L’eredità del Patriarca Daoud: i tesori dell’ Oriente cattolico
Ma, con san Paolo, ripeteva civis romanus sum, in obbedienza alla chiamata del Papa. «Gli orientali cattolici – era il suo pensiero – devono continuare la missione di portare nel cuore della cattolicità i tesori dell’Oriente cristiano. La Chiesa Cattolica non si identifica con la sola tradizione latina; è arricchita dall’apporto delle tradizioni orientali, che la compongono a tutti gli effetti, con relativi diritti e doveri». Riteneva le Chiese Orientali «eredi di un patrimonio prezioso per la Chiesa universale, perché conservano le testimonianze dei Padri dei primi secoli. Un tesoro di liturgia, riflessione teologica, spiritualità, musica e disciplina». L’uomo di oggi, era solito sostenere, ha bisogno «dell’apporto dell’Oriente e dell’Occidente. Le parole dell’Occidente non possono parlare al mondo moderno senza le parole dell’Oriente. Dobbiamo respirare con i due polmoni». Ha servito con passione la Chiesa Siro-cattolica che, diceva, «è nata quasi nel cenacolo, perché Gesù, Maria e gli apostoli parlavano il siriaco antico, cioè l’aramaico.La lingua della prima evangelizzazione, la lingua di tutto il Medio Oriente».
È stato anche un protagonista del dialogo con l’Islam, nella consapevolezza che le religioni non si combattono e che le questioni di attrito sono di natura politica e non religiosa. Un punto fermo del suo pensiero era far comprendere che «non tutti gli arabi sono musulmani e tra i musulmani non tutti sono arabi. Arabo, insomma, non è sinonimo di musulmano. All’interno della vasta comunità di lingua e cultura araba troviamo espressioni religiose e di pensiero molto diverse tra loro». Soprattutto era fiero della «significativa comunità cristiana» che «vive nel contesto arabo e ne condivide i valori». Una consapevolezza che lo ha portato in prima linea per cercare di frenare la continua «emigrazione dei cristiani in Medio Oriente per via dell’insicurezza». Tra gli eventi più significativi del suo servizio, la visita di Giovanni Paolo II in Siria nel 2001. In quella occasione ha potuto accompagnare il Papa a Damasco. Al secolo Basilio, il cardinale Ignace Moussa I Daoud aveva compiuto gli studi a Gerusalemme nel seminario siriano di San Benedetto e Sant’Efrem, nel seminario di Charfet in Libano per la filosofia e la teologia e nella Pontificia Università Lateranense a Roma, dove, nel 1964, aveva ottenuto la licenza in diritto canonico. Era stato poi segretario del Patriarca di Antiochia dei Siri dal 1965 al 1970 e aveva lavorato presso il tribunale ecclesiastico patriarcale di Beirut come difensore del vincolo matrimoniale.
Sacerdote dal 1954 e vescovo dal 1977, ricevette l’ordinazione episcopale nella chiesa del convento di Notre-Dame de la Déliverance da Ignace Antoine II Hayek, allora Patriarca di Antiochia dei Siri. Nel 1998 aveva partecipato all’Assemblea Speciale per l’Asia del Sinodo dei Vescovi. Divenuto, nello stesso anno, Patriarca di Antiochia dei Siri, era stato intronizzato il 25 ottobre, domenica di Cristo Re. Divenuto Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali nell’anno del giubileo del 2000, il 24 gennaio 2002 aveva partecipato all’incontro di Assisi promosso da Giovanni Paolo II per invocare, con i rappresentanti di varie religioni, il dono della pace. Annualmente, in occasione della colletta Pro Terra Sancta, come Prefetto ha indirizzato una lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica, per sensibilizzare sul «grande significato della carità ecclesiale». Era stato anche presidente della Riunione delle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali (Roaco). Aveva vissuto con particolare premura il compito di Prefetto. Il 5 dicembre 2004, per incarico del Papa, aveva confermato l’ecclesiastica communio al neoeletto Patriarca di Babilonia dei Caldei, Emmanuel III Delly, durante la Santa Messa nella Basilica di San Pietro.
Il 19 dicembre 2006, sempre a nome del Papa, aveva presenziato alla cerimonia della conferma dell’ecclesiastica communio del nuovo Patriarca di Alessandria dei Copti, Antonios Naguib, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura. Aveva dato un contributo importante nel consiglio speciale per il Libano del Sinodo dei Vescovi. È stato consultore, e in seguito membro, della Pontificia Commissione per la Revisione del Codice di Diritto Canonico Orientale e ha presieduto la Commissione per la traduzione in arabo del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.
FONTE- Sala Stampa della Santa Sede