Il Papa a Milano: “I politici di oggi guardino ad Ambrogio. E si facciano amare”

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Ripartire, dunque, da “alcuni principi che Ambrogio seguiva e che sono tuttora preziosi per quanto riguarda la cosa pubblica”. A cominciare dal passaggio al commento del Vangelo di Luca, in cui Ambrogio scrive che “l’istituzione del potere deriva così bene da Dio, che colui che lo esercita è lui stesso ministro di Dio”. Vero, dice il Papa, sono parole che possono sembrare strane agli uomini del terzo millennio. Ma “indicavano la verità centrale sulla persona umana”, e cioè che “nessun potere può considerarsi divino, quindi nessun uomo è padrone di un altro uomo”. Anche Ambrogio lo ricorda all’imperatore, quando gli scrive: “Anche tu, augusto imperatore, sei solo un uomo”.

Da Ambrogio si riprendono le qualità di chi governa: la giustizia, “virtù pubblica per eccellenza, perché riguarda il bene della comunità intera”, e che però non basta, e deve essere accompagnata dall’amore per la libertà, un elemento che Ambrogio – ricorda il Papa – utilizzava per distinguere i governanti buoni e quelli cattivi. “I buoni – scriveva Ambrogio in una epistola – amano la libertà, i reprobi amano la servitù”. Chiosa il Papa: “La libertà non è un privilegio per alcuni, ma un diritto per tutti, un diritto prezioso che il potere civile deve garantire”.

È un elemento della laicità dello Stato, la necessità di “assicurare la libertà affinché tutti possano proporre la loro visione della vita comune, sempre nel rispetto dell’altro e nel contesto delle leggi che mirano al bene di tutti”. Superato lo Stato confessionale, Benedetto XVI ricorda che le leggi devono trovare una giustificazione e forza nella legge naturale, perché lì è il fondamento di un ordine “adeguato alla dignità della persona umana”, mentre dalla concezione positivista “non possono derivare indicazioni che siano, in qualche modo di carattere etico”.

Il Papa sviluppa qui l’idea dello Stato a servizio e a tutela della persona e del suo “ben essere”. Un ben essere nel quale si include “il diritto alla vita, cui non può mai essere consentita la deliberata soppressione”; un benessere che riguarda anche il riconoscimento “dell’identità propria della famiglia, fondata sul matrimonio e  aperta alla vita”; un benessere che riguarda “la libera educazione e la formazione dei figli” (è il dibattito sulle scuole paritarie e sulla possibilità per tutte le famiglie di accedervi).

È per questo – dice Benedetto XVI – che Stato e Chiesa devono collaborare “non per una confusione delle finalità e dei ruoli diversi e distinti”, ma per l’apporto che la Chiesa “ha offerto e tuttora può offrire alla società con la sua esperienza, la sua dottrina, la tradizione, le sue istituzioni e le sue opere con cui si è posta al servizio del popolo”. E ricorda i santi della carità, della scuola e della cultura; del lavoro fatto nella cura degli infermi e degli emarginati. È cultura cristiana, che “continua a dare frutti”, e si vede nell’operosità dei cristiani lombardi. Non è una supplenza, ma è “gratuita sovrabbondanza della carità di Cristo”. Ed è di gratuita che c’è bisogno oggi, oltre a “coraggiose scelte tecnico politiche”, mentre il mondo attraversa una crisi economica senza precedenti.  E ritorna ad Ambrogio. Che aveva chiesto, a quanti vogliono collaborare al governo e all’amministrazione pubblica, di farsi amore.

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