Greg Burke: la mia sfida è far tornare la stampa a parlare del messaggio del Papa

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Il suo lavoro comincia oggi, lunedì 2 luglio. Greg Burke il giornalista che deve consigliare la strategia comunicativa alla Santa Sede ha un ufficio in Terza Loggia dove starà molto. Un lavoro profondamente diverso da quello di inviato e corrispondente iniziato a Roma circa venti anni fa. Ci conosciamo da allora. Lo incontro nel suo ultimo giorno di lavoro alla Fox, nella sede del network a pochi passi dal Vaticano. Niente di sontuoso, uno scantinato con efficienti sale montaggio e studi di registrazione, wifi e postazione di lavoro. Del resto il lavoro si fa in giro per il mondo. Nel Palazzo Apostolico sarà a pochi passi dal Papa e dalla Segreteria di Stato, e il suo lavoro ora si svolgerà “all’interno”. Parlando parto proprio da questo:

K:Ti è dispiaciuto lasciare la Fox, il tuo lavoro di corrispondente ed inviato ?

GB: Moltissimo! Si certo, perché il lavoro che facevo alla Fox era una specie di “dream job” il lavoro dei miei sogni. Avevo la base a Roma ma ho viaggiato moltissimo in tutto il Mediterraneo. Sono stato spesso a Gerusalemme, almeno una volta l’anno, cinque sei volte sono stato in Libano in dieci anni, ho seguito anche la guerra….

K: Ma tanto torni in Libano ora a settembre con il Papa ?

GB: Non so veramente ancora se farò i viaggi, vediamo, sono curioso….Ma sai io ho detto di no all’inizio per due motivi: avevo una “fifa matta” di questo incarico…

K: Ci sono colleghi che farebbero di tutto per essere al tuo posto…

GB: Lo immagino, ma bisogna anche essere coscienti del fatto che è una cosa seria, molto impegnativa, molto seria. E poi io avevo un bel lavoro. Io pensavo di rimanere per altri anni e rinnovare il contratto alla Fox. Per me lavorare alla Fox era una buona cosa, poi si può pensare quello che si vuole di Fox, ma io ci ho lavorato davvero bene, è un lavoro prestigioso e il lavoro era divertente. Nove incarichi su dieci erano proprio quello che sognavi come giornalista, anche se erano eventi drammatici.

K: Quindi per te passare da essere sul campo a dover lavorare a tavolino, da dentro, sarà duro?

GB: Si, pensa che io in dieci anni credo di non essere mai andato ad una riunione, e io penso che il mio lavoro adesso sarà molto “dentro”, un lavoro completamente diverso, farò delle riunioni.

K: Hai detto all’inizio che il tuo incarico assomiglia ad una figura che c’è alla Casa Bianca. Ma il Vaticano non è davvero la Casa Bianca, allora che significa?

GB: Si certo, e io devo stare attento a questo paragone in effetti perché io non sono il direttore di niente, ma il ruolo della Casa Bianca è molto come questo: tu sei dietro le quinte. A Washington tutti sanno chi è il ragazzo biondo, Jay Carney, che ogni giorno fa il briefing, il direttore della comunicazione se uno non è nel giro non sa chi è, ogni tanto appare, ma non è il suo ruolo, il suo ruolo è stare dietro, pensare che fare etc. Un ruolo affascinante e difficile nello stesso tempo.

K: Ma insomma ti vedremo in Sala Stampa, parlerai con i giornalisti?

GB: Con misura, con molta misura, non è il mio ruolo. E’ importante non fare una sala stampa parallela. Certamente la tentazione c’è. Visto che parlo inglese, se mi chiama la AP Television e mi chiede una dichiarazione di 30 secondi certo la tentazione sarà forte. Ma è importante che il portavoce e la Sala Stampa Vaticana mantengano il loro ruolo.

K: I tuoi interlocutori diretti saranno il Sostituto della Segretaria di Stato l’arcivescovo Angelo Becciu e monsignor Peter Wells Assessore per gli Affari Generali?

GB: Si, ho conosciuto l’arcivescovo in questa occasione, mentre Wells lo conosco da prima che fosse Assessore, e mi vedeva sempre quando facevo gli stand up vicino Castel Sant’ Angelo, lui mio vedeva quando tornava a casa e così ci siamo conosciuti.

K: Allora facciamo un test: quando è scoppiato ad esempio il caso Wiliamson tu che hai pensato?

GB: Wiliamson forse è la cosa più eclatante. Era un caso che si poteva evitare e lo stesso Papa lo ha detto. E’ un po’ come vedere due treni che stanno per scontrarsi e nessuno fa niente per fermarli, non so perchè. Ma, ad esempio, il discorso di Ratisbona, qualche giornalista, ma è sempre più facile col senno di poi, mi ha detto: si, avevo detto di stare attenti! Ma se è vero non lo so! Il discorso era lungo e complesso.

