Il Papa alla Scala di Milano: siamo in cerca di un Dio vicino
Nel tempio della musica, il Papa offre a Milano e al mondo una delle più belle riflessioni sul significato della sofferenza e tramuta la poesia illuminista di Schiller in una preghiera cristiana. La serata è dedicata ai terremotati dell’ Emilia e Benedetto XVI ne parla con commozione. “Su questo concerto- dice- che doveva essere una festa gioiosa in occasione di questo incontro di persone provenienti da quasi tutte le nazioni del mondo, vi è l’ombra del sisma che ha portato grande sofferenza su tanti abitanti del nostro Paese.” Niente scintille, niente scintille divine dell’Elisio come dice il poeta tedesco. “Non siamo ebbri di fuoco- dice Benedetto XVI- ma piuttosto paralizzati dal dolore per così tanta e incomprensibile distruzione che è costata vite umane, che ha tolto casa e dimora a tanti.”
E le domande del Papa si svolgono sulle rime del poeta: “Anche l’ipotesi che sopra il cielo stellato deve abitare un buon padre, ci pare discutibile. Il buon padre è solo sopra il cielo stellato? La sua bontà non arriva giù fino a noi? Noi cerchiamo un Dio che non troneggia a distanza, ma entra nella nostra vita e nella nostra sofferenza.” Dalla fratellanza universale ebbra di idealismo il Papa passa a quella cristiana: “Non abbiamo bisogno di un discorso irreale di un Dio lontano e di una fratellanza non impegnativa. Siamo in cerca del Dio vicino. Cerchiamo una fraternità che, in mezzo alle sofferenze, sostiene l’altro e così aiuta ad andare avanti.” É un invito alla adorazione eucaristica che si apre dopo il concerto ed è dedicata alla sofferenza degli emiliani.
“ Al Dio che soffre con noi e per noi- dice Benedetto XVI- e così ha reso gli uomini e le donne capaci di condividere la sofferenza dell’altro e di trasformarla in amore. Proprio a ciò ci sentiamo chiamati da questo concerto.” Quasi un minuto di standing ovation aveva accolto il Papa al suo arrivo nel teatrolirico più famoso del mondo gremito in tutti gli ordini di palchi. Il Sovrintendente Stephan Lissner prima del concerto ha ricordato le famiglie terremotate “ il cui primo pensiero oggi è tornare a vivere e lavorare”. Poi 70 minuti di musica, la nona sinfonia di Beethoven l’Inno alla Gioia diretto dal maestro Daniel Baremboin. Il Papa aveva voluto ricordare anche che la riapertura della Scala nel 1946 “fu un segno di speranza per la ripresa della vita dell’intera Città dopo le distruzioni della Guerra.” Parla della musica di Beethoven il Papa, della sua gioia, non propriamente cristiana, certo, ma una gioia “della fraterna convivenza dei popoli, della vittoria sull’egoismo, ed è il desiderio che il cammino dell’umanità sia segnato dall’amore, quasi un invito che rivolge a tutti al di là di ogni barriera e convinzione.”
Questa sinfonia, conclude il Papa “ci permette di lanciare un messaggio con la musica che affermi il valore fondamentale della solidarietà, della fraternità e della pace. E mi pare che questo messaggio sia prezioso anche per la famiglia, perché è in famiglia che si sperimenta per la prima volta come la persona umana non sia creata per vivere chiusa in se stessa, ma in relazione con gli altri; è in famiglia che si comprende come la realizzazione di sé non sta nel mettersi al centro, guidati dall’egoismo, ma nel donarsi; è in famiglia che si inizia ad accendere nel cuore la luce della pace perché illumini questo nostro mondo.”
Il Papa dopo il concerto è rientrato in arcivescovado ma in tanti si sono recati alle veglie di adorazione del VII Incontro mondiale delle famiglie dove si raccolgono offerte per le popolazioni terremotate. Alla Veglia nel duomo di Milano, guidata dal card. Ennio Antonelli presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, partecipano i vescovi delle zone più colpite dal sisma.