Una giornata missionaria e una stazione della Via Crucis nelle favelas. Succederà alla Gmg di Rio

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“Discepoli missionari”. L’espressione emerge dal documento di Aparecida. Ed è stata fatta propria dalla Gmg di Rio de Janeiro, il cui tema è: “Andate e fate discepoli in tutto il mondo”. Ma – spiega mons. Pinheiro da Silva, presidente della commissione della Gioventù della Conferenza Episcopale del Brasile – “vogliamo dei giovani gioiosi, ma pieni anche di convinzione per la missione”. Per questo, ci sarà una settimana missionaria che coinvolgerà giovani di tutto il mondo e li preparerà a vivere la Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro. Perché – afferma mons. Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici – “sia i Paesi africani che quelli latinoamericani hanno un grande capitale. Ma il senso religioso del loro popolo richiede di essere evangelizzato”. Se c’è un terreno che necessita di nuova evangelizzazione è dunque proprio il Brasile della prossima Giornata Mondiale della Gioventù.

Eppure il Brasile è il Paese che conta il maggior numero di cattolici nel mondo. Le statistiche parlano di 145 milioni di battezzati, il 79 per cento della popolazione. È un appuntamento ancora più importante, in un Paese che vive una religiosità così viva da essere a volte contraddittoria. Da una parte la teologia della liberazione, un dibattito che non si è mai sopito in un Brasile, che – nonostante i tassi di crescita economica portati avanti dal governo di Lula (un prodotto della Teologia della Liberazione) – vive ancora in maniera drammatica il problema della povertà. E in cui la percentuale di aderenti alle sette, in particolare quelle pentecostali (definite a suo tempo da Giovanni Paolo II “lupi feroci”) cresce di anno in anno, e oggi sono diventati circa 22 milioni, mentre nel 1991 rappresentavano appena il 10 per cento della popolazione (13 milioni).

Prova a minimizzare, mons. Tempesta, vescovo di Rio de Janeiro. Spiega che “i problemi del Brasile sono quelli di tutte le società occidentali”. Eppure, è proprio la peculiarità del Brasile, il suo vivere la fede in maniera così intensa da essere percepita e vissuta a volte in maniera contraddittoria. Un modo di vivere la fede che la avvicina, in qualche modo, all’Africa. Perlomeno, monsignor Rylko accosta i due Paesi. E prepara il terreno per una prossima Gmg proprio in terra africana, “dove le condizioni lo permetteranno”. Servono strutture adeguate. Servono anche garanzie che il rischio di contrarre malattie tropicali sia minimo. Eppure, “il rappresentante del SECAM, la conferenza dei vescovi dell’Africa – sottolinea Rylko – ci ha fatto sapere che il continente sarebbe orgoglioso di ospitare una delle prossime Gmg”. Potrebbe non essere un appuntamento troppo lontano. Qualcuno azzarda delle ipotesi: 2015 in Polonia (per il decennale della morte di Giovanni Paolo II) o a Roma (per il trentennale dell’istituzione della Gmg) e poi il 2018 in Sudafrica. Solo supposizioni, ovviamente.

Mentre ha un fondamento più concreto l’idea di installare una stazione della via Crucis, appuntamento clou dalla Gmg da Denver 1993 in poi, in una delle favelas di Rio de Janeiro. Sarà – lo annuncia Rylko- una Via Crucis che si inserisce nel contesto della vita latinoamericana. E ricorda come – a Sydney 2008 – fu molto sentito il rapporto con gli aborigeni. Lo stesso sarà in Brasile, con i poveri. E poi, le confessioni. Ci saranno, sì, i confessionali nella città. Ma ci saranno soprattutto nei luoghi di catechesi. Un modo per unire la predicazione e la pratica.

Perché è l’evangelizzazione uno dei punti cruciali del Brasile di oggi. Lo aveva messo al centro dell’agenda già Benedetto XVI. Il quale, venuto in visita in Brasile nel 2007, aveva personalmente definito il tema della quinta conferenza generale dei vescovi dell’America Latina e dei Caraibi: “Discepoli e missionari di Gesù Cristo”. Aveva voluto che l’altra frase del titolo, “Perché tutti abbiano la vita”, finisse specificando “in Lui”. E sempre Benedetto XVI aveva chiesto che fosse aggiunta l’affermazione dello stesso Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita”. Anche il tema della Gmg 2013 è fortemente missionario: “Andate e fate discepoli in tutti i popoli”. D’altronde, lo stesso Benedetto XVI, nell’omelia alla Messa a San Paolo nel 2007, aveva sottolineato come solo una forte evangelizzazione è la vera risposta agli attacchi alla famiglia, ai delitti contro la vita e all’abbandono del cattolicesimo a vantaggio dei nuovi riti evangelical.

Per molti, è stata una chiara provocazione. In un Brasile segnato dalla Teologia della Liberazione, che ha fatto del povero la misura di tutte le cose e del Gesù rivoluzionario un’immagine a cui guardare, le posizioni di Benedetto XVI dividono anche le famiglie. Dividono, ad esempio, Clodovis e Leonardo Boff, fratelli, il primo servo di Maria il secondo ex francescano, tra i padri della Teologia della Liberazione. Leonardo – cui è stato interdetto l’insegnamento della dottrina cattolica dalla Congregazione per la Dottrina della Fede – ha lasciato l’abito e si è sposato, e porta avanti le idee della Teologia della Liberazione con forza. Solo di recente, ha cambiato la prospettiva: il povero non è più l’uomo, ma la terra, il centro di tutte le cose è l’ecologia, perché la cura della terra è la cura dell’uomo.

Clodovis Boff ha sostenuto che l’errore fatale in cui incorre la Teologia della Liberazione è di collocare il povero come “primo principio operativo della teologia”, sostituendolo a Dio e a Gesù Cristo”. “La pastorale della Liberazione – ha scritto Clodovis Boff – diventa un braccio tra i tanti del movimento popolare. La Chiesa si fa simile a una Ong, e così si svuota anche fisicamente, perde operatori, militanti e fedeli”. È forse proprio per questo motivo che una visione miope della teologia della Liberazione piace molto al mondo secolare, impegnato da anni in una battaglia per rendere la Santa Sede una organizzazione alla pari con una qualunque Ong, senza peso diplomatico.

In gioco è proprio l’annuncio di Gesù. Un Gesù al centro della “Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’Evangelizzazione”, diffusa dalla Congregazione della Dottrina della Fede nel 2007 – l’anno di Aparecida. Una nota che era in cantiere da diversi anni, e resa necessaria dalla “crescente confusione” – si legge nell’introduzione – sul dovere della Chiesa di annunciare Gesù al mondo, penetrata anche negli Istituti Missionari. Tra le cause, la convinzione che proporre la verità cristiana ad altri è un attentato alla loro libertà e una concezione del Regno di Dio non identificato nella persona di Gesù Cristo ma “in una realtà generica che sovrasta tutte le esperienze e le tradizioni religiose, a cui esse dovrebbero tendere come ad universale ed indistinta comunione di tutti coloro che cercano Dio”. Evangelizzare a partire da Gesù vero Dio e vero uomo sarà la sfida di Rio de Janeiro.

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