attrattivo – Il cinese non è uscito dal creatore con le stesse doti come gli europei”. Ma Giuseppe non si da per vinto, impara la lingua, frequenta i villaggi, indossa abiti cinesi. Sono gli anni della rivolta dei boxer, Giuseppe ne è sconvolto. Nel 1866 Freinademetz scriveva una lettera ai suoi parenti: “Io amo la Cina e i cinesi, e sarei pronto di morire mille volte per loro. Ora, che non ho più grosse difficoltà con la lingua e conosco le tradizioni del popolo, considero la Cina come mia patria dove io desidero morire”.
Sepolto a Daijia nella casa dei Verbiti la sua tomba fu distrutta dalla rivoluzione culturale. Oggi a Taikia (il nome attuale) rimane solo una lapide ricordo. E’ rimasta la sua stanza dove è morto, sede più tardi anche di un negozio. I cattolici, anche gli stranieri, possono visitarla solamente con un permesso speciale. Ecco, la Chiesa in Cina è ancora una Chiesa che lotta per la libertà. In questi giorni i cattolici cinesi vivono ancora uno strappo per la decisione di alcuni sacerdoti di farsi ordinare vescovo senza l’approvazione del Papa, ma con la “benedizione” del governo. Forse non si rendono conto di come spezzare la comunione della Chiesa cattolica sia un voltare le spalle alla vita e al sacrificio dei tanti missionari europei che hanno dato la vita per portare il Vangelo in Cina. Nello Shandong, dove ha vissuto, la figura di Freinademetz è ricordata con intensità ed uno dei simboli della Missio ad Gentes.
Ma di che missione si parla se il frutto porta dolore e frattura alla Chiesa universale? Ad Gentes, così si chiama la casa dove lunedì il Papa si reca, la casa dei verbiti che durante il Concilio fu sede del “Comitato editoriale” che ha elaborato il Decreto sulla attività missionaria della Chiesa durante il Concilio. Tra loro c’era anche un professore di 37 anni, Joseph Ratzinger perito dell’Assemblea conciliare. Un progetto che arrivò al dibattito generale dei Padri conciliari solo nella terza sessione, di ottobre- dicembre 1964, ma il testo fu rifiutato in blocco. Una storia “inusitatamente turbolenta”. La Commissione sulle Missioni ricevette il mandato di elaborare un nuovo schema. A guidare i lavori padre Johannes Schütte, Superiore Generale della Società del Verbo Divino che offrì tutto il necessario per facilitare il lavoro dei membri del gruppo tra cui Yves Congar e Joseph Ratzinger che fu presente nella sessione dal 29 marzo al 3 aprile 1965. Il nuovo schema elaborato fu presentato alla Plenaria conciliare nel corso della quarta sessione, dal 7 al 13 ottobre 1965, e il Relatore fu proprio padre J. Schütte. Dopo, nel corso di nuove sedute, tutti i membri della Commissione lavorarono intensamente per inserire le innumerevoli osservazioni che erano state fatte nell’aula conciliare. La votazione finale dei Padri conciliari sullo schema elaborato arrivò il 7 dicembre 1965 e fu l’ultimo documento approvato dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Il Decreto fu approvato con 2.394 voti favorevoli e solo 5 contrari: un record di “si” non raccolto da nessun altro documento del Vaticano II. Chissà se il giovane teologo tedesco tenne presente quel missionario di Oies, nato a pochi passi dalla casa di sua nonna in Tirolo. “Un Santo di grandissima attualità- disse il Papa nel 2008- sappiamo che la Cina diventa sempre più importante nella vita politica, economica e anche nella vita delle idee. È importante che questo grande Paese si apra al Vangelo. E San Giuseppe Freinademetz ci mostra che la fede non è una alienazione per nessuna cultura, per nessun popolo, perché tutte le culture aspettano Cristo e non vanno distrutte dal Signore: giungono anzi alla loro maturità.”
Questo è il senso della missione, così come ce lo ricordano anche i documenti conciliari redatti proprio sotto la protezione dei padri verbiti. Benedetto XVI non è il primo Papa che visita la Casa “Ad Gentes” dei Verbiti a Nemi. 50 anni fa fu la volta di Giovanni XXIII che si recò a Nemi nell’ agosto del 1962. Paolo VI visitò il Terziato Verbita di Nemi qualche mese dopo la sua elezione alla Cattedra di Pietro. A Benedetto verrà anche data una foto dell’ epoca del Concilio, dietro le firme di tutti i partecipanti. Joseph Ratzinger firmò per ultimo.