Papa: pubblicate le risposte ai sacerdoti di Bressanone

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Parte da Sydney la riflessione di Benedetto XVI sulla vita dei sacerdoti che rilegge la storia della teologia degli ultimi 30 anni. La Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicato oggi la trascrizione del colloquio di un’ora che il papa ha tenuto con i sacerdoti a Bressanone mercoledì scorso a porte chiuse. Dopo la prima sintesi di Padre Federico Lombardi oggi il ragionamento del professor Ratzinger appare in tutta la sua ampiezza e profondità a partire dal primo tema. Come portare i doni dello Spirito nella Chiesa di oggi?, chiede un seminarista che ha vissuto la Gmg.

 “Direi semplicemente: nessuno può dare quello che non possiede personalmente”, risponde il papa, e per ricevere il “soffio dello Spirito” occorre essere in continuo contatto con Dio, lasciare che la giornata sia strutturata come “ un giorno in cui Dio ha sempre accesso a noi: “Se faremo questo, se non saremo troppo pigri, indisciplinati o indolenti, allora ci accadrà qualcosa, allora la giornata prenderà una forma e allora la nostra stessa vita prenderà una forma in essa e questa luce emanerà da noi senza che dobbiamo stare a pensarci troppo o che dobbiamo adottare un modo d’agire – per così dire – “propagandistico”: viene da sé, perché rispecchia il nostro animo.

”Di qui l’essere per il prossimo per essere per noi stessi. Il papa racconta un aneddoto: “Il capo dei Cavalieri dell’ordine di Malta a Roma mi ha raccontato che a Natale è andato con alcuni giovani alla stazione per portare un po’ di Natale alle persone abbandonate. Mentre egli stesso poi stava ritirandosi, ha sentito uno dei giovani dire all’altro: “Questo è più forte della discoteca. Qui è veramente bello, perché posso fare qualcosa per gli altri!”.

Teologia ed estetica per una seconda domanda proposta da un francescano, cui il papa risponde con una riflessione sulla ragionevolezza della fede:”Quando, in questa nostra epoca, discutiamo della ragionevolezza della fede, discutiamo proprio del fatto che la ragione non finisce dove finiscono le scoperte sperimentali, essa non finisce nel positivismo; la teoria dell’evoluzione vede la verità, ma ne vede soltanto metà: non vede che dietro c’è lo Spirito della creazione.”

Emozionante l’ intervento di un sacerdote di 42 anni malato fin dall’ anno della ordinazione. Il tema del valore della sofferenza viene spiegato dal papa attraverso la testimonianza di Giovanni Paolo II :”Ci ha mostrato che la sofferenza non è solo un non, un qualcosa di negativo, la mancanza di qualche cosa, ma è una realtà positiva. Che la sofferenza accettata nell’amore di Cristo, nell’amore di Dio e degli altri è una forza redentrice, una forza dell’amore e non meno potente che i grandi atti che aveva fatto nella prima parte del suo Pontificato.”

Una critica a certa moda teologica che ignora il tema della Creazione arriva dal papa in risposta alla domanda di un professore di teologia morale. Benedetto XVI indica come modello di rapporto tra il cristiano e il creato il monastero, oasi della creazione ed aggiunge: ”Io credo che sia proprio questo che noi oggi possiamo constatare come realtà: il creato geme – lo percepiamo, quasi lo sentiamo – e attende persone umane che lo guardino a partire da Dio. Il consumo brutale della creazione inizia dove non c’è Dio, dove la materia è ormai soltanto materiale per noi, dove noi stessi siamo le ultime istanze, dove l’insieme è semplicemente proprietà nostra e lo consumiamo solo per noi stessi. E lo spreco della creazione inizia dove non riconosciamo più alcuna istanza sopra di noi, ma vediamo soltanto noi stessi; inizia dove non esiste più alcuna dimensione della vita al di là della morte, dove in questa vita dobbiamo accaparrarci il tutto e possedere la vita nella massima intensità possibile, dove dobbiamo possedere tutto ciò che è possibile possedere”. Per questo, occorre presentare la fede in pubblico e proporre un nuovo stile di vita, conclude il papa.

Al sacerdote che cura due parrocchie e chiede come affrontare incarichi troppo onerosi, o se è possibile pensare ai viri probati e come far collaborare le donne, il papa risponde: “Nessuno ha la ricetta pronta, stiamo cercando tutti insieme”. E aggiunge che il sacerdote rimane insostituibile ed è per tutti. “Da un lato, siamo consegnati al Signore, tolti dal comune, ma, dall’altro, siamo consegnati a Lui perché in questo modo possiamo appartenergli totalmente e totalmente appartenere agli altri”. Per questo il sacerdote ha bisogno di stare al meno un’ora al giorno con Dio nella preghiera e imparare a delegare: ”Io ho l’impressione che la gente lo capisce e che anche lo apprezza, quando un sacerdote sta con Dio, quando bada al suo incarico di essere colui che prega per gli altri: Noi – dicono – non siamo capaci di pregare tanto, tu devi farlo per me, in fondo, è il tuo mestiere, per così dire, essere quello che prega per noi”.

L’ultima domanda, di un parroco ed insegnate di teologia, è sulla partecipazione alla Eucarestia domenicale dei ragazzi appena cresimati: i sacramenti vanno amministrati solo a chi si impegna veramente? Il papa risponde: “I Sacramenti sono naturalmente Sacramenti della fede: dove non ci fosse nessun elemento di fede, dove la Prima Comunione fosse soltanto una festa con un grande pranzo, bei vestiti, bei doni, allora non sarebbe più un Sacramento della fede. Ma, dall’altra parte, se possiamo vedere ancora una piccola fiamma di desiderio della comunione nella Chiesa, un desiderio anche di questi bambini che vogliono entrare in comunione con Gesù, mi sembra che sia giusto essere piuttosto larghi”. E ha concluso: “Il senso proprio della catechesi, infatti, dovrebbe essere questo: portare la fiamma dell’amore di Gesù, anche se piccola, ai cuori dei bambini e tramite i bambini ai loro genitori, aprendo così di nuovo i luoghi della fede nel nostro tempo.

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