Il reportage. Siria: l’Anno Paolino e la sfida delle religioni
Damasco, l’Anno Paolino si celebra anche qui, insieme ai musulmani e senza gli ebrei. La capitale siriana, oggi araba e islamica, è stata la culla del cristianesimo, la città dove l’Apostolo delle Genti è rimasto folgorato dall’amore di Dio. Oggi il dialogo è un preciso progetto politico. Tra i cristiani, minoranza frastagliata tra fedi e chiese, gli islamici maggioranza apparentemente tollerante, e i circa 30 ebrei rimasti dopo persecuzioni ed esodi, vige un regime di convivenza dettata dall’abitudine.
Ma i venti del fondamentalismo spirano anche qui nonostante la volontà del governo autoritario di Assad di “tenersi fuori” e cercare una mediazione tra occidente e mondo islamico. Per conoscere la Siria, quella del deserto, delle montagne, dei grandi siti archeologici , ci vorrebbero anni, ma in tre giorni una agguerita delegazione di vaticanisti, ospiti del Ministero del Turismo e dell’Opera Romana Pellegrinaggi, ha voluto comunque saperne di più.
Dalla città antica, reticolo disordinato, pittoresco e confuso di strade, chiese, mosche e un tempo sinagoghe, fino alle sedi istituzionali, attraverso gli stradoni di tipo sovietico addobbati di faccioni del presidente, Damasco si presenta come una città senza nulla di speciale per i cristiani se non i ricordi. E se nella Moschea degli Omayyadi si venera la testa di Giovanni il Battista e le donne velate di nero fanno il segno della croce, la cosiddetta Casa di Anania in effetti sembra un costruzione del tempo dei crociati. Il quartiere ebraico è abbandonato e nessuno sembra voler parlare di ebrei e quasi quasi Paolo è considerato un arabo, al limite un romano. Eppure se ci si allontana qualche chilometro da Damasco, lo spirito paolino si trova davvero, tra le montagne dell’Antilibano non lontano da un confine di guerra, in luoghi come il monastero di Deri Mar Musa.
“Incontrando la Siria religiosamente plurale certamente si possono aprire le finestre del cervello e anche qualcuna del cuore, ma non è detto che si smetta di essere leghisti!”. Padre Paolo lo dice ridendo. E’ una sfida quella di essere cristiani in Siria, non perché manchi la libertà di esserlo, ma perché i cristiani sono pochi, pochissimi. Paolo Dall’Oglio è un gesuita ma anche un monaco. Un gigante con una voce da profeta che ti viene incontro con un opuscolo e un sorriso. Vive ad 80 chilometri a nord di Damasco nel “laboratorio ” monastico che ha fatto rinascere nei primi anni ’90: Deir Mar Musa. Un monastero del VI secolo dedicato al santo Mosè l’Abissino, ricostruito, distrutto, decorato e abbandonato nei secoli a 1320 metri sul livello del mare. Un luogo di devozione che ha iniziato una nuova vita cristiana in perfetto stile siriano, mescolando culture e fedi. È un esempio per tutti, soprattutto per gli occidentali che cercano di immergersi nel profondo del mare delle religioni.
Dal suo eremo frequentatissimo di pellegrini, Padre Paolo, che si è innamorato della Siria negli anni 80, osserva e tiene le pubbliche relazioni per quel milione e mezzo di cristiani dispersi in mezzo ai musulmani, divisi in decine di denominazione orientali che si confondono fino ad essere uguali. Non è un problema di ecumenismo. Il dialogo vero, quello teologico, non c’è tra le Chiese di Damasco: si vive insieme e basta. “Quella siriana è una piccola Chiesa plurale come quella dei tempi di San Paolo in un contesto non cristiano”, spiega Padre Paolo. L’apostolo persecutore dei cristiani che a Damasco vede la luce e si converte sembra essere il simbolo dei cristiani della Siria. Quest’ anno la Chiesa cattolica gli dedica un intero anno santo e a Damasco le celebrazioni si moltiplicano.
I cattolici sono solo il 2 per cento della popolazione e nel 2006 hanno visto approvata dal governo una legge speciale che accoglie le indicazioni del diritto canonico in materia di diritti civili. Una legge che ha trovato difficoltà di applicazione ma che ha ribadito i diritti della comunità. Il presidente-dentista Assad tiene molto alle minoranze. Sono il passaporto per essere accettato dall’occidente. Per questo nella legge per i cattolici si superano barriere come la adozione, proibita dalla sharia, le norme sulla eredità per le donne e i diritti dei tribunali ecclesiatici, anche se poi la applicazione non è sempre facile. “Guardando la città fuori dalla finestra mi dico, infondo la Chiesa di Damasco è una piccola minoranza, passata per un attimo nella condizione di maggioranza al potere in epoca bizantina, poi tornata minoranza e oggi è sempre più piccola.” Padre Paolo non parla mai di politica, economia e sociologia. Per lui esiste solo la convivenza della preghiera. I luoghi sacri per i cristiani spesso lo sono anche per i musulmani, come il Monastero di Seidnaya.
Le monache ortodosse velate di nero si confondono con le donne islamiche che vengono a chiedere grazie. Ci si tolgono le scarpe per entrare nel punto più santo del complesso, si entra nel buio fumoso delle candele e dell’ incenso e ognuno prega come sa. E’ un luogo dedicato a Maria e le donne vengono a farsi benedire nelle feste. Per grazia ricevuta qualche musulmana chiede addirittura il battesimo cristiano per il figlio che poi pratica l’islam per tutta la vita. “Una esperienza che i cristiani occidentali possono venire a fare in Siria, dice Padre Paolo con passione, è di ritrovare una Chiesa lievito, di piccole comunità in una maggioranza che non è maledetta. La priorità delle priorità è la riscoperta del significato assoluto e non strumentale della vita spirituale, della vita di preghiera” spiega “l’antica vita monastica orientale è elemento essenziale dell’anima cristiana ed anche del mondo culturale, simbolico e mistico dell’Islam”.
A Deir Mar Musa è nata anche una biblioteca specializzata in “discipline ponte”, impegnate nell’intelligenza del fenomeno religioso, come l’antropologia, la filosofia la psicologia, la sociologia. Uno dei problemi più gravi da affrontare in Sira è proprio quello dell’ educazione, e in questo le comunità cristiana, e specialmente cattoliche, hanno molto da offrire. Anche per questo i cristiani in Siria vivono ancora bene;fino a quando la Siria cercherà di essere laica, fino a quando il regime di Assad considererà importante difendere le minoranze, e fino a quando la convivenza non sarà inquinata dalla politica.