La Santa Sede ha una open door policy. In materia finanziaria
“Ci hanno invitato per vedere e per ascoltare quello che avevano da dirci, per assistere alla presentazione di quello che fanno attualmente, il loro sforzo per incrementare il livello di trasparenza e di adeguamento in particolare alle norme internazionali, e dei percorsi che stanno seguendo per ottenere questi risultati”. Nigel Baker, ambasciatore del Regno Unito, era tra i 35 ambasciatori presso la Santa Sede invitati allo IOR mercoledì della scorsa settimana. Accolti da mons. Fortunatus Nwachukwu, il capo del Protocollo della Segreteria di Stato, gli ambasciatori hanno ascoltato un breve intervento di monsignor Peter Bryan Wells, assessore, che ha spiegato il significato della visita nella linea di una piena trasparenza da parte della Santa Sede per quanto riguarda le attività economiche che si svolgono in Vaticano. Dopo di lui, ha preso parola Paolo Cipriani, direttore generale dell’Istituto, che per circa un’ora ne ha spiegato il funzionamento e i passi che sono stati fatti per adeguarsi agli standard internazionali, rispondendo anche alle varie domande degli ambasciatori. Nel frattempo, una delegazione della Santa Sede era a Strasburgo per discutere con gli esperti di MONEYVAL la bozza del report sul processo di adeguamento della Santa Sede che sarà presentata alla plenaria dell’organismo del Consiglio d’Europa a metà luglio.
È la open door policy della Santa Sede. Prima dei 35 ambasciatori, un altro incontro era stato fatto con un gruppo di finanziatori. E altri ambasciatori sono attesi a breve per un secondo incontro. La Santa Sede segnala dunque un impegno di lungo periodo verso la trasparenza finanziaria, testimoniato anche dalla nuova legge 127, che è stata maggiormente adeguata agli standard internazionali e alle peculiarità dello Stato di Città del Vaticano/Santa Sede. Mai nessuna istituzione ha aperto le porte di un proprio istituto e ne ha spiegato il funzionamento ad ambasciatori di altri Paesi. La Santa Sede ha deciso di farlo perché sia chiaro che il suo impegno verso la trasparenza è così concreto che non c’è nulla da nascondere, il percorso che si sta intraprendendo è white come la white list di Paesi virtuosi in materia di prevenzione del riciclaggio e contrasto al finanziamento del terrorismo cui la Santa Sede punta ad essere inserita.
Da tempo era stato cominciato un lungo processo di adeguamento agli standard internazionali. Già nel 2002, quando presidente del Consiglio di Sovrintendenza dello IOR era Angelo Caloia, a seguito delle nuove norme contro il terrorismo internazionale venute dopo l’11 settembre, la policy interna dell’istituto vaticano era cambiato. Tutto era stato basato sul principio KYC, know your customer, ovvero conosci il tuo cliente. Veniva mantenuta la tradizionale riservatezza dell’Istituto, ma allo stesso tempo non si aprivano più i conti con una certa leggerezza, magari con la semplice presentazione di un qualunque ecclesiastico. Lo stesso direttore generale Paolo Cipriani – in uno degli ultimi incontri di “formazione” che i vertici dello IOR fanno una volta al mese con i segretari delle Congregazioni religiose con conto presso l’Istituto – ha sottolineato come la collaborazione della “banca vaticana” con la giustizia italiana sia stata da parte tua sempre improntata sulla massima trasparenza e rapidità, tanto che una volta gli investigatori italiani risposero con un biglietto ringraziando per la celerità e la precisione con cui era stato dato seguito alle loro richieste.
Restava, però, la necessità di adeguarsi alla normativa internazionale. Una necessità di adeguamento diventata urgente dopo che la Santa Sede aveva firmato la Convenzione Monetaria con l’Unione Europea nel 2009. Poi, lo Stato di Città del Vaticano ha inserito nella sua legge fondamentale una normativa antiriciclaggio (Legge Vaticana n. 127), che ha poi ulteriormente modificato a inizio di quest’anno per adeguarsi ancora meglio agli standard internazionali.
Era un processo di cui volevano essere messi a conoscenza nei dettagli anche gli ambasciatori presso la Santa Sede. “Già da tempo – ha detto Nigel Baker a Radio Vaticana – noi ambasciatori abbiamo incoraggiato lo IOR ad aprire le sue porte per aiutarci a comprendere meglio come funziona. Molto spesso ci giungono lamentele, perché si sentono tanti commenti sullo IOR spesso fondati sull’ignoranza, senza fondamento serio o molto basati sul passato”.
Questo per Baker non significa che le preoccupazioni saranno messe a tacere. “E’ passato – osserva – soltanto un anno da quando sono entrate in vigore le nuove norme per la gestione dello IOR, migliorando il suo adeguamento a tutta una serie di raccomandazioni della International Financial Action Task Force (= Gafi, Gruppo di azione finanziaria internazionale). Risale soltanto all’anno scorso la visita da parte del comitato di esperti del Consiglio d’Europa per la valutazione delle misure anti-riciclaggio e del finanziamento del terrorismo (MONEYVAL) in Vaticano, per esaminare lo IOR ed altre istituzioni del Vaticano che gestiscono finanze, per constatare lo stato dell’adeguamento alle norme internazionali, per fornire suggerimenti ed indicazioni e, più avanti nel corso dell’anno, per inserirli in una graduatoria per quanto riguarda il rispetto di una serie di norme internazionali. Penso che questo processo sarà lungo e difficile, perché ci sono alcuni aspetti per i quali lo IOR, ed in realtà anche altre istituzioni vaticane, non può dire: ‘Abbiamo raggiunto il pieno adeguamento alle norme internazionali’. Ci sono altri ambiti, però, per i quali lo IOR può dire: ‘Siamo assolutamente conformi’ e quindi ottenere la convalida per gli standard internazionali. Credo che affrontare tutto questo implichi una dimostrazione di audacia, di coraggio comunque, perché è inevitabile che ne nascano delle critiche; inevitabilmente, a mano a mano che diventi più ‘trasparente’, la gente ti ricorderà il tuo passato ed i momenti difficili del passato”.