Lefebvriani: arriva la conclusione?

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Due ore e un mese. Sono i due dati più evidenti di una “trattativa” che sembra infinita. Quella tra Roma e la Fraternità di San Pio X, i lefevriani. La tappa più recente è quella che ha portato la Santa Sede venerdì 16 marzo ad una dichiarazione che ha il sapore di un appello. Il cardinale Levada Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e Presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, e Sua Eccellenza Mons. Bernard Fellay, Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X hanno avuto un incontro di due ore per discutere la risposta che a Fellay aveva inviato alla Commissione a seguito del consegna del Preambolo dottrinale che conteneva “alcuni principi dottrinali e criteri di interpretazione della dottrina cattolica, necessari per garantire la fedeltà al Magistero della Chiesa e il “sentire cum Ecclesia”. La risposta arrivata a gennaio in modo riservato, è stata valutata dalla Congregazione e dal Papa che ha deciso di far consegnar una lettera a Fellay con la valutazione della sua risposta.

“In essa – si legge nel comunicato ufficiale della santa Sede-si fa presente che la posizione, da lui espressa, non è sufficiente a superare i problemi dottrinali che sono alla base della frattura tra la Santa Sede e detta Fraternità.” In effetti questo passo era abbastanza previsto dagli addetti ai lavori. Lo stesso monsignor Guido Pozzo che segue il lavoro di Ecclesia Dei da quando è stata inserita nella Congregazione per la dottrina dalla Fede, sapeva che ci sarebbero stati degli aggiustamenti possibili, non certo sui contenuti dottrinali, ma su alcune formulazioni del testo del Preambolo. Testo che rimane assolutamente riservato per evitare condizionamenti e fughe di notizie. Ora si è al passaggio finale. E per avere la risposta, che dovrebbe essere definitiva, da parte di Fellay, la Santa Sede ha dato alla SPPX un mese di tempo. In pratica dopo Pasqua. “Al termine dell’odierno incontro- conclude il testo ufficiale vaticano- guidato dalla preoccupazione di evitare una rottura ecclesiale dalle conseguenze dolorose e incalcolabili, si è rivolto l’invito al Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X di voler chiarificare la sua posizione al fine di poter giungere alla ricomposizione della frattura esistente, come auspicato da Papa Benedetto XVI.”

La preoccupazione è certo grande da parte del Papa e della Santa Sede. Benedetto XVI che ha seguito la vicenda dei lefevriani fin dagli anni ’80. Nel 1988 ci fu un altro momento in cui sembrava che la soluzione fosse vicina e possibile. Dopo un visita ad Ecône del cardinale Gagnon l’8 aprile Giovanni Paolo II, in una lettera al Cardinal Ratzinger, disegnava una proposta che permettesse alla FSSPX di ottenere una collocazione regolare nella Chiesa, in piena comunione con la Sede apostolica. A Maggio si firmò una intesa che riguardava l’utilizzo dei Libri liturgici approvati nel 1962, la costituzione della F.S.S.P.X in “Società di vita apostolica”. Lefebvre prometteva obbedienza al Papa, che avrebbe accettato il Vaticano II, in particolare la “Sezione XXV” della Lumen Gentium sul Magistero pontificio, riconoscendo la validità dei nuovi riti della Messa.

Ma la rottura si creò lo stesso quando Lefebvre, vedendosi rifiutata l’autorizzazione a ordinare un Vescovo che gli succedesse nella Fraternità, ritrattò e decise di ordinare comunque a giugno del 1988 quattro vescovi senza il consenso di Roma.
Per evitare che il Vescovo procedesse con tale Ordinazione, fissata per il 29 giugno, compiendo così un atto scismatico, il 24 maggio 1988 Papa Giovanni Paolo II concesse finalmente l’autorizzazione all’Ordinazione per il 15 agosto ma Lefebvre rispose per iscritto che necessitava di non uno ma tre Vescovi, e che intendeva ugualmente consacrarli il 29 giugno. Un rapido scambio di lettere non riuscì a risolvere la questione e la rottura divenne inevitabile. Iniziò un lungo dibattito canonico e dottrinale fino alla revoca della scomunica ai vescovi ordinati senza consenso di Roma voluta dal Joseph Ratzinger ormai diventato Papa nel 2009. Dal giugno 2008 i lefebvriani avevano chiesto la revoca della scomunica, con l’impegno a rispondere alle proposte presentate per conto di Benedetto XVI dal Cardinal Castrillón Hoyos presidente di Ecclesia Dei, e ritenuto molto vicino alla SPPX.

Nel 2007 il Papa aveva anche offerto la possibilità di celebrare la Messa secondo il messale del 1962, e chiarito alcuni punti dottrinale nel testo firmato dal cardinale Levada Quesiti Riguardanti Alcuni Aspetti Circa la Dottrina sulla Chiesa. Nonostante le polemiche create da questi gesti anche in seno alla Chiesa di Roma, per il negazionismo di uno dei vescovi della SPPX, Wiliamson, per la preghiere del Venerdì Santo per gli Ebrei, Benedetto XVI ha fatto davvero di tutto per evitare uno scisma, ribadendo però con determinazione che il Concilio Vaticano II non si tocca come non può essere in discussione la obbedienza al Papa e alla Chiesa.

Ora si è arrivati davvero alla decisione finale?

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