Zimowski: la copertura sanitaria universale è un impegno di ogni società civile
Lebbra, bilharziosi, malattie febbrili acute (dengue), cecità fluviale (oncocercosi) e tantissime altre malattie debilitanti che provocano disabilità e che colpiscono nel mondo milioni di persone. Intere generazioni di uomini e donne (un miliardo di persone contaminate in 149 Paesi) con gravi problemi sanitari e con opportunità di sviluppo azzerate. Questi alcuni dei temi principali discussi in questi giorni, a Ginevra, alla 65ma Assemblea Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Nel corso del suo intervento, il presidente del Pontificio Consiglio Operatori Sanitari, mons. Zygmunt Zimowski, ha sottolineato l’urgenza di “assicurare una copertura universale e l’accesso ai servizi sanitari, a tutti i cittadini, sulla base dei principi di equità e solidarietà”. Una vera giustizia distributiva – come ricordato da Benedetto XVI qualche anno fa – che garantisca a tutti, sulla base dei bisogni oggettivi, cure adeguate; rispettando le principali regole morali chiamate a sostenere e governare il mondo della salute, affinché non diventi disumano.
“Non avvenga – ce lo ricorda il magistero della Chiesa – che si offra come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia” (Apostolicam actuositatem, 8). Perché ogni persona possa usufruire dei servizi sanitari, superando le principali difficoltà economiche, “è necessario – chiarisce mons. Zimowski – un maggiore impegno a tutti i livelli per assicurare che il diritto alla salute sia reso effettivo promuovendo l’accesso alle cure sanitarie di base”. “Nello sforzo di promuovere la copertura universale, – ne è pienamente convinta la delegazione della Santa Sede – valori fondamentali quali equità, diritti umani e giustizia sociale debbano diventare obiettivi espliciti da perseguire”. Per molti dei Paesi a basso reddito il sostegno della comunità internazionale risulta indispensabile, e la mancanza di fondi utili per lo sviluppo, attraverso l’ausilio dei Paesi industrializzati, verrebbe così superata. C’è bisogno, dunque, – sottolinea Zimowski – di maggiore solidarietà ed impegno nell’aiuto allo sviluppo globale della salute. Assicurare una copertura universale non dev’essere considerato un esclusivo impegno dell’apparato statale. La società civile può offrire, infatti, un solido sostegno e contribuire alla fornitura dei servizi sanitari fondamentali. “Le organizzazioni basate sulla fede e gli istituti sanitari della Chiesa, ispirati dalla carità, – riferisce il Capo della Delegazione della Santa Sede – fanno parte a pieno titolo di queste forze vive che operano nell’ambito della salute.
Con oltre 120.000 istituzioni sociali e sanitarie presenti nel mondo, la Chiesa cattolica costituisce, in molti Paesi economicamente svantaggiati, un partner chiave dello Stato nella fornitura di servizi sanitari. Opera infatti anche in aree remote e in favore delle fasce più povere della popolazione, permettendo loro così di accedere a quelle prestazioni che altrimenti sarebbero fuori della loro portata”. L’impegno di queste organizzazioni ed istituzioni merita certamente il riconoscimento e il sostegno di tutta la comunità internazionale. Papa Benedetto XVI – conclude mons. Zimowski – ha chiesto “chiesto «alle agenzie internazionali» di riconoscerle ed aiutarle «nel rispetto» della loro «specificità e in spirito di collaborazione»”.