Italiani: individualisti pentiti… ma non troppo!
In occasione del 150° dell’Unità d’Italia, la Fondazione Censis ha promosso la ricerca ‘I valori degli italiani. Dall’individualismo alla riscoperta delle relazioni’. Un elemento caratterizzante della trasformazione socioeconomica del Paese è stato il forte soggettivismo, che ha portato a quello che la ricerca del Censis ha definito ‘disastro antropologico’ (crescita dell’aggressività, diffusione delle patologie individuali, mancanza di senso del futuro e della trascendenza). Però, nonostante tutto, è la famiglia il valore primario per gli italiani: infatti per il 65,4% degli intervistati il modello di riferimento nella vita è una figura genitoriale. Nel 1988, quando il Censis fece una ricerca analoga, il 14,7% citava a modello il padre: ora la percentuale è salita al 22,1%. Dal 2000 al 2010 la società è profondamente cambiata: sono diminuite le coppie coniugate con figli (-730.000), mentre sono aumentate quelle non sposate con figli (+274.000) e le famiglie con un solo genitore (+345.000). Le unioni libere coinvolgono, inclusi i figli, oltre 2,5 milioni di persone. Comunque, anche se ci si sposa meno (tra il 2000 e il 2010 i matrimoni sono diminuiti del 23,7%: -67.334), il 76% degli italiani è convinto che il matrimonio sia un valore da rispettare e il 54% pensa che garantisca maggiore solidità alla coppia, anche se i matrimoni sono in diminuzione.
Infatti i più importanti valori che accomunano gli italiani sono il senso della famiglia (indicato dal 65% dei cittadini), il gusto per la qualità della vita (25%), la tradizione religiosa (21%) e l’amore per il bello (20%). La voglia di essere padroni della propria vita, lo slancio delle ambizioni personali, il bisogno di autoaffermarsi, di inventare il proprio destino e di soddisfare i propri desideri, sono stati i valori che hanno caratterizzato la nostra storia recente e su cui si è costruito lo sviluppo del Paese dagli anni ’50 in poi. La spinta individualista ha liberato enormi energie, ha favorito la crescita di un sistema produttivo fatto di centinaia di migliaia di imprese e ha sostenuto la vitalità di un mercato capace di esprimere sempre nuove domande. Oggi quello sviluppo sembra progressivamente rallentare, la moltiplicazione dei soggetti ha portato a uno sfarinamento delle capacità decisionali nelle questioni di interesse collettivo e l’autonomia dei comportamenti è sfociata in forme di disagio antropologico.
Per il futuro, i valori che faranno l’Italia e gli italiani sembrano poggiare sempre meno sulla rivendicazione dell’autonomia personale e sempre più sulla riscoperta dell’altro, sulla relazione e la responsabilità. Sono valori che in questa fase fanno emergere scintille di speranza che vanno però alimentate e potenziate, affinché possano diventare un nuovo motore di crescita socio-economica e civile del Paese. Perno della comunità nazionale è la famiglia, anzi i diversi ‘format familiari’, visto che nel periodo 2000-2010 sono diminuite le coppie coniugate con figli (-739.000), mentre sono aumentate le coppie non sposate con figli (+274.000) e le famiglie con un solo genitore (+345.000). Nel periodo 1998-2009 sono aumentate le unioni libere (+541.000, arrivando in totale a 881.000) che, inclusi i figli, coinvolgono oltre 2.500.000 di persone. E sono complessivamente 5.900.000 gli italiani che hanno sperimentato nella loro vita una forma di convivenza libera. Le famiglie ricostituite (formate da partner con un matrimonio alle spalle) sono diventate 1.070.000. Quelle ricostituite coniugate sono aumentate di 252.000 unità, arrivando in totale a 629.000.
Le diverse modalità concrete di essere famiglia rispondono al bisogno crescente di avere una relazionalità significativa. Più del 90% degli italiani si dichiara soddisfatto delle relazioni familiari. Anche se ci si sposa meno (tra il 2000 e il 2010 i matrimoni sono diminuiti del 23,7%: 67.334 in meno), all’unione matrimoniale è ancora riconosciuto un valore importante: il 76% degli italiani è convinto che sia una regola da rispettare e il 54% ritiene che garantisca maggiore solidità alla coppia. Altra forza che genera coesione dell’individualismo italiano è l’orgoglio di appartenere al Paese del buon vivere. Il 56% dei cittadini è convinto che l’Italia sia il Paese al mondo dove si vive complessivamente meglio. Molto staccati gli altri Paesi europei, gli Stati Uniti e l’Australia. In effetti, anche se in futuro avessero la possibilità di andarsene dall’Italia, due terzi dei cittadini (66%) non lo farebbero in nessun caso.
Inoltre, per quanto riguarda la tradizione religiosa, ben 82% degli italiani pensa che esiste una sfera trascendente o spirituale che va oltre la realtà materiale. Di questi, il 66% si dichiara credente e il 16% lo pensa anche se non si dichiara osservante. Ma due terzi degli italiani di fatto non entrano mai nei luoghi di culto, e solo un terzo vi si reca una o più volte alla settimana per partecipare alle funzioni religiose. Infine il 70% degli italiani è convinto che vivere in un posto bello aiuta a diventare persone migliori. Crede quindi che ci sia un legame tra etica ed estetica, e che la bellezza abbia anche una funzione educativa. Il 41% pensa che le meraviglie italiane possano essere la molla che ci farà ripartire.