Il Papa: la malvagità non ferma il piano della redenzione

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”Cari amici, moltissime grazie per questo entusiasmo. Sono molto felice di essere con voi. Ho fatto tanti viaggi ma mai sono stato ricevuto con tanto entusiasmo”. Anche Papa Benedetto come già Giovanni Paolo II cede al fascino della festa messicana e ieri sera davanti al Colegio Miraflores di Leon dove risiede saluta così chi gli regala un sombrero bianco. Una gruppo di mariachi. In italiano aggiunge: ”Porto con me nel mio cuore queste impressioni di questi giorni: il Messico sara’ sempre nel mio cuore. E posso dire che gia’ da anni ogni giorno prego per il Messico e in futuro preghero’ ancora di piu’. Adesso posso capire perche’ Giovanni Paolo II ha detto: io mi sento un Papa messicano”. Poi il saluto: ”cari amici, anche se sono felicissimo di questo incontro, mi perdonate se mi ritiro perche’ domani sara’ un giorno esigente..Buenas noches!” Il calore e la festa che il popolo messicano sta riservando in questi giorni a Papa Benedetto XVI (il secondo Successore di Pietro a far visita alla Chiesa e al popolo del Messico) sono travolgenti. Centinaia di migliaia di persone accorrono da ogni dove per assistere al particolare evento ecclesiale, che per la sesta volta vede il Vicario di Cristo in terra latinoamericana; vogliono vedere il Papa e desiderano ascoltare la sua parola anche a costo di lunghe ore di attesa. In meno di due giorni – secondo i dati della Protezione Civile dello Stato di Guanajuato e la Sala Stampa Vaticana – i primi spostamenti di Benedetto XVI (tra le città di Leon e Guanajuato, e lungo la strada di collegamento percorsa dal corteo del Papa) sono stati seguiti da un milione di fedeli. Il Pontefice non si sottrae a questo festoso bagno di folla nonostante la fatica del viaggio, il cambio di fuso orario e a poche settimane dal suo 85° compleanno. La Cattedrale dell’Arcidiocesi di León – dove Papa Benedetto XVI ha celebrato i Vespri con l’episcopato del Messico e i rappresentanti dell’America Latina – custodisce una particolarissima devozione mariana importata dall’Italia agli inizi del settecento.

Il culto della “Madre Santissima della Luce”, a cui è dedicata la Cattedrale di León, nasce, infatti, a Palermo grazie all’opera missionaria di due fratelli sacerdoti, Giovanni Antonio e Giuseppe Ignazio Genovese, appartenenti alla Compagnia di Gesù fondata nel 1540 da S. Ignazio di Loyola. In seguito ad una apparizione, svoltasi in Sicilia nel 1722, la Vergine Maria rivela ad una veggente il titolo di “Madre SS. del Lume” con il quale desidera essere invocata; Giovanni Antonio Genovese, seguendo le indicazione della veggente, fa dipingere una tela e il culto in brevissimo tempo si diffonde in tutta la regione siciliana. Nel febbraio 1738, con un breve atto apostolico, Papa Clemente XII autorizzò il Culto della Madonna del Lume. Fu però il fratello, Giuseppe Ignazio Genovese – recatosi a Città del Messico come missionario – a portare una delle prime immagini de “La Virgen de la Luz” e a diffonderne il culto in tutta la nazione. Delle numerose copie esistenti una di notevoli dimensioni si trova sull’Altare Maggiore della Cattedrale di Leòn, nello Stato di Guanajuato, nel Messico centrale. Durante i moti rivoluzionari per l’indipendenza del 1810, la Virgen de la Luz fu proclamata “Defensora de la ciudad”, ed insignita di uno scettro d’oro e di una fascia rossa. San Pio IX, nel 1872, dichiarò ufficialmente la “Madre Santísima de la Luz” Patrona della città e della diocesi e l’8 ottobre 1902 all’icona fu imposta la corona pontificia alla presenza di molti arcivescovi e vescovi del Messico. “La Chiesa è viva” – dichiara mons. Carlos Aguiar Retes, Arcivescovo di Tlalnepantla e Presidente della Conferenza Episcopale Messicana e del Consiglio Episcopale Latinoamericano, indirizzando al Pontefice il saluto della Chiesa messicana – confidiamo nell’aiuto di Dio perché possa aiutarci ad affrontare e superare i problemi presenti nel nostro paese.

