Rimini: dai Monti Nuba una testimonianza di padre Kizito Sesana

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E’ una guerra dimenticata, ma sui Monti Nuba si combatte da giugno 2011: oltre 400.000 persone hanno già abbandonato i loro villaggi e si sono ammassate in campi per sfollati; circa 100.000 si sono rifugiate in Sud Sudan. Gli ospedaletti di questa martoriata regione del Sud Kordofan (Sudan), ai confini con il Sud Sudan, sono colmi di feriti; molti i bambini mutilati. Il conflitto è tra le Forze armate sudanesi (Saf ) e il Movimento/Esercito popolare del Sudan-Nord (Splm-N), impegnato sia nello stato del Sud Kordofan che in quello del Nilo Azzurro. I leader dell’Splm-N accusano Khartoum di aver mobilitato 45.000 combattenti, per lo più presi dalle Forze di difesa popolari (Fdp), paramilitari, per lanciare attacchi contro le popolazioni civili. Khartoum accusa il governo di Juba di sostenere i guerriglieri. Nei mesi scorsi la rivista missionaria ‘Nigrizia’ aveva lanciato un appello in favore dei popoli dei Monti Nuba; ed in altre parti del mondo c’è stata una mobilitazione per allertare l’opinione pubblica internazionale per evitare il genocidio dei popoli dei Monti Nuba. Inoltre 74 organismi internazionali e personalità sud-sudanesi della diaspora avevano firmato un appello, consegnato al segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, in cui si chiedeva di fare pressione su Khartoum perché interrompesse i bombardamenti.

A marzo, Mukesh Kapila, medico indiano residente in Gran Bretagna, membro dell’Hughes Hall College, Università di Cambridge, ha visitato i Monti Nuba: “Ho visto villaggi bruciati e rasi al suolo, granai distrutti, scuole danneggiate. Ho incontrato gente rifugiata nelle chiese. Io stesso ho sentito aerei Antonov volare sopra la mia testa, mentre donne e bambini fuggivano per mettersi in salvo. Ho attraversato campi coltivati incendiati dalle bombe sganciate dagli aerei. Ho visto mine antiuomo e mine a grappolo in zone percorse da donne e bambini per andare ad attingere acqua o raccogliere legna”. Anche l’attore americano George Clooney ha visitato i Monti Nuba, portando la sua testimonianza davanti al Congresso Usa: il suo gesto di disobbedienza civile è costato il 16 marzo scorso il fermo all’attore, a suo padre Nick e ad altri attivisti.

Ma chi ha un rapporto speciale con le popolazioni dei Monti Nuba è il missionario padre Kizito Sesana, che ha visitato la zona alcune settimane fa, da clandestino, ospite dell’associazione Amani a Rimini: “Poco meno di due milioni di persone strette tra due conflitti: quello tra il vecchio Stato e il nuovo Sud Sudan per il controllo delle risorse energetiche, e quello che Khartoum muove verso i Nuba perché hanno appoggiato l’indipendenza del Sud Sudan senza però entrare a farne parte. Viaggiando in direzione sud verso il confine con il Sud Sudan in uno dei pochi veicoli che si muovono nei Monti Nuba, in Sudan, di tanto in tanto incontriamo un gruppo di due o tre dozzine di bambini e qualche donna. Camminano sotto un sole implacabile, con temperature diurne costantemente oltre i 40 gradi, e nelle ore più calde si fermano e si raccolgono all’ombra di qualche raro albero.

