Papa Benedetto XVI: la nostra preghiera per il popolo siriano

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Papa Benedetto XVI ha ricevuto ieri i partecipanti all’assemblea annuale della R.O.A.C.O. (Riunione delle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali). Nel suo discorso papa Benedetto XVI ha ricordato la crisi economico-sociale che “per la dimensione globale che ha assunto, non sembra dare respiro alle aree del mondo economicamente evolute e in misura ancor più preoccupante si riversa su quelle più svantaggiate”. Un processo che soprattutto in Oriente “madrepatria di antiche tradizioni cristiane (…), genera insicurezza e instabilità anche a livello ecclesiale e in campo ecumenico e interreligioso. Si tratta di fattori che alimentano le endemiche ferite della storia e contribuiscono a rendere più fragili il dialogo, la pace e la convivenza tra i popoli, come pure il rispetto autentico dei diritti umani, specialmente quello alla libertà religiosa personale e comunitaria”. Il Papa, condannando la violenza finora usata in Siria, ha ribadito che “non venga risparmiato alcuno sforzo, anche da parte della comunità internazionale, per far uscire la Siria dall’attuale situazione di violenza e di crisi, che dura già da molto tempo e rischia di diventare un conflitto generalizzato che avrebbe conseguenze fortemente negative per il Paese e per l’intera Regione. Elevo anche un pressante e accorato appello perché, davanti al bisogno estremo della popolazione, sia garantita la necessaria assistenza umanitaria, anche a tante persone che hanno dovuto lasciare le loro case, alcune rifugiandosi nei Paesi vicini: il valore della vita umana è un bene prezioso da tutelare sempre”.

A proposito di sostegno al popolo siriano attraverso il tempo di preghiera, da venerdì 22 giugno, in comunione con altre iniziative in città italiane ed europee: Trieste, Fermo, Trento, Iglesias, Venezia, Antiochia, Bruxelles, Ginevra e Parigi…, parte l’iniziativa ‘Venerdì di solidarietà per la pace in Siria’ promossa nell’ambito dei gruppi, come ‘Le 2facce’, che ruotano intorno al gesuita Paolo Dall’Oglio, fondatore della comunità siriana di Mar Musa, a nord di Damasco, impegnata nel dialogo islamo-cristiano. Infatti il religioso, dopo 30 anni di permanenza in Siria, è stato ‘invitato’ a lasciare il Paese, in quanto considerato ‘indesiderato’, ma il suo desiderio continua ad essere quello di lavorare per il dialogo, la riconciliazione e il rispetto dei diritti umani. L’iniziativa è un momento specifico di preghiera di comunione e unità fissato il venerdì, come scelta di condivisione, giorno sacro della preghiera dei fratelli musulmani e di accompagnamento per la risoluzione di questa crisi.

 

E da Beirut padre Dall’Oglio ha commentato la decisione degli osservatori Onu, che hanno annunciato la sospensione temporanea del loro intervento, il Comitato di negoziato, chiedendo, attraverso le agenzie di stampa, almeno un cessate-il-fuoco di poche ore per consentire l’ingresso di aiuti umanitari ad Homs: “Cosa farà ora il mondo? Rimarrà a guardare? Avevamo già notato le settimane scorse sul terreno, che gli osservatori dell’Onu si vedono costretti a non cercare nemmeno di dissuadere, con la loro presenza, il conflitto armato. Si limitano ad andare a cose fatte, per raccogliere le prove dei crimini commessi. Anche perché viene loro impedito fisicamente di intervenire durante le operazioni… La repressione continua come se nessuno documento sulla libertà di espressione fosse stato firmato. E l’opzione militare di repressione generalizzata di quella che è ormai una rivolta armata rimane l’unica scelta di cui il potere siriano sembra capace… Il giornalismo non deve lasciarsi andare all’istinto islamofobo e prestare orecchio a chi provoca gli istinti di un pubblico tendenzialmente pronto a credere a chiunque per confermarsi nell’opinione che questi arabi-musulmani sono incapaci di democrazia e non la meritano, e che devono essere dunque consegnati a esperti carcerieri perché possano tranquillizzare l’Occidente, a prescindere da qualunque principio morale”.

 

Intanto le famiglie di Homs, che chiedono l’intervento delle organizzazioni umanitarie, hanno lanciato un appello: ‘Salvateci, abbiamo fame’, in quanto per i circa 800 civili (metà musulmani sunniti, metà cristiani) intrappolati nel centro storico di Homs la situazione peggiora vistosamente: secondo fonti dell’Agenzia Fides “le famiglie non hanno più cibo, nessun approvvigionamento è stato possibile da giorni, non ci sono medicine, rischiano di morire di fame. Ci sono anziani e bambini in condizioni critiche, urge un intervento umanitario”.

 

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