Siamo desiderosi – prosegue mons. Aguiar Retes – di ascoltare la sua parola, e certi della comunione ecclesiale apriamo le nostre orecchie e i nostri cuori in modo che questo incontro sia l’occasione per rilanciare il nostro zelo apostolico e missionario. Papa Benedetto XVI nel suo discorso esprime la “grande gioia” di poter incontrare nella preghiera del Vespro i Vescovi messicani e latinoamericani e ricorda la “bella immagine che si venera in questo tempio”, Nostra Signora della Luce, che “tiene il suo Figlio in una mano con grande tenerezza, mentre stende l’altra per soccorrere i peccatori. Così vede Maria la Chiesa di tutti i tempi, che la loda per averci dato il Redentore ed a Lei si affida perché è la Madre che il suo divin Figlio ci ha affidato dalla croce”. “La malvagità e l’ignoranza degli uomini – ricorda il Pontefice – non è capace di frenare il piano divino della salvezza, la redenzione. Il male non può fare tanto”. “Attendevo con grande desiderio questo incontro con voi, – afferma Benedetto XVI rivolgendosi ai Vescovi e incoraggiandoli nel loro ministero – come un’occasione per guardare insieme Cristo, che vi ha affidato il prezioso compito di annunciare il Vangelo in questi Paesi di forte tradizione cattolica”.

Il Pontefice conosce bene le difficoltà presenti in questo Continente e invita i successori degli Apostoli a proseguire con fiducia nel loro impegno ecclesiale, con la consapevolezza che “il male non ha l’ultima parola della storia, e che Dio è capace di aprire nuovi spazi ad una speranza che non delude (cfr Rm 5,5)”. “Voi non siete soli nelle difficoltà, – ribadisce il Successore di Pietro – e neppure lo siete nei successi della evangelizzazione. Tutti siamo uniti nelle sofferenze e nella consolazione (cfr 2Co 1,5). Sappiate che avete un posto particolare nella preghiera di colui che ha ricevuto da Cristo l’incarico di confermare nella fede i suoi fratelli (cfr Lc 22,31), che li incoraggia anche nella missione di far sì che il Nostro Signore Gesù Cristo sia conosciuto sempre di più, amato e seguito in queste terre, senza lasciarsi spaventare dalle contrarietà”. Il Papa invita l’episcopato latino americano a prendersi cura e a seguire con grande attenzione e dedizione i seminaristi, a non far mancare mai la comprensione e l’incoraggiamento del Vescovo ai propri sacerdoti, e “se necessario anche la sua paterna ammonizione su atteggiamenti inopportuni. Sono i vostri primi collaboratori nella comunione sacramentale del sacerdozio, ai quali dovete mostrare una costante e privilegiata vicinanza”. Un’attenzione “davvero” speciale Benedetto XVI la riserva ai laici, impegnati nella catechesi, nell’animazione liturgica o nell’azione caritativa e nell’impegno sociale.

“La loro formazione nella fede – prosegue il Papa rivolgendosi ai Vescovi – è cruciale per rendere presente e fecondo il Vangelo nella società di oggi. E non è giusto che si sentano considerati come persone di poco conto nella Chiesa, nonostante l’impegno che pongono nel lavorare in essa secondo la loro propria vocazione, ed il gran sacrificio che a volte richiede questa dedizione. […] E’ particolarmente importante per i Pastori che regni uno spirito di comunione tra sacerdoti, religiosi e laici, evitando divisioni sterili, critiche e diffidenze nocive”. “Siate – conclude il Pontefice – dalla parte di coloro che sono emarginati dalla violenza, dal potere o da una ricchezza che ignora coloro ai quali manca quasi tutto. La Chiesa non può separare la lode a Dio dal servizio agli uomini. L’unico Dio Padre e Creatore è quello che ci ha costituiti fratelli: essere uomo è essere fratello e custode del prossimo. In questo cammino, unita a tutta l’umanità, la Chiesa deve rivivere ed attualizzare quello che è stato Gesù: il Buon Samaritano, che venendo da lontano si è inserito nella storia degli uomini, ci ha sollevati e si è prodigato per la nostra guarigione”.

 

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