ACLI: usciremo dalla crisi ma saremo più poveri

Il presidente nazionale delle Acli, Andrea Olivero, aprendo i lavori del 24° Congresso nazionale, ha affermato: “Il riformismo cattolico nella sua forma sociale e democratica, ha avuto un ruolo decisivo nella costruzione dello Stato repubblicano e anche dopo, negli anni in cui l’Italia rinasceva e si avviava a diventare una delle grandi protagoniste della storia europea e dell’economia mondiale. Nel moto riformatore impresso alla nostra società in tutti i campi, dall’agricoltura alle infrastrutture, dalla casa alla scuola, dalla famiglia al lavoro sono grandi cattolici a segnare la svolta e a dare sostanza alla vita democratica secondo lo spirito del dettato costituzionale”.
Inoltre il presidente delle Acli ha indicato alcune priorità: “Creare nuova e buona occupazione per i giovani, trovare nuove forme di contrasto alla povertà e all’impoverimento crescente, ridare attraverso una nuova legge elettorale ai cittadini la possibilità di scelta dei rappresentanti (la proposta sul tappeto è valida, ma ci preoccupano i tempi del suo iter). Occorre anche lavorare sui temi cruciali della fiducia tra i cittadini e la sfera pubblica: dalla legge contro la corruzione, quanto mai necessaria anche per rilanciare la nostra economia, al problema del finanziamento pubblico dei partiti, connesso con la trasparenza dei loro bilanci”.
Infatti dai risultati di un sondaggio tra gli italiani realizzato per le Acli da Ipr Marketing, in collaborazione con Iref (l’istituto di ricerca delle Acli), ‘Come e quando usciremo dalla crisi economica?’, risulta che l’Italia uscirà dalla crisi entro i prossimi 3 anni, ma in condizioni peggiori di prima. Il primo segnale della ripresa sarà la diminuzione della disoccupazione. Tra 10 anni saremo però più poveri. La prima domanda rivolta ad un campione rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne era ‘Quanto peserebbe sul bilancio mensile della sua famiglia un spesa imprevista di cento euro?’ Per sei italiani su dieci (60,2%) peserebbe molto o abbastanza. Più preoccupati di fronte a una spesa fuori budget sono i cittadini del Sud (70,9%), le donne (68,7%) e gli under 35 anni (62,7%). Quasi la metà degli intervistati (47,5%) ha iniziato a percepire in concreto nella vita quotidiana gli effetti della crisi economica tra il 2010 e il 2011. Il 14,8% del campione era già in una situazione di sofferenza economica prima del 2008. La grande maggioranza degli italiani (72,4%) non riesce a leggere in questa crisi un’occasione di progresso o cambiamento.
Per uscire dalla crisi sociale ed economica del paese, secondo gli italiani non si può non puntare su una maggiore equità (24,9%) e moralità (22,8%) generale da un lato e dall’altro occorre far leva sulla competenza (18,5%) delle classi dirigenti e sull’innovazione (12,7%). Inoltre emerge una richiesta di una maggiore equità sociale in relazione all’opinione degli italiani su chi deve pagare la crisi: il 74,8%, del campione ritiene che siano i cittadini più facoltosi a dover sopportare il carico maggiore della crisi. Opinione, questa, diffusa in maniera trasversale e con la stessa intensità in tutti i segmenti socio-demografici della popolazione. Sul fronte degli interventi da effettuare, per la grande maggioranza degli italiani, la persona che ci toglierà dalla crisi dovrà occuparsi prima delle famiglie e poi dei conti dello Stato (75%) e tenere conto delle indicazioni delle istituzioni internazionali (56%).
Questa leadership competente è dunque consapevole dei problemi di equità interna che contraddistinguono l’attuale panorama italiano, ma è altresì consapevole della fitta rete di relazioni e di scambi di cui l’Italia è partecipe. Però gli italiani sono moderatamente ottimisti sui tempi di uscita dalla crisi del nostro paese. La maggioranza (51,3%) intravede la fine del tunnel entro i prossimi 3 anni. Il 37,7% ritiene, invece, che i tempi siano più dilatati e che sì, si uscirà dalla crisi, ma non prima di 4-10 anni. In ogni caso, solo il 10,9% è scoraggiato al punto da ritenere che l’attuale situazione sia senza ritorno. Ed il 40,2% degli italiani pensa che l’Italia uscirà dalla crisi in condizioni peggiori di prima. Per il 30,5% l’Italia si riprenderà come prima della crisi.
Quasi un terzo degli italiani, però, vede un futuro migliore quando la crisi sarà passata. Si tratta soprattutto di uomini (34,5%), di persone oltre i 54 anni (32%) e residenti nel Sud (33%). Da questi dati comunque emerge una forte divaricazione tra giovani e laureati da un lato, che in misura maggiore si mostrano più ottimisti verso il futuro, e anziani e persone con titolo di studio non elevato dall’altro tra i quali regna in misura maggiore scoramento e sfiducia.