Sono tutti mal vestiti, coperti di polvere, le donne portano un cesto con poco cibo e pochi utensili da cucina, una tanca di plastica con dell’acqua. Ti impietosisci e vorresti fermarti. L’autista dice che non c’è più posto neanche per un bambino, non è consentito, in ogni caso non risolverebbe il problema: ci sono decine di altri profughi per strada… Da cosa stanno scappando? Dalla guerra e dalla fame. C’è una guerra incombente tra Sudan e Sud Sudan, alimentata ogni giorno da dichiarazioni belligeranti da entrambe le parti. I Nuba però sono intrappolati in un’altra guerra, più locale. Dal giugno dello scorso anno il presidente del Sudan, Omar el-Bashir, ha scatenato una guerra non dichiarata contro i Nuba e il Sudan People’s Liberation Movement – Northern Sector (SPLM-N) che si era costituito come partito politico, colpevoli di non accettare la sua politica accentratrice e islamizzatrice che hanno fatto dei Nuba degli emarginati nel loro paese. Si stima che i Nuba residenti nello stato del Sud Kordofan (il Sudan è una stato federale, almeno teoricamente), usualmente chiamato Monti Nuba, sia fra 800.000 e 1.000.000 di persone.

In questi dieci mesi di guerra fiorenti centri e piccoli villaggi sono stati bombardati indiscriminatamente… Abbiamo incontrato uno studente, Daniel, 15 anni, che è ancora in ospedale: ci ha raccontato dello spavento quando ha sentito le bombe cadere, e come in un disperato tentativo di cercare protezione si sia abbracciato a un albero. Una scheggia di bomba ha colpito l’albero, tagliandogli entrambe le braccia appena sotto il gomito. La scuola è chiusa, come la maggior parte delle scuole della zona. Solo alcuni coraggiosi insegnati tengono aperte le scuole di villaggio, operando in strutture improvvisate e senza libri, cancelleria e lavagne. Le sette scuole secondarie che esistevano sui Monti Nuba sono tutte chiuse, la maggior parte di loro sono state bersaglio di bombardamenti. Anche i due istituti di formazione degli insegnanti, uno dei quali fondato da Koinonia, sono chiusi. La guerra genera fame. L’attuale conflitto è iniziato proprio quando l’anno scorso stava per arrivare la stagione delle piogge. Le persone si sono rifugiate sulle montagne, riparandosi nelle grotte, e le terre fertili della pianura che erano già state dissodate in preparazione alla semina sono state abbandonate. Cosi il raccolto dello scorso dicembre è stato meno della metà del solito.

In questi giorni arrivano notizie che in alcune zone già si muore di fame. Yida è l’ultima speranza per la sopravvivenza… E’ possibile un miglioramento della situazione militare e politica sudanese? Le posizioni rigide che Omar el-Bashir ha mantenuto da quando ha preso il potere nel 1989 fanno pensare che un cambiamento pacifico sia impossibile. Convinte di questo, le forze politiche che rappresentano le popolazioni che più fortemente contestano la politica di Bashir,  Darfur, Kordofan meridionale e del Southern Blue Nile, hanno formato un’alleanza, il Sudan Revolutionary Front (SRF) e hanno giurato di rovesciare il suo governo…  A breve termine comunque più guerra, più sofferenza sono in serbo per i Nuba. Questa volta però sono pronti a raccontare la propria storia in prima persona, con il supporto di Ryan Boyette, un 31enne americano che è venuto qui come un operatore umanitario nove anni fa. Ha sposato una ragazza Nuba, e con lei anche la causa Nuba.

Con pochi aiuti dall’esterno ha contribuito a creare un team di giornalisti Nuba addestrati localmente. Armati di macchine fotografiche e telecamere, collegati via radio, si muovono su tutto il territorio per segnalare episodi di violazione dei diritti umani e documentare le tragiche conseguenze dei bombardamenti e cannoneggiamenti… La mattina del 23 aprile con il mio team sono tornato in a Bentiu, la cittadina Sud Sudanese da dove eravamo partiti. Improvvisamente un aereo MIG appare nel cielo e lancia bombe destinate al ponte sul Bahr el Ghazal, un collegamento fondamentale tra la città e dei campi petroliferi più importanti. Ci siamo resi conto che siamo di nuovo in un’altra guerra. Non siamo più nella guerra del Sudan contro i propri cittadini, i Nuba. Siamo ora nella guerra per i giacimenti petroliferi tra il Sudan e il Sud Sudan. Un’altra storia”.

 

 

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