Il mito di Romeo e Giulietta diventa monologo di spirtitualità

“Oh Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo!? Rinnega tuo padre, rifiuta il tuo nome, o se non vuoi, giura che mi ami e non sarò più una Capuleti. Solo il tuo nome è mio nemico: tu sei tu.” L’invocazione è nota, del resto quella tra Romeo e Giulietta è la storia d’amore più famosa della storia e continua ad appassionare. Tanto è vero che proprio per questa torrida e difficile estate che abbiamo davanti sono già previste varie messe in scena della tragedia shakespeariana. Segno della sua indubbia vitalità e anche occasione per rileggerla, dopo molto tempo che, probabilmente, giace sepolta nella memoria affaticata – anzi ingombrata – da tante altre inutili letture, una vera boccata d’ossigena per la nostra sete di vera poesia e autentica bellezza. Non è certo il caso di rievocarne la trama. Una trama da cui alcuni giovani autori hanno preso spunto per esplorare aspetti più nascosti e personaggi più in ombra della celebra vicenda. Lo hanno fatto Silvia Guidi e Giorgia Lepore in due monologhi diversi, ossia “Attraverso il buio”, della Guidi, e “Io parlo di sogni”, della Lepore. In seguito ne è nato un testo drammaturgico unico, intitolato “Come cenere e il fuoco”.
Rosalina, cugina di Giulietta, e Mercuzio, amico del cuore di Romeo, si incontrano per raccontarsi e far conoscere, da punti di vista inediti, la storia funesta dei due amanti veronesi, tramite un confronto di confessioni in cui sfogare i tormenti e i ricordi, i turbamenti e gli amori, sempre taciuti e tenuti nascosti. Solimano Pontarollo, attore e regista (attore certificato Royal Academy of Dramatic Art), ne ha curato la regia, così come di anche altre rielaborazioni da Shakespeare. Rosalina, in particolare, viene evocata dalle pesantissime coltri di silenzio che per secoli hanno avvolto la sua storia personale. Dopo aver avuto un brevissimo momento d’amore con Romeo, si è fatta suora, e arrivata finalmente sul palcoscenico rivendica la propria scelta di vita, che le ha donato una prospettiva più profonda e senza limiti, anche rispetto ai propri sentimenti, certo non rinnegati, verso il “quasi fidanzato” Romeo che poi ha scelto Giulietta, la morte per un equivoco e l’immortalità della propria vicenda.
Questo spettacolo sarà di nuovo in scena a Verona (non c’è ambientazione migliore, del resto), nell’ambito della rassegna “Juliet” che, da giugno ad agosto, presenta gli aspetti più diversi dello Shakespeare dell’amore e dei due amanti : dalle lettere a Giulietta, che ogni giorno continuano ad arrivare proprio nella città scaligera, dove esiste una casella postale ad hoc, da ogni parte del mondo e raccontano di storie d’amore di ogni genere – una riserva inesauribile di nuove trame e nuovi personaggi -, ai monologhi teatrali, ad un’opera lirica inedita, “In love”, alla letteratura contemporanea. Il tutto letto, scritto, recitato in inglese, in italiano, persino in dialetto veneto e poi inframmezzato da danza, musica e cinema. Dai balconi e dalle piazze di Verona si scende nei vicoli di Bari e anche qui si aggira il dramma senza tempo dei due ragazzi innamorati.
Il testo del Bardo si immerge nel puro e stretto dialetto barese, grazie alla collaborazione di Felice Giovine, presidente dell’Accademia della lingua barese. “Giuliett e Rome” è il titolo dell’interessante progetto ideato dal regista Francesco Brollo e da Lorenzo D’Armento direttore della compagnia teatrale La Différance. In ogni caso, per chi volesse tornare alla tradizione, senza variazioni, esperimenti o approfondimenti, e godersi il puro incanto dei versi shakespeariani, non deve far altro che allungare la mano e tirar fuori dallo scaffale il vecchio e sgualcito testo dei giorni di scuola e rivivere quella follia amorosa che tanto ci ricorda i primi batticuori, senza pensare all’ombra della morte in agguato dietro il mitico balcone.