La Benedizione del Parroco

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Sull’ edizione del 20 aprile del 2012 de l’ Osservatore Romano, Silvia Guidi ci racconta questo spaccato di vita vaticana. Ottima preparazione per l’Anno della Fede proposto dal Parroco della Pontificia parrocchia di Sant’ Anna

«A che serve una benedizione? A ricordarci l’acqua del Battesimo, l’immersione in un mondo nuovo, e la compagnia discreta ma tenace di Gesù alla nostra vita, che ci raggiunge attraverso la presenza e le parole del sacerdote» ha detto l’agostiniano Bruno Silvestrini, parroco della Pontificia Parrocchia di Sant’Anna in Vaticano, entrando nella stanza dei grafici de «L’Osservatore Romano», mercoledì scorso, 18 aprile, per l’annuale benedizione della redazione del nostro giornale. «Stavolta non vi porto altro lavoro o articoli da accorciare o allungare, vi porto una buona notizia»; la possibilità di ri-nascere, ha detto padre Bruno, non è un’utopia o uno slogan per un cristiano. La chiave di volta di tutto è sentirsi amati: la prima carità è quella di Dio nei nostri confronti, tutto il resto è una conseguenza. Solo chi si sente amato, e perdonato non dalla provvisoria e sempre inadeguata giustizia degli uomini ma dalla misericordia di Dio, può sentirsi finalmente libero della zavorra dei propri errori e riflettere — quasi suo malgrado a volte, tanto è oggettiva la Sua presenza — una scintilla dell’Amore con la “a” maiuscola da cui è stato investito.

Quest’anno, in occasione dell’Anno della fede — che avrà inizio a ottobre 2012 e si concluderà nel novembre dell’anno successivo — al posto di una croce o di un santino con una preghiera sul retro padre Silvestrini ha distribuito ai dipendenti del giornale (e continuerà a distribuire a tutti i parrocchiani) un libro «minitaglia» da portafoglio contenente brevi citazioni tratte da sant’Agostino e santa Monica, da leggere e meditare nei tempi morti (come un viaggio in metro, o un’attesa in coda alla Posta; ai “non-luoghi” descritti dall’antropologo Marc Augé corrispondono anche non-tempi, momenti ad alto rischio di distrazione e di alienazione) di cui la nostra vita quotidiana è piena. Agostino ci invita a non censurare il desiderio di felicità radicato nelle fibre più profonde del nostro essere: «Il desiderio prega sempre anche se la lingua tace. Se tu desideri sempre, tu preghi sempre. Quand’è che la preghiera sonnecchia? Quando si raffredda il desiderio» (Sermones, 80, 7). Una “freddezza di cuore” che porta a impantanarsi in quello che Chesterton chiama “l’inferno delle seconde scelte”.

«Il caos attuale — scriveva il giornalista e apologeta inglese nel 1910 in Cosa c’è di sbagliato nel mondo — è dovuto a una generale dimenticanza di tutto ciò a cui originariamente gli uomini aspiravano. Nessun uomo domanda più ciò che desidera, ogni uomo chiede quello che si figura di poter ottenere. E rapidamente la gente si dimentica ciò che l’uomo voleva davvero in principio; e dopo una vita politica vivace e di successo, un uomo dimentica se stesso. Il tutto diventa uno stravagante tumulto di seconde scelte, un pandemonio di ripieghi».

 

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