I nuovi atei e la crisi della teologia

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Il successo dei ‘nuovi atei’ nasce da un deficit di capacità apologetica della teologia contemporanea? Secondo la rivista ‘Credere Oggi’, bisognerebbe cambiare prospettiva: “Il nuovo ateismo è una sfida, ma nello stesso un’occasione propizia per purificare le immagini correnti di Dio, mettendole a confronto con l’unico e definitivo modello che ci viene dalla rivelazione: Gesù Cristo”. La provocazione del bimestrale diretto da Ugo Sartorio sta già nel titolo del contributo che apre il fascicolo dedicato a ‘Nuovo ateismo e fede in Dio’. E non mancano altre voci teologiche che, senza fare sconti ad una certa approssimazione teo-filosofica del nuovo ateismo, ne scorgono le provocazioni benefiche per il credere. E anzi riscontrano in certe posizioni ‘spirituali’ e ‘neognostiche’ maggiori rischi rispetto alle posizioni dei negatori di Dio, il ‘quadrilatero’ Hitchens-Dawkins-Dennett-Onfray.

Infatti monsignor Charles Morerod, domenicano svizzero, vescovo di Losanna-Ginevra-Friburgo, teologo e già segretario della Commissione teologica internazionale, braccio destro del cardinal George Cottier, teologo della Casa pontificia, ha affermato: “Nel corso del XX secolo la teologia cattolica ha preso le distanze dai tentativi di dimostrare l’esistenza di Dio elaborate dall’apologetica del XIX e XX secolo. Sotto certi aspetti, questo cambiamento è stato positivo: la vecchia apologetica era troppo condizionata dal positivismo e non assumeva abbastanza il valore convincente della stessa fede. Ma è possibile che si sia esagerato in senso contrario: oggi, gli atei si lamentano che i credenti non si dedichino abbastanza a rispondere alle loro domande”.

Riprendendo questa provocazione il prof. Andrea Toniolo, preside della Facoltà teologica del Triveneto, ha affermato il bisogno di una ‘purificazione, sempre necessaria, della religione vissuta’: “La genesi dell’ateismo contemporaneo non è solo esterna, ma anche interna alla religione, e dipende dall’immagine di Dio e di fede che una tradizione religiosa veicola”. Da parte sua padre Giandomenico Mucci, gesuita scrittore de ‘La Civiltà Cattolica’, punta i riflettori (citando un dialogo tra Giovanni Paolo II e Luigi Giussani) sulla neognosi. Una deriva che Mucci considera molto più nemica del cristianesimo di quanto lo sia il New Atheism: “Il fenomeno neognostico è di tale portata e pericolosità da collocare in secondo ordine la gravità dell’ateismo inteso nel senso classico e perfino nelle sue espressioni più radicali e pacchiane.  Oggi la cultura dominante è impegnata a instaurare una super-religione trasversale, un umanesimo etico e spiritualistico, in modo pacioso e sotterraneo, che non annulla le culture, le gerarchie, e aspira a incarnarsi in esse”.

A queste sottolineature ritorna in mente il celebre romanzo di Robert H. Benson, ‘Il padrone del mondo’, in cui una religione umanistica senza Dio viene proposta come soluzione ai mali del mondo. Vien quasi da rimpiangere la provocatoria durezza del neoateo Richard Dawkins, che nel suo ‘L’illusione di Dio’ chiedeva un nuovo pensare cristiano. Infatti, gli atei di oggi sostengono che non c’è assolutamente nessun Dio e che ogni sua immagine è solo frutto di fantasie puerili da superare e abbandonare. In effetti, immaginare Dio a somiglianza dell’uomo è il rischio perenne dell’antropomorfismo in quanto tentazione ricorrente nella storia dell’umanità. Ma è proprio la Bibbia che comanda di ‘non farci alcuna immagine’ di Dio.

In questo senso allora il nuovo ateismo è una sfida, ma nello stesso tempo un’occasione propizia per purificare le immagini correnti di Dio, mettendole a confronto con l’unico e definitivo modello che ci viene dato dalla rivelazione: Gesù Cristo. In lui si rivela un Dio esattamente al contrario rispetto alle attese umane. Al posto di un Dio onnipotente, nell’aldilà, gli uomini trovano un Dio povero, sofferente, che condivide la tribolazione umana. Sembra che i pensatori atei dei nostri giorni abbiano dimenticato le critiche che Dietrich Bonhoeffer muoveva al Dio tappabuchi che colma i deficit della nostra ignoranza o al Dio scappatoia, in cui rifugiarsi nei momenti critici della vita.

L’odierna situazione della fede cristiana, secondo la rivista ‘Credere Oggi’ obbliga i cristiani al confronto e alla presa di distanza da tutte le forme non autentiche della conoscenza di Dio, apprendo un dialogo con chi non crede, facendolo diventare un ‘kairós’, cioè un evento di grazia.

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