Quando le foto comunicano la Chiesa

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Giovanni Paolo II ferito sul letto d’ospedale al Gemelli dopo l’attentato del 13 maggio 1981; in piedi sulla porta della Casa degli Schiavi a Gorée in Senegal nel febbraio del 1992*; a passi incerti e con il bastone verso il Muro del Pianto a Gerusalemme nel marzo del 2000. Tre immagini, tra le centinaia di milioni disponibili, di uno dei Pontificati più mediatici degli ultimi lustri. Tre icone che hanno parlato, più di tante parole, del rapporto della Chiesa e dei suoi Pastori con la sofferenza, con l’ansia di libertà degli uomini e dei popoli, e del legame particolare con gli ebrei. E’ articolata la relazione che unisce il fotogiornalismo religioso alle vicende dei Papi e della Chiesa del ‘900, un secolo in cui la macchina fotografica ha accompagnato la penna di tanti giornalisti, i “vaticanisti”, nel raccontare la quotidianità della vita ecclesiale e nel portarla all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale. Ed è quanto mai opportuna l’inclusione di questo strumento informativo all’interno del documentato volume “Giornalismo e Religione. Storia, Metodo e Testi”, saggio storico e antologia sugli oltre sessant’anni di informazione religiosa, curato da Giuseppe Costa, Giuseppe Merola e Luca Caruso per la Libreria Editrice Vaticana.

Ai fotogiornalisti, cronisti dell’immediato e storici dell’istante, e al loro lavoro minuzioso di ricerca e di raccolta, è dedicato il saggio di Giovanni Chiaramonte, fotografo e docente di Storia e teoria della fotografia alla Libera Università di Lingue e Comunicazione di Milano, che ripercorre con ricchezza di particolari le vicende storiche della nascita e dell’evoluzione della documentazione per immagini e del suo rapporto con i fatti religiosi. Il fotogiornalismo praticato oggi, che trova il suo momento di massimo riscontro internazionale nell’annuale World Press Photo, nasce in Germania dopo il primo conflitto mondiale, nel momento in cui una generazione di giovani fotoreporter si confronta con l’evoluzione delle macchine di riproduzione. Chiaramonte individua in uno di essi, l’ungherese André Kertesz, l’iniziatore della dimensione religiosa nell’arte fotografica, con un servizio realizzato nel 1929 nel monastero trappista di Soligny. A lui si affiancano i nomi di Harald Lechenperg, che realizza un reportage sulla chiesa cattolica indiana a Goa, e di Roman Vishniac, che fotografa la vita e i costumi delle comunità ebraiche itineranti in Europa a seguito dei diktat nazisti e delle deportazioni interne in Unione Sovietica. Esperienze tuttavia isolate, che non danno luogo ad un “continuum” di attenzione e di approfondimento al fenomeno religioso di massa, come testimonia anche l’esperienza del settimanale americano Life, che dedicherà l’unico fotoreportage sulla fede come esperienza di vita al lebbrosario di Albert Schweizer a Lambaréné, a firma di Eugene Smith.

E’ l’ascesa al soglio pontificio di Angelo Giuseppe Roncalli con la sua carica di umanità che si contrappone alla ieraticità di Pio XII a imporre un cambiamento radicale di interesse nei riguardi del fenomeno religioso e sulla presenza della Chiesa nel mondo. Le immagini del Concilio Vaticano II, con i circa 2500 fra cardinali, vescovi e patriarchi che entrano in San Pietro seguiti da Giovanni XXIII raccontano al mondo il desiderio di iniziare un nuovo racconto visivo della forza rinnovatrice dell’evento religioso. Con Paolo VI, i papi fanno del peregrinare per il pianeta un elemento fondante del loro ministero apostolico. Ed è con Giovanni Paolo II, messaggero instancabile nel mondo di speranza universale, che il rapporto tra fotogiornalismo religioso e papato trova una sua compiutezza e un dialogo innovatore dopo la rapida parentesi di Giovanni Paolo I. Il papa polacco rompe gli schemi, viene fotografato in pubblico e in privato, nei momenti di gioia e in quelli di dolore. Le foto del pontefice con i copricapo più originali, dal cappello degli alpini al sombrero messicano, che abbraccia i bambini e scherza con gli animali, che passeggia sulle Alpi o transita dolorosamente sulla papamobile, fanno il giro del mondo.

E rilanciano i grandi nomi del fotogiornalismo religioso, da Pepi Merisio ad Arturo Mari, riorganizzatore del Servizio fotografico dell’Osservatore Romano, dai fotocronisti dell’Archivio fotografico dell’Ansa (tra essi, Maurizio Brambatti, Alessandro Di Meo, Ettore Ferrari, Claudio Onorati, Claudio Peri) a Giancarlo Giuliani (e alle sue figlie), da Grzegorz Galazka a Romano Siciliani a Carla Morselli, dei quali il volume riporta, a loro omaggio, svariati scatti significativi precisando la non esaustività nella selezione degli autori. Autori che allargano il loro sguardo anche alle altre dimensioni della vita religiosa: ed ecco apparire ampi reportage sui pellegrinaggi nei grandi santuari internazionali come Lourdes, Fatima, Loreto, sulle grandi adunate del mondo cattolico (il Giubileo del 2000, le Gmg di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, gli Incontri mondiali delle Famiglie, i Congressi Eucaristici Internazionali) fino ad introdurre la macchina fotografica in spazi sacri poco adusi ad essere ripresi, come il Monte Athos, la Certosa di Serra San Bruno e il Sacro Eremo di Camaldoli, come fa con grande rispetto lo spagnolo Fernando Moleres in book fotografici di rara bellezza.

Nomi di punta, questi maestri, di una schiera ben più numerosa di fotocronisti, per lo più non noti al grande pubblico, che continuano a raccontare oggi la Chiesa di Benedetto XVI, il suo rapporto con il mondo e la dinamica delle altre fedi e confessioni religiose, offrendo il loro contributo alla diffusione e alla comprensione di un fenomeno universale.

*Nella foto: Giovanni Paolo II nella porta della Maison des esclaves (Casa degli schiavi) che affaccia sul mare, all’Isola di Gorée in Senegal, 22 febbraio 1992 (Foto di Giancarlo Giuliani/Catholic Press Photo).

 

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