Il meeting di Rimini ricorda Aleksandr Solženicyn

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“E’ scomparso un padre e la mostra, che da tempo avevamo deciso di dedicargli al Meeting speriamo sia più che un tributo ad un grande testimone e gigante della letteratura mondiale”: così Adriano Dell’Asta, Docente di Lingua e Letteratura Russa all’Università Cattolica Sacro Cuore di Milano e Brescia, commenta la notizia della morte di Solženicyn, a cui proprio quest’anno il Meeting e la Fondazione Russia Cristiana, in collaborazione con la Fondazione Solženicyn di Mosca, avevano deciso di dedicare una mostra.

Un’attenzione al popolo russo e al dissenso contro l’ideologia che è nelle corde del Meeting sin dall’inizio. E’ nel 1980 che intervengono a Rimini i primi dissidenti russi: Vladimir Bukovskj e Tatiana Goritcheva. “La storia di Aleksandr Solženicyn – continua Dell’Asta – è il simbolo della lotta che da sempre si ingaggia tra ogni ‘io’ umano che prenda coscienza di sé, della propria irriducibile identità personale e di popolo, e il ‘male anonimo’ che vorrebbe svuotarlo della sua libertà e responsabilità. È questo il messaggio centrale che ci viene da Arcipelago GULAG, un libro centrato sulla memoria, concepito e scritto come testimonianza gigantesca, corale dei destini di un intero popolo”.

‘Vivere senza menzogna’ è il titolo dell’esposizione, perché “un vivere senza menzogna – conclude Dell’Asta – che Solženicyn aveva riscoperto per sé nel lager, e che lancia come una sfida alla sua gente (in uno scritto che vede la luce nel 1973, all’indomani del suo arresto, quando il KGB scopre il dattiloscritto di Arcipelago GULAG). Non è un proclama etico, ma l’esigenza umana insopprimibile di essere se stessi, di vivere da uomini, ‘assumendo finalmente la propria posizione congenita’, legata alla dimensione e al desiderio infinito del cuore umano che si rivelano in maniera indiscutibile là dove l’uomo patisce la suprema negazione”. La mostra, che presenta materiali fotografici inediti, audiovisivi, autografi gentilmente messi a disposizione dalla Fondazione Solženicyn, si organizza in due sezioni principali: la prima, di carattere storico-biografico, ripercorre la storia personale di Solženicyn e quella del popolo russo; la seconda attinge dai grandi romanzi dello scrittore (da Una giornata di Ivan Denisovič a La casa di Matrjona a Primo cerchio e a Divisione cancro).

Anche lo slavista Vittorio Strada ricorda la pessima accoglienza italiana ad ‘Arcipelago Gulag’: “A Parigi l’opera provocò un movimento dirompente, sia nell’élite culturale sia nel grande pubblico: negli anni Settanta del Novecento liberò molte menti ancora prigioniere dell’ideologia comunista. Da noi, l’egemonia culturale del Pci era più sottile e penetrante, tanto che la sottovalutazione o addirittura il rifiuto della sua denuncia avvenne anche da parte di personalità che dal partito si erano staccate, come accadde per il gruppo del manifesto. Prevalse il pregiudizio favorevole al marxismo- leninismo, che l’opera di Solgenitsyn metteva sul banco degli imputati. Anzi, non furono pochi coloro che lo accusarono di nostalgie zariste, quando non fasciste, e gli rimproverarono posizioni reazionarie e antisemite”.

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