Giovanni, carabiniere e futuro diacono: la vita è una missione

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“La volontà di lavorare per il Signore mi sprona ogni giorno”: così inizia la chiacchierata con Giovanni, un maresciallo dei carabinieri al comando in una cittadina della cintura torinese, già ministro straordinario dell’Eucaristia che a settembre inizierà il cammino di formazione per diventare diacono. “Sento che è il giusto passo da compiere, una decisione maturata naturalmente – spiega il 43enne, sposato e padre di tre figli – Desidero che tutta la mia vita sia una missione, anche oltre il lavoro”.

A maggio è stato nominato cavaliere dell’Ordine delle Sentinelle Sancta Fides della Pietà del Pellicano, un antico ordine monastico cavalleresco che oggi raduna sia laici sia ecclesiastici ed è articolato in 99 ordini: “Il pellicano è l’animale che quando non riesce a trovare da mangiare per i propri figli si spiuma e dà da mangiare se stesso: questo è il significato profondo del nostro ordine, il sacrificio e il mettersi a disposizione di chi ha più bisogno” tratteggia Giovanni, insignito con la croce al merito già quattro anni fa.

L’ordine Sancta Fides si fa risalire alla spiritualità e alle tradizioni cavalleresche dei Monaci Cavalieri del Tempio o Poveri Cavalieri di Cristo: l’Ordine dei Cavalieri del Tempio (da qui, il termine templari) è stato fondato nel 1118 a Gerusalemme, non solo per difesa del Tempio ma, soprattutto, per la ricerca della universale Verità Cristiana, per lo scambio culturale e per dare sostanza alla carità (www.pietapellicano.net).

Perché diventare cavaliere templare oggi? “Credo che nei prossimi anni il ruolo delle sentinelle sarà molto utile perché ci saranno sempre più chiese che rischiano di essere trascurate – evidenzia Giovanni – La chiesa è il luogo dove i fedeli possono radunarsi e condividere la fede, ma con il tempo la missione si è estesa ai campi umanitari andando un po’ al passo con i tempi”. Le Sentinelle della Pietà del Pellicano sono guidate da Adeodato Leopoldo Mancini, vescovo della Chiesa Cattolica Apostolica Assiro Caldea: “C’è molta solidarietà tra i membri; il nostro priore la chiama fratellanza – prosegue Giovanni – Essere ma non apparire è il nostro motto: tutto ciò che facciamo è nel nome del Signore. Ultimamente abbiamo inviato degli aiuti in Birmania”.

Nato a Torino da genitori calabresi trasferitisi dal sud per trovare impiego alla Fiat ben 60 anni fa, dopo essersi diplomato perito elettronico, Giovanni si è arruolato nell’Arma e dopo una giovinezza turbolenta ha scelto di raddrizzare la propria vita: “Ero uno scapestrato senza valori, me ne fregavo di tutto – racconta – Sfidavo sempre gli altri, ma un giorno don Piergiorgio Ferrero ha sfidato me”. Giovanni, con il parroco ed un paio di amici, è andato da Fenestrelle al colle dell’Assietta: quattro ore e mezza di salita.

“Io facevo il gradasso ma alla fine ero stanco morto; il sacerdote invece è arrivato dietro di noi sereno – riprende il carabiniere – Mi chiese cosa provavo e vedevo. Mi sono guardato attorno ed ho risposto che eravamo vicini a Dio”. Quell’esperienza ha segnato la svolta per il giovane che è diventato prima animatore in oratorio e poi degli adulti: “Ritengo che un cristiano sia in continua formazione – aggiunge Giovanni – Io ho terminato da poco il corso per animatore della liturgia”.

Con gli occhi del carabiniere, quali pensi che siano le maggiori necessità per la nostra società? “Gli anziani mi stanno molto a cuore perché è la fascia più soggetta ad essere derubata e truffata; credo che nel nostro Paese le leggi su alcuni tipi di reato siano prese in considerazione troppo poco – sintetizza Giovanni – Diamo magari tre mesi ad uno che rubacchia in un supermercato per fame mentre chi entra in casa di un anziano per prendergli la pensione si trova fuori nel giro di poco: queste differenze non le capisco, ma non decido io; io devo solo prendere i delinquenti. Al di là della compassione che provo, però posso spiegare con tranquillità al magistrato come sono andate le cose perché tragga la conclusione giusta”.

Nell’ultimo anno Giovanni si è dovuto scontrare con un paio di casi di bullismo che per settimane hanno fatto parlare giornali e televisioni: “I ragazzi hanno un grande potenziale, purtroppo noi adulti diamo troppa importanza a cose piccole senza considerare l’essenziale per la loro crescita umana – chiosa Giovanni – I ragazzi fanno marachelle esattamente come cinquant’anni fa, ma ora forse noi adulti siamo troppo presi dall’apparenza e dal materialismo per accorgerci delle loro reali esigenze e dei campanelli d’allarme che lanciano, così a volte la situazione diventa davvero problematica”.

Ascolto è la parola chiave che affiora dalla bocca di questo carabiniere innamorato di Dio, l’attenzione alla Parola caratterizza la sua preghiera: “Talvolta non è semplice ricavare il tempo per pregare e meditare, ma non riesco a pensare di rinunciare a quei minuti, la mattina, per lodare e ringraziare il Signore – afferma sorridendo Giovanni – Nella preghiera trova senso il dedicarsi agli altri e tutto viene ricompensato con la serenità d’animo che dona lo Spirito e la forza che si sente nell’unione famigliare quotidiana”.

La strada continua e a settembre Giovanni inizierà la formazione per il diaconato: “La Chiesa è nata su un falegname, su un pescatore, su gente comunissima. Io mi sento parte di questa Chiesa: i laici e le persone sposate possono contribuire in gran misura alla vita della comunità – conclude – Purtroppo c’è carenza di vocazioni sacerdotali, ma assistiamo anche ad un altro fenomeno: spesso vediamo parroci che rischiano di diventare organizzatori e imprenditori. Diaconi e laici impegnati possono alleggerire il fardello dei parroci perché questi abbiano più tempo ed energie da dedicare ai fedeli e alla direzione spirituale”.

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