K: In effetti era un discorso articolato e spesso si prende solo una frase e non si legge davvero il testo per tirarne fuori una frase che sia davvero la sintesi del testo…

GB: Infatti, credo che quello fosse un caso più complicato. Il problema è un po’ come è stato letto e interpretato anche dove è stato detto. Non è stato detto ad una grande folla, ma io sono sempre convinto che il Papa è un accademico, se avesse fatto quel discorso ad un gruppo piccolo di intellettuali per discutere un testo delicato ma interessante non sarebbe successo nulla. Ma c’è modo e modo di dire le cose.

K: Ancora un test: se dovesse capitare che tu debba andare dal Segretario di Stato o dal Papa a dire: questa è una scelta sbagliata, non è il modo giusto di comunicare, questa cosa non va fatta. Avrai il coraggio di farlo?

GB: Io spero che avrò questo coraggio! E spero di essere ascoltato. Io non sono un mago. Capita anche nelle aziende. Ci sono i direttori delle comunicazione che dicono una cosa o l’altra e poi non vengono ascoltati. Vedremo. Io spero che avrò il coraggio di dire tutte le cose, ma non ho la pretesa di avere alcun potere.

K: Noi giornalisti cercheremo di farci dire delle cose, e tu forse cercherai di “evitarci”, ma noi potremo anche suggerirti delle cose, hai intenzione di ricevere consigli?

GB: Ho già chiesto a degli amici di scrivermi un paio di paginette sulle cose che vanno e che non vanno, come le vedono loro, le cose che si possono migliorare, anche se non credo che i cambiamenti possano avvenire velocemente. E uno di loro con venti anni di esperienza mi ha chiesto: vuoi dire due volumi? Ma senza scherzi, io spero di ascoltare all’inizio e poi si vedrà quello che puoi fare e non puoi fare. Sarà un feedback perché poi non vedrò più le cose “da fuori”. Io credo che sia importante. Poi spero di poter essere disponibile. La mia vita è cambiata in questi giorni. Fino ad una settimana fa il mio telefono suonava solo tre volte al giorno, adesso è bollente.

K: Allora, vediamo non una sala stampa parallela, ma un compito di comunicazione interna?

GB: Si, non c’è dubbio. Io non sono un vaticanista puro, mi sono occupato di diverse cose, anche di Vaticano. Ma ne abbiamo parlato anche con Padre Lombardi. É più un lavoro per preparare la notizia, in modo che tutti possano capire davvero il messaggio che si vuole dare. Quanto poi a coordinare tutte le istituzioni vaticane, questa è un vera sfida, ma bella e grande. Ma il mio ufficio è da un’altra parte e abbiamo gli stessi capi. E quindi dobbiamo lavorare insieme. Dobbiamo preparare bene la notizia. Non dobbiamo essere in difesa, la comunicazione efficace è un po’ come il calcio: se uno gioca troppo in difesa prende gol. Ma certo non è facile cambiare la mentalità.

K: Come coordinare la comunicazione ad esempio dei Capi Dicastero eccetera….

GB: Si devo ammettere che  sarà la cosa più difficile. Sarà facile dire ai mie capi: se diciamo questo la risposta sarà questa, oppure attenzione non facciamo queste due cose nello stesso momento per non perdere l’effetto, eccetera. Più difficile è capire tutti i dicasteri e la struttura della Santa Sede…

K: Hai già iniziato a studiare l’Annuario Pontificio?

GB: Non ancora ma lo farò, lo farò…perché non sono un vaticanista puro, è vero.

K: Si può dire che scegliere te è un modo di scegliere qualcuno che non è troppo condizionato anche dalla stampa italiana?

GB: Può anche essere. Io non l’ho pensato, ma posso anche accettare questa idea in un certo senso, ma credo che la cosa principale è che fossi un angloparlante in questo mondo nuovo abbia una certa importanza.Insomma la sfida è come tornare al messaggio fondamentale di Benedetto XVI invece di rimanere nello stagno dei soliti temi, lo IOR, i corvi, gli scandali. Una cosa che certamente farò è seguire molto la stampa e i notiziari, fino ad ora leggevo solo un giornale o due. E cercherò di studiare bene le cose che accadono. Ma certo ho letto davvero molte cose divertenti, e ridicole.

K: Allora aspettiamo una nomina?

GB: Non ci sarà una nomina, è solo una notizia, è solo un contratto di lavoro. Non credo che ci sarà un incarico preciso nel prossimo Annuario, poi vedremo.

K: Il fatto che la notizia sia uscita sull’ AP era studiata, voluta o casuale?

GB: E’ stato casuale, la notizia doveva uscire solo giovedì 28 giugno. E poi è uscita a New York, secondo me non era voluto, ma per me è andata meglio così perché c’è stato un po’ tempo per assorbirla.

K: La tua ultima partecipazione da giornalista con noi è stata la visita allo IOR, era una cosa tutta da scoprire per te? Eri entrato così all’interno del Vaticano?

GB: Mah ci pensavo! Forse venti anni fa ho visto le casse per due minuti. Ma non avevo certo avuto una occasione così. E’ stato bello che il direttore dello IOR abbia parlato apertamente per “svelare” un po’ di cose, come ha detto lui.  É andato molto bene. Perché è stato scritto davvero di tutto, e credo che questa sia stata la risposta giusta: parliamoci apertamente. Ogni passo nella direzione dell’apertura mi sembra una cosa positiva.

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