La piccola libreria cristiana in terra talebana
A Saddar, una delle zone più affollate e caotiche dell’ex capitale del Pakistan, c’è una piccola libreria cristiana gestita dalle Figlie di San Paolo. «Vendere Bibbie, catechismi e soprattutto audiovisivi in un quartiere come questo è pericolosissimo» spiega ad Aiuto alla Chiesa che Soffre Suor Daniela Baronchelli, 80 anni, fondatrice della prima comunità delle Paoline in Pakistan. I talebani accusano le suore di possedere materiali proibiti dal Corano, tra cui filmati e immagini dei profeti, e fanno circolare per tutto il vicinato dei biglietti minatori con scritto: «o chiudete o morirete». «Ciò che ci dicono è tremendo, ma noi continuiamo con pace e amore la nostra missione – afferma la religiosa nata a Brescia – Siamo coscienti del rischio che corriamo, ma è un rischio che si estende a tutta la cristianità. Perché oggi, in Pakistan, possiamo parlare apertamente di persecuzione».
Nel 2005 la polizia ha effettuato un raid nella libreria, dopo che sul quotidiano nazionale «Nawa-I-Waqt» degli estremisti locali avevano accusato i cristiani di vendere CD contenenti caricature della morte di Maometto. Alcuni leader musulmani avevano perfino emesso una fatwa – verdetto di condanna – contro i filmati e chiesto l’apertura di una causa per blasfemia. «Ci hanno sequestrato tutto e hanno trattenuto il nostro commesso per un giorno intero» riferisce Suor Daniela. Da allora il governo ha posto una guardia davanti al negozio, che però finisce per attirare ulteriormente l’attenzione. Il bookshop dispone di numerosi testi di religione, rosari, catechismi in urdu e in inglese ed è l’unico centro di distribuzione della Bibbia cattolica. «Una grande gioia per noi che siamo le suore della Bibbia, le postine di Dio». Purtroppo però le enormi difficoltà economiche rendono proibitivo per i fedeli perfino l’acquisto di un semplice libro. «La povertà qui sta diventando miseria. I cristiani non trovano lavoro perché discriminati e le famiglie non hanno neanche i soldi per comprare da mangiare o per mandare i figli a scuola». Il contributo di Aiuto alla Chiesa che Soffre ha permesso alle suore di vendere le Bibbie a sole 10 rupie (8 centesimi di euro).
«Sono in Pakistan da 30 anni – dice la religiosa bresciana – e da altrettanto collaboro con ACS. Grazie al suo prezioso aiuto possiamo sostenere la forte fede dei cristiani pachistani e abbiamo raggiunto tanti bambini e tante famiglie». La libreria, però, non è l’unico impegno di Suor Daniela e delle sue quattro consorelle pachistane che raggiungono le parrocchie delle diverse basti – le grandi periferie di Karachi – per insegnare il catechismo ai bambini e spiegare alle mamme l’importanza di educare i propri figli alla fede. «Ammiro molto queste donne. Sono mamme dal cuore grande e con una capacità di soffrire inimmaginabile». Con i parroci le Paoline raccolgono anche aiuti per le famiglie più povere e numerose. «Non possono farcela da soli, alcuni hanno addirittura 12 figli – esclama – Ma i sorrisi più grandi li ricevo quando dico che in Italia c’è chi prega per loro. Allora sanno di essere amati, non solo perseguitati». Per maggiore sicurezza, le suore vestono alla pachistana: un tipico abito shalwar kameez celeste e uno scialle bianco, la dupatta, che per strada usano per coprire il capo.
«In realtà tutti sanno chi siamo» precisa Suor Daniela che racconta ad ACS di quel giorno al mercato di Saddar in cui non si era accorta che la sua croce sporgesse dal vestito. «Fortunatamente un musulmano che mi conosceva mi ha avvertita subito dicendomi “state attenta sorella, per voi quella croce è una testimonianza, ma dalla mia gente è vista come un’accusa”. E’ vero qui non si scherza. Una parola può essere ritenuta una bestemmia. E una bestemmia è causa di morte».
Foto ©Magdalena Wolnik