Mons. Piemontese: i protomartiri francescani siano modelli di vita

Con la solenne celebrazione nella chiesa di Sant’Antonio a Terni, santuario dei Protomartiri francescani, è stato ufficialmente aperto in diocesi l’ottavo centenario del martirio dei cinque protomartiri francescani originari della valle ternana: Berardo da Calvi (suddiacono), Pietro da S. Gemini (Converso), Ottone da Stroncone (sacerdote), Accursio e Adiuto di Narni (conversi), primi martiri dell’Ordine francescano, uccisi in Marocco il 16 gennaio 1220.
La celebrazione è stata presieduta dal vescovo della diocesi, mons. Giuseppe Piemontese: “In questo centenario credo che la famiglia francescana e la nostra Chiesa diocesana debbano dedicarsi a riscoprire il senso e l’attualità di questi santi martiri, che certamente hanno fecondato la Chiesa, l’Ordine e la stessa diocesi. La ricorrenza celebrativa deve condurre e spingere tutti noi a imitarli nel desiderio di diventare santi, nella testimonianza – martirio efficace ai nostri giorni”.
Prendendo spunto dal vangelo narrante la presentazione di Gesù il vescovo di Terni ha sottolineato che Gesù è la prospettiva imitata dai martiri francescani: “Essi, novelli cavalieri della Tavola Rotonda, si presentarono come ‘ambasciatori del Re dei re cioè Gesù Cristo Signore’, sono gli eroi, che hanno dato la vita per Cristo e che ancora oggi applaudiamo. Noi siamo santamente orgogliosi nel vedere iscritti nell’albo dei santi della Chiesa questi fedeli, stirpe della nostra terra. Il loro sangue ha fecondato la nostra Chiesa ed è stato seme di cristiani, padri della nostra fede”.
Mons. Piemontese ha ricordato ai fedeli la volontà di essere santi: “L’ottavo centenario dei Protomartiri deve essere l’occasione per comprendere in profondità le ragioni del loro desiderio di santità, che passa attraverso il martirio e soprattutto trovare la nostra via personale alla santità.
Una prima considerazione per un corretto approccio alla vicenda dei protomartiri è quella di collocarla nel contesto storico del tempo, evitando di usare le categorie culturali di oggi per valutare o sminuire fatti e imprese di 8oo anni addietro. I cinque protomartiri all’inizio del XIII secolo, erano giovani, persone semplici, come la maggior parte dei contemporanei, dediti al lavoro dei campi e di limitata istruzione.
L’incontro con Francesco d’Assisi, che più volte ha attraversato e sostato nelle nostre contrade, è stato per loro la scintilla, che ha moltiplicato l’amore e l’ardore per Gesù, portandoli a vivere con entusiasmo, nella fraternità francescana, secondo il santo Vangelo nello stile degli apostoli e della prima comunità cristiana”.
Il desiderio di santità porta ad un nuovo stile missionario: “Il tutto vissuto nello stile nuovo, singolare e un po’ geniale del Poverello d’Assisi, personalità al di fuori del comune, capace col suo carisma, di muovere i cuori, gli entusiasmi e le volontà. L’amore per Gesù e la sua imitazione fino alla morte, la vita povera e di fraternità secondo le indicazioni del santo Vangelo, vissuto sine glossa, l’esempio attrattivo del padre Francesco e il desiderio di raggiungere la santità per la via diretta del martirio erano la base di quella forma di vita che li portava in santa letizia a predicare in maniera itinerante il Vangelo e invitare tutti alla conversione e all’adesione a Gesù”.
Inoltre il vescovo ha sottolineato che questa vicenda può risultare oggi incomprensibile se non la si vede con la fede, che ha cambiato la vita anche a sant’Antonio da Padova: “Una vicenda, ritenuta per anni, anche all’interno dell’Ordine Minoritico, imbarazzante e in contrasto con l’atteggiamento dialogante di Francesco. Abbiamo appena celebrato l’ottavo centenario dell’incontro di Francesco col Sultano d’Egitto. Eppure lo stesso Francesco ardeva dal desiderio di subire il martirio e si era adoperato per realizzarlo, senza riuscirci. Dello stesso desiderio ardeva santa Chiara.
Un giovane religioso, Fernando da Lisbona abbandona il chiostro e la sua congregazione dei Canonici agostiniani, alla vista dei cinque frati, martirizzati in Marocco, per seguirli nella esperienza francescana e imitarli nel martirio. Quel giovane assunse il nome di frate Antonio e per i misteriosi disegni di Dio non subì il martirio, ma diventò sant’Antonio di Padova. La chiave di lettura di tanto ardore è l’amore per Gesù fino alla morte, la considerazione del martirio come espressione radicale della sequela Christi e vertice di una ipotetica scala gerarchica della santità”.
Ed ha concluso l’omelia affermando che il loro esempio possa essere stile di testimonianza per i cattolici contemporanei: “In questo tempo di indifferenza religiosa e ostilità nei confronti dei valori evangelici occorre avere coraggio di testimoniare la fede e l’amore per Gesù e l’amore per gli uomini, per i quali Gesù ha donato la vita. Come Giovanni Battista, testimone della Luce, i santi Protomartiri.
Questo santuario, che unisce nella venerazione i protomartiri e s. Antonio di Padova, diventi, per la nostra diocesi, memoria e testimonianza di martirio e di santità, di ricerca della pace e di dialogo per la comprensione tra i popoli, le religioni e le nazioni, secondo gli insegnamenti attuali della chiesa, nello stile trasmessoci dal padre san Francesco”.