Il Papa ai vescovi: “Impegnate la vita per ciò che vale e permane”
“Cari fratelli, il nostro primo, vero e unico compito rimane quello di impegnare la vita per ciò che vale e permane, per ciò che realmente è affidabile, necessario e ultimo”. Benedetto XVI indica ai vescovi italiani, e idealmente a tutti i confratelli delle conferenze episcopali di tutto il mondo, la strada da seguire oggi, mentre Dio per molti è “diventato il grande Sconosciuto” e “Gesù semplicemente un grande personaggio del passato. L’Europa e il mondo vivono prima di tutto una crisi di fede, perché “la razionalità scientifica e la cultura tecnica non soltanto tendono a uniformare il mondo, ma spesso travalicano i rispettivi ambiti specifici”. La fede viene marginalizzata, la fede è in crisi. Ma – ammonisce il Papa – “non ci sarà rilancio dell’azione missionaria senza il rinnovamento della qualità della nostra dede e della nostra preghiera; non saremo in grado di offrire risposte adeguate senza una nuova accoglienza del dono della grazia; non sapremo conquistare gli uomini al Vangelo senza tornare noi stessi per primi ad una profonda esperienza di Dio”.
È da poco passato mezzogiorno quando Benedetto XVI fa visita all’Assemblea Generale dei vescovi italiani. Bagnasco ricorda – come ha già fatto nella prolusione – che tutto lo slancio del Pontificato di Benedetto XVI punta alla fede, che “o vi è, o non c’è nulla”. E Benedetto XVI lo sottolinea, a più riprese. Inizia parlando del Concilio, ricorda come Giovanni XXII impegnasse i padri conciliari a “trasmettere pura e integra la dottrina, senza attenuazioni o travisamenti”, ma in modo nuovo “secondo quanto è richiesto dai tempi”. È questa la lettura del Concilio Vaticano II che il Papa chiede ai vescovi.
Cinquant’anni dall’apertura del Concilio e Anno della Fede: in un solo anno vengono condensati due appuntamenti importantissimi. La richiesta del Papa è quella di ridare slancio nuovo alla catechesi, perché “questa situazione di secolarismo caratterizza soprattutto le società ad antica tradizione cristiana ed erode quel tessuto culturale che, fino a un recente passato, era un riferimento unificante, capace di abbracciare l’intera esistenza umana e di scandirne i momenti più significativi, dalla nascita alla vita eterna”. E, verso la fine del suo discorso, ricorda il primo viaggio di Giovanni Paolo II nella terra natale, quando visitò un quartiere industriale concepito come una “città senza Dio”, dove gli operai – sostenuti dall’allora cardinale Wojtyla – vi eressero prima una croce, poi una Chiesa. “Avete costruito una Chiesa; edificate la vostra vita col Vangelo”, disse Giovanni Paolo II.
L’Occidente affonda nel tessuto cristiano le sue radici. Eppure queste radici – dice il Papa – “non sono comprese nel loro valore più profondo”, si perde di vista l’istanza di verità. Peggio: molti guardano “dubbiosi” alle verità insegnate dalla Chiesa, mentre “altri riducono il Regno di Dio ad alcuni grandi valori che hanno certamente a che vedere con il Vangelo, ma che non riguardano ancora il nucleo centrale della vita cristiana”.
È il punto di tutta la vita di Benedetto XVI: la propulsione sociale, la spinta a stare tra gli ultimi, oppure dall’altra parte la spinta per l’identità, non sono niente senza partire dal presupposto che “il Regno di Dio è un dono che ci trascende”, ed è – dice il Papa citando la Redemptoris Missio – “innanzi tutto una persona che ha il volto e il nome di Gesù di Nazaret, immagine del dio invisibile”. Ripartire da Gesù vero Dio e vero uomo, veramente morto e risorto: è questo che non perderà la Chiesa, e Benedetto XVI ne è così consapevole che – nonostante l’elezione a Pontefice – non ha voluto fermare l’opera cui ha dedicato la sua vita, la biografia di Gesù di Nazaret (il volume sui Vangeli dell’infanzia dovrebbe uscire il prossimo ottobre). E poi, ripartire dai segni della fede: “non è un caso” – dice Benedetto XVI – che fu proprio dedicata alla liturgia la prima Costituzione del Concilio Vaticano II. “Il culto divino – dice il Papa – orienta l’uomo verso la Città futura, e restituisce Dio al uo primato, plasma la Chiesa, incessantemente convocata alla Parola, e mostra al mondo la fecondità dell’incontro con Dio”. ( e non è un caso che sia stata “Teologia della Liturgia” il primo volume della sua opera omnia che Joseph Ratzinger ha voluto ri-editare).
Ed ecco, la necessità di riprendere a vivere la fede. L’esempio che fa Benedetto XVI è quello di Sant’Agostino che – “dopo un cammino di affannosa ma sincera ricerca” – arriva a trovare la verità in Dio e si rende conto con stupore che “lungo tutto il suo cammino era la Verità che lo stava cercando e l’aveva trovato”. “Vorrei dire a ciascuno: lasciamoci trovare e affermare da Dio, per aiutare ad ogni persona che incontriamo ad essere raggiunta dalla verità”.
Perché è questa la missione del sacerdote – una missione che Bagnasco ha delineato nella sua prolusione –, di portare le persone “ad aprire la mente e il cuore a quel Dio che li cerca e che vuole farsi loro vicino, guidarli a comprendere che compiere la sua volontà non è un limite alla libertà, ma è essere veramente liberi, realizzare il vero bene della vita”. Ma tutto si ritrova nella preghiera allo Spirito Santo con la quale Benedetto XVI decide di concludere il suo discorso, perché siamo nella novena di Pentecoste. Nella preghiera, il Papa chiede a Dio di “aiutare l’umanità a comprendere che l’esclusione di Dio la porta a smarrirsi nel deserto del mondo”, di restituire ai battezzati “l’esperienza di comunione”, di far “riconoscere le tante persone che sono in cerca della verità della loro esistenza sul mondo”.