Sant’Anna di Stazzema, per non dimenticare

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Nell’agosto del 1944, quando l’Europa e il mondo erano scossi dagli ultimi avvenimenti della seconda guerra mondiale, in un paesino situato sui colli della Versilia, i generali tedeschi furono artefici di una delle più grandi stragi da loro compiute. Quel giorno è ricordato da tutti come il giorno dell’Eccidio: 560 persone furono uccise e successivamente bruciate; uomini – soprattutto anziani -, donne e bambini, che cercavano rifugio dalle squadre nazi-fasciste concentrate sul territorio lucchese.

A più di sessant’anni dalla strage è giusto ricordare quei momenti che hanno visto cadere vittime degli innocenti. Il 12 Agosto ’44 a Sant’Anna di Stazzema, piccola località tra Pietrasanta e Camaiore, arrivano le quattro compagnie di SS tedesche del secondo Battaglione, la quinta, la sesta, le settima e l’ottava. I militari spararono a tutti gli abitanti del posto e ai rifugiati che cercavano un riparo; alcuni furono uccisi nelle proprie abitazioni, altri portati in strada e freddati con colpi di pistola alla testa. E’ molto probabile che i tedeschi siano stati accompagnati da alcuni collaborazionisti italiani: dei testimoni, subito dopo la fine della guerra, riferirono che alcune persone che accompagnavano i tedeschi (debitamente incappucciate per non essere riconoscibili), non solo parlavano italiano, ma si esprimevano in dialetto. E’ dunque grazie ad una soffiata che le SS fecero razzia di vite umane.

Oggi chi si reca a Sant’Anna può ancora respirare l’odore della strage: nel minuscolo paese – composto da un piccolissimo agglomerato di case, una chiesa, una piazza e il Museo della Resistenza – il visitatore è invitato ad entrare nella chiesina, sempre aperta. Sulle mura esterne e nell’interno del luogo sacro si trovano delle targhe commemorative che cercano di rievocare in poche frasi la tristezza e l’abbandono vissuto dal paese in quel tremendo 12 Agosto. Una cosa forse colpisce più di altre: il grande poster posto su una delle pareti che ricorda, con delle riproduzioni fotografiche, tutte le persone morte prima di compiere i sedici anni di età. Volti di donne incinte e i bambini del paese sono i protagonisti di questo manifesto, volti sui quali ognuno è richiamato a riflettere sugli orrori della guerra, che costantemente produce vittime.

Una volta, il terreno antistante la chiesa custodiva i resti di alcuni caduti per mano nazista, finché non vennero trasportati sulla vetta del Col di Cava, raggiungibile attraverso un breve percorso in salita che parte dalla chiesa e raggiunge il monumento che celebra le vittime. L’imponente ossario, che avvolge con la sua struttura i 560 corpi sterminati e bruciati dai nazisti, fu progettato da Tito Salvatori, mentre la statua posta su una base di marmo che ricorda un altare sul quale idealmente sono sacrificate le vittime, è opera di Vittorio Gasperetti. La scultura raffigura una donna distesa, con gli occhi spalancati che stringe tra le sue braccia il figlio neonato, ai piedi della donna altri resti umani giacciono inermi. Su uno dei lati del blocco marmoreo si leggono queste parole:

“La Versilia tutta
commemorando i suoi martiri
innalza questo monumento
per esprimere amore e perdono.
E’ la risposta alla folle ira
che si abbattè come folgore
su 560 innocenti”

Solo nel 1994 si poté rendere giustizia ai morti di S. Anna al momento del rinvenimento, nel cosiddetto “Armadio della vergogna”, dei fascicoli in cui erano descritte le diverse stragi perpetuate dalle SS sulle piane lucchesi. Nel 1995 i fascicoli furono trasmessi alla Procura Militare di La Spezia, che dopo accurate indagini portò nel 2003 ad emettere la condanna definitiva ai responsabili superstiti e ultraottantenni che parteciparono alla strage.

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