21 marzo la Giornata mondiale della poesia

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Torniamo a parlare di poesia. Lo facciamo per piacere personale. Ma anche per alcuni buoni motivi. Il primo è legato ad una ricorrenza: il 21 marzo si celebrerà la giornata mondiale della poesia. Con iniziative in tutto il mondo, quindi anche in Italia. Perciò ci saranno molte occasione per qualche incontro “ravvicinato” con versi e autori. E a questo punto vorremmo raccontare un episodio di cui siamo stati testimoni, sia pure indiretti. Qualche giorno fa stavamo ascoltando il programma radiofonico “Il ruggito del coniglio”, programma cult molto divertente. Ad un certo punto l’attore Giancarlo Ratti ha recitato una poesia di Elisabeth Barrett Browning, dal titolo “In quanti modi ti amo”. La bellezza di questi versi deve aver colpito i radioascoltatori, perché i conduttori del programma hanno dichiarato che moltissime telefonate stavano arrivando in redazione moltissime telefonate per complimentarsi e per sapere qualcosa di più su poetessa e sui suoi straordinari versi.

Un esempio che contraddice una realtà incontrovertibile: in Italia si legge poco, si comprano sempre meno libri e certo quelli meno venduti in assoluto sono quelli di poesia. Eppure, succede spesso che, ascoltando recitare versi, scatti quel qualcosa di miracoloso che sempre l’autentica poesia genera: il dilatarsi del cuore, l’anima che comincia a riconoscere i segni della bellezza manifestata attraverso quei versi. E’ un fenomeno ben noto sin dall’antichità più remota: il suono poetico era considerato magico, capace di attrarre le forze misteriose della natura, di evocare i morti, di incantare, di far comparire la Divinità. Anche il più smaliziato, inaridito, smarrito uomo moderno non riesce – non del tutto almeno – a sottrarsi a questo potere primigenio. Allora, in vista di questa celebrazione mondiale, suggeriamo di scoprire, o ri-scoprire, alcuni autori scomparsi dal nostro orizzonte di lettori. A cominciare dalla stessa Barrett Browning, quintessenza stessa del romanticismo inglese, moglie del grande Robert Browning, dalla vita travagliata, che finì a Firenze, dove riposa nel celebre Cimitero degli Inglesi.

Innamorato di Dio e da questo amore capace di far nascere versi potenti: ecco chi è stato, in estrema sintesi, Clemente Rebora, poeta piuttosto dimenticato, invece potente e davvero fuori dagli schemi. E’ nato a Milano nel 1885 e cresciuto in un ambiente “laico”, alla luce dei principi mazziniani, ma sempre alla ricerca di un dimensione del Trascendente. Dopo la dolorosa esperienza della prima guerra mondiale, dopo aver collaborato con la importante rivista “La voce”, dopo un amore intenso e tormentoso, sentì nascere la vocazione ad una vita religiosa ed entrò nell’ordine rossiniano. Diventato sacerdote nel 1936, si isolò completamente dalla vita culturale italiana, tornando alla poesia negli ultimi anni della sua vita, minato da una malattia. Mori a Stresa nel 1957. Probabilmente i suoi versi più intensi si trovano nella raccolta “Frammenti lirici” e nei “Canti anonimi”. Eccone un esempio in questa lirica dal titolo .“Sacchi a terra per gli occhi”.

 

Qualunque cosa tu dica o faccia

c’è un grido dentro:

non è per questo, non è per questo!

E così tutto rimanda

a una segreta domanda…

Nell’imminenza di Dio

la vita fa man bassa

sulle riserve caduche,

mentre ciascuno si afferra

a un suo bene che gli grida: addio!

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