Il codice Melloni APPROFONDIMENTO/ Il rapporto con la Fraternità Sacerdotale San Pio X

L’ultimo capitolo della questione dei lefebvriani riguarda uno scambio di lettere – reso noto da un sito web – avvenuto un mese fa tra i vescovi Tissier de Mallerays, Alfonso de Gallareta e Richard Williamson, e il superiore della Fraternità San Pio X Bernard Fellay. Curioso notare che i quattro vescovi coinvolti sono quelli ordinati illegittimamente da Marcel Lefevbre nel 1988, cui, il 24 gennaio 2009, il Papa ha revocato la scomunica nella quale erano incorsi “latae sententiae”, cioè in modo automatico semplicemente compiendo quell’atto. I quattro erano rimasti comunque sospesi “a divinis”, senza poter cioè esercitare il loro ministero nella Chiesa cattolica, e la loro comunità era rimasta in stato di scisma. Da allora, molti passi avanti sono stati fatti per ricomporre lo scisma, e, dopo l’ultima risposta di Fellay al Papa, il tutto si sta avviando ad una conclusione che sembra positiva. Ma i tre vescovi hanno chiesto perentoriamente al loro superiore di non firmare il preambolo dottrina e non accetti l’accordo proposto dalla Santa Sede, che intende inquadrare i lefebvriani in una prelatura personale.
Questi sforzi del Papa di ricomporre le fratture della Chiesa hanno fatto spesso gridare al “passo indietro” di Benedetto XVI. Specialmente quando il Papa ha liberalizzato l’uso del rito pre-conciliare con il Motu Proprio Summorum Pontificum nel 2007. “E’ antisemita”, fu uno dei commenti più comuni, dato che in quel rito era prevista la preghiera per la conversione dei giudei. Per non parlare di quando è stata revocata la scomunica ai vescovi lefebvriani. Uno di loro, Richard Williamson aveva fatto dichiarazioni apertamente anti-semite. E qui avviene un altro giallo: Williamson inserisce la sue idee apertamente nel suo blog. Tutti conoscono le sue dichiarazioni, chiunque accede al suo blog. Ma queste dichiarazioni scompaiono dopo un incontro avvenuto ad Albano ad ottobre 2010 tra il Superiore generale Fellay e i maggiorenti della FSSPX, durante il quale era stata confermata la linea di Fellay. E la Fraternità Sacerdotale di San Pio X continua un difficile dialogo con Roma. A ogni apertura del Papa rispondono con un’altra richiesta. Un atteggiamento che irrita anche i più aperti al dialogo nella Chiesa. “Fellay ha ottenuto più di quanto Lefevbre chiedesse”, ha scritto don Michele Simoulin nel numero di maggio del bollettino «Seignadou» del priorato FSSPX di Saint-Joseph-des-Carmes, tornando a parlare dell’accordo siglato tra Ratzinger e Lefebvre.
E qui si arriva al dunque. Il problema non è solo il Concilio Vaticano II – che tra l’altro secondo il teologo John Lamont (il suo intervento è stato pubblicato sul sito di Sandro Magister www.chiesa) è accettato al 95 per cento dai lefebvriani – quanto l’autorità petrina. Nel 1988 sembrava che la soluzione fosse vicina e possibile. Dopo un visita ad Ecône del cardinale Gagnon l’8 aprile Giovanni Paolo II, in una lettera al Cardinal Ratzinger, disegnava una proposta che permettesse alla FSSPX di ottenere una collocazione regolare nella Chiesa: un’intesa – firmata a maggio – riguardo l’utilizzo dei Libri liturgici approvati nel 1962 e la costituzione della FSSPX in “Società di vita apostolica”, in cambio della quale Lefebvre prometteva di obbedire al Papa e accettare il Vaticano II, riconoscendo anche la validità dei nuovi riti della Messa. Ma la rottura si creò lo stesso quando Lefebvre, vedendosi rifiutata l’autorizzazione a ordinare un Vescovo che gli succedesse nella Fraternità, ritrattò e decise di ordinare comunque il 29 giugno del 1988 quattro vescovi senza il consenso di Roma.
Per scongiurare l’ordinazione illecita, il 24 maggio 1988 Papa Giovanni Paolo II concesse finalmente l’autorizzazione. Non bastò. Lefebvre il 15 agosto rispose per iscritto che necessitava di non uno ma tre Vescovi. La rottura era inevitabile.
Oggi, mentre i colloqui sembra stiano per avere un esito positivo, nonostante il forte dibattito interno testimoniato dallo scambio epistolare tra Fellay e gli altri vescovi, si cominciano a muovere quanti, all’interno della Chiesa, non hanno mai visto di buon occhio la ricomposizione dello scisma. Così dentro la Chiesa Cattolica si molitplicano i mal di pancia. E nel frattempo Fellay spiega ai suoi confratelli vescovi che la loro “concezione della Chiesa è troppo umana e fatalista, voi vedete i pericoli, i complotti, le difficoltà, ma non vedete più l’assistenza della grazia e dello Spirito Santo”, li invita a non “trasformare degli errori del Concilio in super-eresie, facendole divenire un male assoluto, allo stesso modo in cui i liberali hanno dogmatizzato un concilio pastorale. I mali sono già abbastanza drammatici e noi non dobbiamo esagerarli”, e fa notare a Tissier de Mallerais, de Gallareta e Williamson che la proposta della prelatura personale è ben diversa dalle proposte di accordo ricevute da Lefebvre nel 1988, dunque “pretendere che nulla sia cambiato è un errore”. D’altronde, Benedetto XVI lo aveva stigmatizzato nella lettera ai confratelli vescovi successiva al caso Williamson, citando gli ammonimenti di San Paolo ai Galati: “Purtroppo ancora oggi nella Chiesa c’ è il mordersi e il divorarsi a vicenda, come espressione di una libertà male intesa”.