Good luck Beijing!

Pechino. Il 2008, l’anno del topo, doveva essere un anno fortunato per la Cina e per chi come i cinesi, superstiziosissimi, crede in quello che il numero otto porta con se, prosperità. Tutto è stato organizzato con questo criterio: Pechino aveva accuratamente evitato la candidatura per le olimpiadi del 2004, numero che qui porta male. Per l’evento olimpico la Cina aveva scelto il 2008 e organizzato di conseguenza tutto sotto questa cifra, l’inizio dei giochi è fissato per l’8 agosto (ottavo mese) alle 8 di sera. Ma l’essere superstiziosi a volte non ripaga come si vorrebbe.

L’anno magico è cominciato con una catastrofe naturale senza precedenti, a febbraio una serie di nevicate e un’ondata di freddo hanno messo in ginocchio il sud della Cina, dove molte abitazioni sono senza riscaldamento. E’ successo durante una delle più famose ed importanti ricorrenze cinesi: la festa di primavera (o capodanno cinese). Le eccezionali nevicate hanno provocato caos e lasciato milioni di passeggeri fermi nelle stazioni e negli aeroporti, autostrade bloccate dal ghiaccio e blackout in regioni grandi come Francia e Spagna messe assieme.
A marzo il disastro era solo più un ricordo e il governo appena rieletto doveva far fronte alla protesta tibetana, in vista della celebrazione dell’occupazione cinese del 1959. Solo quando i dirigenti cinesi hanno lasciato Lhasa, pensando che la situazione fosse sotto controllo, gli scontri sono diventati durissimi con morti e feriti: gli agenti, senza ordini precisi, hanno risposto alla protesta tibetana secondo regole imposte dalla sopravvivenza e dalla paura, rimanendo basiti mentre i rivoltosi prendevano d’assalto negozi e palazzi simbolo della presenza cinese in Tibet, dando vita ad una rara esplosione di violenza.
Il mese successivo è stato caratterizzato da passione e odio: le proteste hanno riacceso la solidarietà internazionale nei confronti dei tibetani, monaci e non, oppressi “dall’occupazione cinese”; questa solidarietà ha fatto nascere proteste durante il viaggio internazionale della fiaccola olimpica ed in patria ha scatenato un nazionalismo senza precedenti. Proteste studentesche pro governo ed anti-occidentali, orgoglio nel portare magliette con su scritto “ io amo la Cina”, bandierine cinesi sul tetto delle macchine e boicottaggi contro i grandi marchi stranieri come Carrefour (e i francesi di conseguenza), incolpati di finanziare la protesta tibetana, mentre dal canto suo la multinazionale francese rilascia comunicati dichiarando che tutto il personale lavorativo è cinese e che il 95% della produzione è “made in China”… A chi il danno?
La Cina non ha avuto molto tempo per respirare quando il 12 maggio il terremoto di Wenchuan con le sue decine di migliaia di morti e centinaia di sfollati ha riacceso nuovamente quei sentimenti di amore ed odio assopitisi nei mesi precedenti. Una raccolta fondi senza precedenti, in primis, ha reso i cinesi ancor più orgogliosi di esserlo.
Oggi ci si guarda intorno, i cinesi pensano che non finirà qui. Disastri politici e naturali continueranno a perseguitare quest’anno orribile. Tra gli ottimisti c’è chi dice che tutto questo è una prova di forza a cui la Cina ed i cinesi devono sottostare per crescere ed affrontare meglio i problemi del futuro, le Olimpiadi per prime. Dopo tutto quello che è successo saranno i giochi a tener unito il popolo cinese e mostrare agli occhi del mondo che il dragone rosso si è risvegliato più vivo che mai e pretende un posto d’onore in questo nuovo millennio. Sarà veramente un anno fortunato? Good luck Beijing!