La Coena Domini secondo Ratzinger

Condividi su...

Ultima cena di Gesù. È la sera del tradimento di Giuda. Quante volte i Papi sono stati traditi? Quante volte lo stesso pontificato di Benedetto XVI è stato come pugnalato dall’interno? All’inizio, le traduzioni dei suoi testi che non arrivavano in tempo. Poi,un intero magistero rimasto nascosto, perché non comparso sugli organi di stampa. Che invece danno molto più credito a quelli che si possono definire “Giuda”. A coloro che rompono l’amicizia. Una rottura che giunge fino nella comunità sacramentale della Chiesa. È il motivo per cui ci si confessa, spiegato con parole semplici da Benedetto XVI ai carcerati di Rebibbia. Giovanni, uno dei carcerati, aveva chiesto al Papa perché deve avere l’assoluzione da un prete. “Se io penso di aver fatto male, e mi inginocchio davanti a Dio, e chiedo perdono, lui mi assolverebbe?”. E Benedetto XVI aveva risposto che, sì, Dio lo potrebbe perdonare. Ma che il peccato non ha solo una dimensione “verticale, del rapporto con Dio, ma anche una dimensione orizzontale. E “se io pecco, senza rendermene conto, ho macchiato la comunità dei fedeli. Il peccato non è solo personale, è anche sociale, e perciò si esige l’assoluzione”.

Ma è quell’assoluzione che Giuda non riesce ad ottenere. Se non altro perché non pensa di poter essere perdonato. “La seconda sua tragedia dopo il tradimento – scrive Ratzinger- è che non riesce più a credere a un perdono. Il suo pentimento diventa disperazione. Egli vede ormai solo se stesso e le sue tenebre, non vede più la luce di Gesù, quella luce che può illuminare e superare anche le tenebre. Ci fa così vedere il modo errato del pentimento: un pentimento che non riesce più a sperare, ma vede ormai solo il proprio buio, è distruttivo e non è un vero pentimento”.

Come si diventa Giuda? Ratzinger rilegge il Vangelo di Giovanni, e ricorda che l’evangelista “non ci dà alcuna interpretazione psicologica dell’agire di Giuda; l’unico punto di riferimento che ci offre è l’accenno al fatto che Giuda, come tesoriere del gruppo dei discepoli, avrebbe sottratto il loro denaro. Quanto al contesto che ci interessa, l’evangelista dice soltanto laconicamente: «Allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui» (13, 27)”.

Insomma, “ciò che a Giuda è accaduto per Giovanni non è più psicologicamente spiegabile. È finito sotto il dominio di qualcun altro: chi rompe l’amicizia con Gesù, chi si scrolla di dosso il suo «dolce giogo», non giunge alla libertà, non diventa libero, ma diventa invece schiavo di altre potenze – o piuttosto: il fatto che egli tradisce questa amicizia deriva ormai dall’intervento di un altro potere, al quale si è aperto”.

È quella libertà che nasce solo dall’essere discepoli di Gesù che è alla base del Magistero di Joseph Ratzinger. Un magistero con un obiettivo preciso: riportare l’uomo a Dio.

151.11.48.50