Angelo Bagnasco. L’altra prolusione

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In quindici cartelle, il cardinal Bagnasco, presidente della Cei, ha fatto il punto di ciò di cui dovranno discutere i vescovi nei prossimi quattro giorni di assise. Ha puntato sui giovani, ha chiesto per loro spazio e un lavoro sicuro. Ha ricordato che il lavoro è una priorità. Ha plaudito al lavoro del governo Monti, che “ha portato il governo in sicurezza”, ma allo stesso tempo ha ammonito che non basta solo il rigore, serve anche l’equità, e servono aiuti alle famiglie. Soprattutto, si deve ripristinare l’economia italiana. Un’economia che lo stesso don Sturzo, promuovendo le Casse di Risparmio, aveva capito essere soprattutto locale e di stampo familiare. Ma queste sono solo le ultime cartelle della prolusione. Cartelle di stampo squisitamente politico, che raccontano l’esperienza in umanità dei vescovi, ma non danno le chiavi di volta della loro missione. Una missione che si basa sulla fede in Dio. È per questo motivo che la Congregazione per la Dottrina della Fede ha diramato una nota, con indicazioni per parrocchie e diocesi che Bagnasco definisce preziose.

 

E così, prima di parlare del lavoro, della situazione economica, dei problemi dei giovani (che sono poi l’anello di congiunzione tra una parte e l’altra della prolusione), Bagnasco parte dal messaggio per la Quaresima di Benedetto XVI, dove il Papa – ricorda Bagnasco – annota che “un falso senso del rispetto ci ha indotto a trascurare la pratica dell’ammonimento verso chi sbaglia, che la Chiesa considera a tutt’oggi un’opera di misericordia spirituale. Gesù stesso ha – non a caso – comandato la pratica della correzione fraterna. Abbiamo paura di una replica brusca, dell’essere a nostra volta tacciati di fare uguale, oppure, per preservarci la possibilità di farlo in futuro, pensiamo sia meglio trattenerci. Viene come a prosciugarsi il senso della responsabilità per la salvezza spirituale dell’altro, la quale però riguarda la mia stessa salvezza”.

Ma come avere responsabilità dell’altro senza la consapevolezza che siamo tutti fratelli perché figli dello stesso Dio? “Dobbiamo far tornare il Trascendente – dice Bagnasco – nell’orizzonte dei nostri contemporanei, invitandoli a sviluppare nuovamente la capacità di percepire Dio. A ciascuno noi annunciamo il Signore della vita e della storia, della tua vita e della tua storia, l’amico che ti prende per mano e ti offre la chiave per sciogliere le inquietudini dell’esistenza, ti trae a sé e, lasciandoti sempre libero, ti tiene stretto, affinché tu non abbia a temere nulla”.

E la chiave di volta è un passo delle lettere di San Paolo: “Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare, rinnovando il vostro modo di pensare”. È da qui che si parte per rispondere alla crisi. “Dando per scontato purtroppo – dice il presidente dei vescovi – che la crisi non si risolverà né all’improvviso né troppo in fretta, dobbiamo, insieme alle nostre abitudini, modificare il nostro modo di pensare. C’è bisogno di una visione forte e condivisa che probabilmente ha il suo punto di inizio nella riscoperta del bene comune come ‘universale concreto’”.

Ripartire dal bene comune, insomma. Ovvero – sottolinea Bagnasco – “quel bene che ad un certo punto forse avevamo smarrito in quanto ci sembrava il bene di nessuno, o avevamo scambiato per la mera somma dei singoli processi individuali, deve per ciascuno diventare invece il proprio bene personale”. Cambiare per il bene di tutti: questo è alla base della rinascita della nazione. Perché “solo una generale conversione di mentalità che comporti conseguenze vincolanti – ad esempio, sul fronte del fisco, di un reddito minimo, di un welfare partecipato, di un credito agibile, insomma di un civismo responsabile – può ricreare quel clima di fiducia che oggi sembra diradato o dissolto”.

In fondo, quando l’individualismo diventa cultura diffusa – afferma Bagnasco – “induce a schiacciare il profilo e il diritto sul versante soggettivo, quasi che l’identità collettiva potesse essere la somma aritmetica del benessere individuale. Ma la storia e l’esperienza dicono che non è così; che esistono anche i soggetti comunitari – come la famiglia, le diverse aggregazioni, i corpi intermedi… – che hanno dei loro profili specifici, e non sarebbe senza significato mutarli, poiché cambierebbe di conseguenza il tipo di ambiente, il tessuto sociale nel quale ciascuno vive”.

Ed è un appello allo Stato quello che precede l’analisi della situazione economica. Perché – è vero – esistono la misericordia e la solidarietà individuali, e queste sono importantissime per aiutare la comunità, per indirizzare dei processi in maniera positiva. Ma – sottolinea Bagnasco – “esistono anche una misericordia e una solidarietà dello Stato in quanto tale: vivere in un contesto sociale e legislativo ispirato al rispetto, alla compassione e alla partecipazione verso i più deboli, è assai diverso dal vivere in un ambiente intriso di atteggiamenti che vanno in senso opposto. Il volto della persona è decisivo, ma il volto della società e dello Stato non è da meno proprio per il bene delle persone. Quale tranquillità può garantire uno Stato che permette – se non addirittura promuove – l’aborto, l’eutanasia, il suicidio assistito, l’infanticidio e altro ancora?”

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