Mons. Bello, il card. Ratzinger e la Madre di Dio

20 anni orsono, 20 aprile 1993, moriva don Tonino Bello, vescovo di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi e Ruvo, e presidente di Pax Christi, che, oggi più che mai, è un segno di speranza. Promosse la costituzione di gruppi Caritas in tutte le parrocchie della diocesi, fondò una comunità per la cura delle tossicodipendenze, lasciò sempre aperti gli uffici dell’episcopio per chiunque volesse parlargli e spesso anche per i bisognosi che chiedevano di passarvi la notte. Sua la definizione di ‘Chiesa del grembiule’ per indicare la necessità di farsi umili e agire sulle cause dell’emarginazione. Nel 1985 venne indicato dalla presidenza della Conferenza Episcopale Italiana a succedere a monsignor Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea, nel ruolo di guida di Pax Christi, il movimento cattolico internazionale per la pace. In questa veste si ricordano diversi duri interventi: tra i più significativi quelli contro il potenziamento dei poli militari di Crotone e Gioia del Colle, e contro l’intervento bellico nella Guerra del Golfo, quando manifestò un’opposizione così radicale da attirarsi l’accusa di istigare alla diserzione. Benché già operato di tumore allo stomaco, il 7 dicembre 1992 partì insieme a circa cinquecento volontari da Ancona verso la costa dalmata dalla quale iniziò una marcia a piedi che lo avrebbe condotto dentro la città di Sarajevo, da diversi mesi sotto assedio serbo a causa della guerra civile. Il 27 novembre 2007 la Congregazione per le Cause dei Santi ne ha avviato il processo di beatificazione. In data 30 aprile 2010 si è tenuta la prima seduta pubblica nella cattedrale di Molfetta alla presenza di autorità religiose e civili.
Era fedele a Dio ed aveva un grande amore per la Madonna, di cui ha lasciato scritti bellissimi nel libro ‘Maria, donna dei nostri giorni: “Maria, donna dei nostri giorni, vieni ad abitare in mezzo a noi. Tu hai predetto che tutte le generazioni ti avrebbero chiamata beata. Ebbene, tra queste generazioni c’è anche la nostra, che vuole cantarti la sua lode non solo per le cose grandi che il Signore ha fatto in te nel passato, ma anche per le meraviglie che egli continua a operare in te nel presente. Fa’ che possiamo sentirti vicina ai nostri problemi. Non come Signora che viene da lontano a sbrogliarceli con la potenza della sua grazia o con i soliti moduli stampati una volta per sempre.
Ma come una che, gli stessi problemi, li vive anche lei sulla sua pelle, e ne conosce l’inedita drammaticità, e ne percepisce le sfumature del mutamento, e ne coglie l’alta quota di tribolazione. Maria, donna dei nostri giorni, liberaci dal pericolo di pensare che le esperienze spirituali vissute da te duemila anni fa siano improponibili oggi per noi, figli di una civiltà che, dopo essersi proclamata postmoderna, postindustriale e postnonsoché, si qualifica anche come postcristiana! Maria, donna dei nostri giorni, dandoti per nostra madre, Gesù ti ha costituita non solo conterranea, ma anche contemporanea di tutti. Prigioniera nello stesso frammento di spazio e di tempo. Nessuno, perciò, può addebitarti distanze generazionali, né gli è lecito sospettare che tu non sia in grado di capire i drammi della nostra epoca”.
Dopo la sua morte, nel 1997 il card. Joseph Ratzinger nel libro ‘Maria Chiesa nascente’ riprende alcuni approfondimenti di mons. Bello sulla Madre di Dio: Magnificare il Signore significa voler far grandi non se stessi, il proprio nome, il proprio io, allargarsi ed esigere spazio, ma dare spazio a Lui, fare grande Lui e il Suo Nome perchè Egli sia sempre e più maggiormente conosciuto nel mondo (…) il Magnificat è un canto che ci dice che è necessario rendersi liberi per Lui, questo è il vero e proprio esodo che i Padri della Chiesa e Massimo il Confessore ci spiegano lungamente”.