Matrimonio gay e divorzio breve: le nuove frontiere della libertà?

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La Corte Suprema di Cassazione, alcuni giorni fa, ha affermato che in Italia non può essere riconosciuto un matrimonio omosessuale regolarmente registrato in un paese estero ma allo stesso tempo la coppia ha il diritto legale a ricevere un ‘trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata’. Infatti ha evidenziato come non sia possibile, con l’attuale legislazione, ‘far valere il diritto a contrarre matrimonio, né il diritto alla trascrizione del matrimonio celebrato all’estero’. Nel testo della sentenza 4184 si legge che questa “intrascrivibilità delle unioni omossessuali dipende non più dalla loro ‘inesistenza’, e neppure dalla loro invalidità, ma dalla loro inidoneità a produrre quali atti di matrimonio, appunto, qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano”. Questa sentenza è in contraddizione con la Costituzione Italiana negli articoli 3 e dal 29 al 31, in cui si riconoscono sì i diritti individuale, ma si riconosce anche il concetto di famiglia. Il rischio che si corre, insieme al procedimento della legge italiana sul ‘divorzio breve’, è la prevalenza dei sentimenti sul diritto e la liquidità del concetto di ‘famiglia’, quindi della società stessa, come definita dalla Costituzione Italiana: sarebbe un gravissimo ‘vulnus’ all’interpretazione legislativa della nostra Costituzione, che è fondamento della democrazia. Ma può essere una sfida, per i cattolici, ad approfondire anche il valore giuridico e sociale, oltre a quello ‘spirituale’, del matrimonio e della famiglia, oggi vissuti abbastanza inconsapevolmente.

In sostanza, secondo la Cassazione, le coppie gay, come i coniugi, hanno il diritto a una ‘vita familiare’ e ad esigere e a far valere per questo il diritto a un ‘trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata’. In questo caso la Cassazione sembra ignorare che esiste un corpus di diritti civili garantito a ogni singolo, dunque anche ai singoli all’interno di un legame omosessuale. A questa interpretazione, derivante dalla giurisprudenza europea, a cui la Cassazione si è rifatta, il presidente del Forum delle associazioni familiari, Francesco Belletti, ha parlato di un ‘manifesto ideologico’: “Si tratta di un’Europa che interviene su forme leggere di vita privata che non potranno mai essere assimilate alla famiglia della quale manca il progetto generativo ma che chiude gli occhi sullo spread delle politiche sociali che vede l’Italia in ritardo spaventoso…

Rimaniamo contrari a una legge sul riconoscimento delle coppie di fatto, quella delle unioni libere è una questione che attiene alla protezione dei diritti degli individui, ma non al diritto di famiglia, siamo contro l ’assimilazione di questo tipo di unioni al matrimonio. Si tratta di patti privati fra individui, mentre con pronunciamenti come quello del Parlamento di Strasburgo, si vuole indebolire l’identità familiare. Fra l’altro si tratta di unioni che prima rivendicano l’autonomia dal diritto e poi lo invocano quando ci sono garanzie da tutelare. Lo spread del quale ci si dovrebbe occupare non è solo quello bancario, ma soprattutto quello relativo all’impoverimento delle famiglie italiane rispetto alla media europea.

Non ci sarà equità fiscale se non si tocca il problema dei carichi familiari, cioè delle famiglie con figli. Sotto questo punto di vista rimaniamo insoddisfatti, anche se ora in Parlamento si torna a parlare di riforma fiscale e speriamo che la questione venga ripresa… C’è un’iniquità nel prelievo fiscale che genera uno scandaloso impoverimento”. Ma anche un altro testo di legge sta per minare l’istituto familiare; nei giorni scorsi la commissione Giustizia della Camera ha chiuso l’esame degli emendamenti del testo sul ‘divorzio breve’. Le novità riguarderanno la riduzione della durata della separazione, ridimensionandola ad un anno, al fronte dei tre previsti fino ad oggi, ed in presenza di figli minori all’interno della coppia l’attesa sarà di due anni.

Anche in questo caso Francesco Belletti ha espresso la sua contrarietà: “Non si tratta di mettere i bastoni tra le ruote alle coppie che vogliono dividersi definitivamente né tantomeno svolgere un ruolo punitivo nei loro confronti. In primo luogo dobbiamo ricordare che l’idea che le crisi coniugali possono essere recuperate (pur se gravi e anche dopo la separazione propriamente detta) appartiene allo spirito ed alla lettera della legge attuale. Seconda questione è quella del valore sociale della stabilità matrimoniale, contrapposto a quello ‘liquido’ che sembra affermarsi nel nostro Paese. La privatizzazione delle relazioni familiari è il vero rischio che sta correndo la nostra società. E’ evidente che le scelte personali sono e restano tali. Ma è altrettanto evidente che hanno implicazioni di primaria importanza per i figli eventualmente coinvolti, per la coppia in quanto tale, per la società nel suo insieme e per la sua crescita economica.

La terza questione riguarda l’affievolimento delle tutele che uno scioglimento anticipato della comunione attraverso un provvedimento provvisorio avrebbe sul coniuge economicamente più debole e sui figli. Ci pensi bene il legislatore a non stravolgere una tradizione giuridica consolidata orientata al favor familae per introdurre una dubbia preferenza per il favor divortii estraneo perfino alla legge vigente. Invece di lavorare con l’unico obbiettivo di tagliare i tempi, bene farebbe il Parlamento a potenziare, anche attraverso adeguati servizi sociali, i percorsi di prevenzione, mediazione e riconciliazione oggi ridotti a mera formalità”.

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