Le risorse morali dei giovani: un patrimonio educativo

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Ispirandosi al brano evangelico di Mc 10,21, i vescovi italiani, nel 1999, esortavano a guardare i giovani con lo stesso sguardo di amore con cui Gesù guardò il giovane che si rivolse a lui. E proseguivano: “L’impegno di fondo che caratterizza la chiesa italiana tutta, in questo volger di secolo e di millennio, è quello della trasmissione della fede. Le nuove generazioni ci chiedono e ne hanno il diritto, di poter ascoltare la buona novella, di poter incontrare Gesù, di avere la vita piena. Ce lo fanno capire con i loro modi scanzonati, le domande mute che vengono dalla loro solitudine, quella sorta di indifferenza che è piuttosto diffidenza verso una società e un mondo adulto che non si fa responsabile del loro futuro”. Qualche anno dopo insistevano sulla necessità di aprire le porte delle chiese, di uscire e di andare vero i giovani: “Missionarietà verso i giovani vuol dire entrare nei loro mondi, frequentando i loro linguaggi, rendendo missionari gli stessi giovani con la fermezza della verità e il coraggio della integralità della proposta evangelica”.

Ora, dedicando la Chiesa italiana un decennio alla sfida educativa, il tema è divenuto più pressante e richiede particolare sensibilità nell’ascolto e nella capacità di accoglienza delle attese e delle speranze dei giovani e delle loro famiglie. I giovani chiedono che gli adulti si facciano ‘compagni di cammino’: per questo la rivista ‘Credere oggi’ ha dedicato al tema un interessante fascicolo, partendo dal presupposto che i giovani chiedono una coerente testimonianza a una chiesa che si faccia ‘casa accogliente’ e offra esperienze vive e forti, pur rispettando la gradualità della proposta di fede. Resta comunque indispensabile mettere al centro la persona di Gesù. Infatti il fondamento della fede cristiana è ‘l’incontro con un avvenimento, con una persona che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva’. Il primo contributo di Paola Dal Toso, segretaria della Consulta delle aggregazioni laicali della Cei, offre una breve panoramica storica della ‘questione giovanile’ in Italia negli ultimi decenni, sottolineando la necessità di educatori coerenti e credibili.

Prendendo lo spunto dall’anno della fede indetto da Benedetto XVI, Nico Dal Molin, direttore generale del centro nazionale delle vocazioni, ripercorre alcune caratteristiche tipiche delle fasi evolutive di crescita, comprese tra l’infanzia e la giovinezza, evidenziando alcuni criteri di religiosità che conduca a una prima esperienza di ‘fede’ e a una scelta vocazionale di fondo, che è di rispondere all’Amore. Infine, mettendo in risalto le risorse morali dei giovani, e quindi con uno sguardo positivo sul loro mondo variegato, Antonio Napolioni, docente all’Istituto Teologico Marchigiano, invita gli educatori e le famiglie a far leva su quanto già di positivo esiste nell’animo giovanile, nei sogni e nelle esperienze che mostrano, sia pure in modo nascosto, la presenza dello Spirito già operante nella realtà delle giovani generazioni: “Il ragazzo tutto intero esige accoglienza e aiuto per conoscersi e crescere, anche se spesso dice che non vuole farle queste cose, avendone ben presto già intuito il costo o l’inutilità. Ma questo è il primo passo verso l’incontro, per imparare ad amare lasciandosi amare, in modo da uscire gradualmente da un disastroso analfabetismo affettivo. Mentre l’immaturo è capace di sorprenderci, sempre. Anche ai giovani di oggi si può dire, con 1Gv 2,14: ‘Siete forti!’… Tornare a sporcarsi le mani, può essere più di una frase fatta, se adulti e giovani riconoscono il corpo come delicato e prezioso terreno di incontro, e di svelamento della persona.

Il corpo, oggi variamente esibito e misconosciuto, custodisce segreti difficilmente ignorabili, che possono emergere dando pace e gioia, o grande dolore. Perciò urge la rivelazione del Dio che prova compassione nelle viscere, per darci un cuore di carne, il vangelo del Maestro che lava i piedi, per lasciarsi udire, toccare e contemplare, il dono dello Spirito, respiro e dito di Dio, per imprimere a ogni carne un dinamismo di trasfigurazione”. Ma la famiglia, dopo la chiesa, è capace di educare? Per l’autore oggi i giovani sono in cerca di “adulti significativi e credibili, madri e soprattutto padri che, dopo l’overdose di accudimento garantita nei primi anni di vita, non scompaiano e non si omologhino davanti alle nuove sfide formative che emergono dall’adolescenza in poi. Adulti che non facciano appello a principi astratti e distanti, ma siano esperti del risalire alla sorgente, al principio vitale che giustifica impegni e norme. L’amicizia non è, quindi, soltanto un’esca per l’avvio di eventuali percorsi di crescita, è contenuto esigente da declinare nelle diverse modalità imposte dal confronto generazionale. E’ stile e messaggio della sequela cristiana: ‘Vi ho chiamato amici… ma io ho scelto voi’.

Resta indispensabile la proposta chiara di valori oggettivi che possano diventare regola di vita e di azione, curando la gradualità dell’impatto e della sintesi personale. Non va taciuto, ad esempio, il disagio che si prova anche con le famiglie cristianamente più impegnate, per i silenzi imbarazzanti e i frequenti ritardi con cui provvedono alla necessaria educazione sessuale e affettiva dei loro figli e figlie”. E per migliorare le relazioni il docente marchigiano indica, in vista dell’imminente anno della fede la riscoperta del sacramento della penitenza può ancora costituire il luogo di un’accurata introduzione alla vera relazione con Dio e con gli altri. Avendo cura che approcci moralistici e meccanicamente rituali cedano il posto a una prospettiva più sanamente spirituale e pedagogica. La confessione diventa un’efficace occasione per incontrare la verità che rende liberi. Infatti, la differenza tra senso di colpa psicologica e senso religioso del peccato resta spesso tutta da scoprire. Il mistero di Cristo, debitamente annunciato e celebrato, può qui sprigionare la sua efficacia salvifica sulla mente e sulla coscienza, sul cuore e sullo stile di vita dei giovani in cammino di fede”.

 

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